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TRADUZIONI DI LATINO: FEDRO, POSTILLA SULLA CONTRASTIVA, TACITO, SENECA, AGOSTINO (in fieri)

FEDRO Lupus et Agnus Ad rivum 1  eundem 2  lupus et agnus venerant 3 , siti compulsi 4 . Superior 5  stabat 6  lupus, longeque 7  infe...

martedì 20 gennaio 2015

PROPERZIO II PARTE

PROPERZIO (II PARTE)
I libro: 22 elegie, 700 versi
II libro: 34 elegie, 1400 versi
III libro 25 elegie, 1000 versi
IV libro 11 elegie, 1000 versi
Tot 92 elegie
IL RUOLO DEL MITO NELL’ELEGIA PROPERZIANA
·        I e  II libro maggioranza di elegie dedicate a Cinzia: ispirato dalla vita reale, l’amore è reso poeticamente secondo i codici dell’amore elegiaco,  modello di una particolare esperienza, di vita, di amore e di poesia.
·        Nel III libro la presenza della donna si riduce, il rapporto d’amore entra in crisi, fino al discidium, l’addio definitivo, annunciato nell’ultima elegia del libro (III, 25, quella in cui immagina che Cinzia, ormai vecchia, lo rimpianga).
·        Nel IV libro prende la via  del mito, alla maniera callimachea, con erudizione raffinata (qualche traccia di Cinzia resta pur sempre, anche sotto specie di evocazione diretta).
·        Excursus mitologici compaiono  comunque anche nei libri precedenti, all’interno di elegie dedicate del tutto a Cinzia. Il poeta se ne serve brevemente per proiettare la propria tormentata storia d’amore sullo sfondo di una vicenda mitica, esemplare  e, qualche volta, dall’esito del tutto opposto alla sua (I elegia del I libro, Atalanta che sposa Milanione, o Ippomene). Altro esempio, sempre nel I libro, la  III elegia:
Come Arianna estenuata
si abbandonò sulla spiaggia deserta, quando
la nave di Teseo dileguava; come
la figlia di Cefeo dormì il suo primo sonno, Andromeda,
libera ormai dagli irti scogli; e come
la Baccante si abbatte sulle erbe dell’Apidano
non meno stanca per le lunghe danze:
tale mi parve Cinzia
respirare un sonno tranquillo
poggiando il capo sulle mani incerte
quando a tarda notte
trascinavo passi da ubriaco
di molto vino, i servi
agitando le fiaccole. Non ero
del tutto fuori di me e prendo
a sdraiarmi piano piano nel suo letto. Un duplice
desiderio mi dominava: di qua Amore
di là Bacco, inflessibile
l’uno e l’altro dio, e mi spingeva
a saggiarla, con delicatezza
passandole sotto il braccio, e a coprirla
di baci, con l’arma pronta in mano. Ma
mi mancò il coraggio
di turbare il sonno della mia signora: temevo per esperienza
lo scoppio del suo furore. Immobile
la guardavo fisso come Argo
le corna inconsuete dell’Inachide. Ora
dalla fronte scioglievo le piccole corone
di fiori, Cinzia, per porle
intorno alle tue tempie, ora
mi divertivo a comporre i tuoi capelli
disfatti, ora
offrivo alle mani aperte
frutti furtivi; e tutti i doni
offrivo al tuo sonno ingrato, che scivolavano
più di una volta se chinavo il petto
verso di te. E quando sospiravi
in un raro trasalimento, attonito
restavo, confidando in un vano presagio, temendo che sogni
ti recassero insolite paure, come se qualcuno
contro il tuo volere ti possedesse.  Finché la luna
filtrando dalle finestre aperte, la luna frettolosa
che volentieri avrebbe trattenuto la sua luce
ti aprì gli occhi fino ad allora
chiusi con raggi leggeri. Il gomito
appoggiato sul morbido giaciglio “Finalmente –
disse “un’offesa ti riporta al  mio letto dopo averti cacciato
dalla porta di un’altra? Dove hai sprecato le lunghe ore
di una notte mia, spossato
ahimè, al calar delle stelle? Possa tu
crudele assaporare notti come quelle
che a me fai vivere per mia sventura! Prima
tessevo la porpora per ingannare il sonno, e poi
stanca ponevo mano alla lira di Orfeo e sola
intanto piangevo sommessa tra me e me
i tuoi lunghi indugi in un amore
altro da me, finché non scivolai
tra le dolci ali del sonno. Fu quello
l’estremo rimedio al mio pianto. (A. Tonelli)
·        Miti evocati: Arianna; Andromeda; l’Inachide  cioè la figlia di Ino, Io, trasformata in giovenca da Giunone.
·         Properzio pratica  nel componimento la classica tecnica alessandrina del “catalogo”, in questo caso delle donne addormentate: la loro vicenda resta sullo sfondo; dei tre, l’esempio di Arianna è quello che torna alla fine, dato che Cinzia si presenta come una donna abbandonata, con reminiscenza implicita anche di Penelope, evocata per via della tessitura della porpora.
·        Solo nel IV libro, tuttavia, Properzio rende davvero dominante il mito, coltivando quella che si definisce propriamente elegia eziologica, nuovamente di modello callimacheo (Ατια, Origini).
·        Non ritratta la recusatio della poesia epica, che costituisce un elemento integrante e ineludibile della scelta elegiaca, poesia in “tono minore”, soggettiva, che rinuncia a pose magniloquenti, ma  “obbedisce” alla richiesta del suo Mecenate di recare un omaggio ad Augusto.
·        Scrive quindi le elegie romane, tra cui spicca, per l’originale rivisitazione appunto in chiave elegiaca di un mito connesso con il mos, quella dedicata a Tarpeia.
·         Costei è una vergine Vestale, che secondo diverse tradizioni mitiche avrebbe tradito i Romani, consegnando la città, ovvero aprendo le porte del Campidoglio.
·        Secondo la versione ufficiale del mito, la vestale sarebbe stata spinta al tradimento da cupidigia, chiedendo in cambio del suo favore i bracciali d’oro che i soldati sabini portavano al braccio, ma Properzio sostituisce a questo motivo venale, quello amoroso.
·        La tumulazione finale sotto gli scudi è giustificata da altre lezioni esistenti del mito, secondo le quali Tarpeia avrebbe domandato a Tazio di avere ciò che i suoi soldati tenevano con il braccio sinistro: a seconda dei casi o braccialetti o scudi.
·        Lo storico greco Appiano, ad esempio, la cui redazione del mito non poteva essere nota a Properzio risalendo al II secolo d. C., riporta dell’uccisione di Tarpeia con un cumulo d’oro gettato su di lei; altre fonti parlano in effetti di scudi e bracciali che l’avrebbero seppellita, mentre la più antica a noi nota, gli annali redatti nel 133 a. C. da Calpurnio Pisone, riferiscono addirittura che Tarpeia non avrebbe tradito i Romani ma tentato di salvare la città, inviando un messaggero a Romolo e venendo per questo, scoperta, fatta uccidere da Tazio.
·        Nessuno comunque prima di Properzio aveva raccontato la vicenda di Tarpeia in chiave sentimentale.                                


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