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TRADUZIONI DI LATINO: FEDRO, POSTILLA SULLA CONTRASTIVA, TACITO, SENECA, AGOSTINO (in fieri)

FEDRO Lupus et Agnus Ad rivum 1  eundem 2  lupus et agnus venerant 3 , siti compulsi 4 . Superior 5  stabat 6  lupus, longeque 7  infe...

venerdì 25 aprile 2014

Esercizio di traduzione

LIBER VII, 1 Quieta Gallia Caesar, ut constituerat, in Italiam ad conventus agendos proficiscitur. Ibi cognoscit de P. Clodii caede de senatusque consulto certior factus, ut omnes iuniores Italiae coniurarent, dilectum tota provincia habere instituit. Eae res in Galliam Transalpinam celeriter perferuntur. Addunt ipsi et adfingunt rumoribus Galli, quod res poscere videbatur: retineri urbano motu Caesarem neque in tantis dissensionibus ad exercitum venire posse. Hac impulsi occasione, qui iam ante se populi Romani imperio subiectos dolerent, liberius atque audacius de bello consilia inire incipiunt. Indictis inter se principes Galliae conciliis silvestribus ac remotis locis queruntur de Acconis morte; hunc casum ad ipsos recidere posse demonstrant; miserantur communem Galliae fortunam; omnibus pollicitationibus ac praemiis deposcunt qui belli initium faciant et sui capitis periculo Galliam in libertatem vindicent. In primis rationem esse habendam dicunt, priusquam eorum clandestina consilia efferantur, ut Caesar ab exercitu intercludatur. Id esse facile, quod neque legiones audeant absente imperatore ex hibernis egredi neque imperator sine praesidio ad legiones pervenire possit. Postremo in acie praestare interfici, quam non veterem belli gloriam libertatemque quam a maioribus acceperint recuperare. Traduzione Essendo in pace la Gallia, Cesare, come stabilito, partì per l’Italia a tenervi le assise. Lì venne a sapere dell’uccisione di Clodio e fu messo al corrente della deliberazione senatoria, in base alla quale tutti gli abitanti d’Italia in età militare dovevano prestare giuramento; dispose che si procedesse ad arruolare in tutta la provincia. Tali notizie vennero velocemente riportate in Gallia Transalpina. I Galli, da parte loro, le amplificarono e deformarono, come sembrava richiedere la situazione: Cesare era trattenuto da agitazioni in Roma e nel bel mezzo di simili contese non poteva certo raggiungere il suo esercito. Imbaldanziti da questa occasione, essi, che già in precedenza si dolevano di essere soggetti al popolo romano, iniziarono a coltivare progetti bellicosi con più libertà e audacia. Indette riunioni nei boschi e in luoghi appartati, i capi della Gallia si lamentano della morte di Accone; dimostrano che può capitare lo stesso a loro; compiangono la comune e disgraziata sorte della Gallia; promettono ricompense a chi dia inizio alla guerra e rivendichi, a costo della vita, la libertà della Gallia. Dicono che prima di tutto si deve mirare a tener lontano Cesare dal suo esercito, finché non è ancora diffusa la notizia dei loro piani segreti. Questo è reso facile dal fatto che le legioni non osino in assenza del comandante uscire dagli accampamenti invernali e che d’altronde il comandante non possa raggiungerle senza una scorta armata. Infine, meglio essere uccisi in battaglia che rinunciare all’antica gloria militare e alla libertà che avevano ricevuto in eredità dagli avi.

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