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TRADUZIONI DI LATINO: FEDRO, POSTILLA SULLA CONTRASTIVA, TACITO, SENECA, AGOSTINO (in fieri)

FEDRO Lupus et Agnus Ad rivum 1  eundem 2  lupus et agnus venerant 3 , siti compulsi 4 . Superior 5  stabat 6  lupus, longeque 7  infe...

martedì 17 marzo 2015

DA FORS OMNIA VERSAT a LABOR OMNIA VICIT


·        In Virgilio, come in Orazio, si incarna il Classico. Equilibrio e armonia, occhio rivolto alla forma e al contenuto senza soluzione di continuità, come fossero fatti della stessa sostanza e non potessero andare disgiunti. L’apollineo che  nasce dalla luce, ma non teme le tenebre, è innamorato della compostezza ma sa che anche lei è debitrice nei confronti del caos.
·        Virgilio è uno spirito libero, come già ho dimostrato leggendo la sua Eneide e riconoscendole una doppia anima, ed è anche uno spirito tormentato.
·        Publio Virgilio Marone nasce presso Mantova nel 70 a. C., da piccoli proprietari terrieri. Fra Roma e Brindisi si svolge la sua educazione, precoce la sua prima prova letteraria, di cui rimane tuttavia traccia discussa (una raccolta intitolata Catalepton inclusa nella Appendix virgiliana.  
·        Il primo testo di Virgilio sono le Bucoliche,  composte di sicuro fra il 42 e il 39 (frequenti riferimenti alle confische di territori a favore dei veterani della vittoria di Filippi del 42). Subito dopo la pubblicazione delle Bucoliche Virgilio entra nel circolo di Mecenate. Inizia quindi a scrivere le Georgiche, a cui lavora a lungo, completandole nel 29  (ad Atella, in Campania, Ottaviano reduce dalla battaglia di Azio si fa leggere il poema da Virgilio).
·        Da quel momento il poeta si dedica alla scrittura dell’Eneide, pubblicata dopo la morte di Virgilio, per volontà di Augusto, che ordina a Vario Rufo di curarne l’edizione. Il poeta infatti era morto a Brindisi il 21 settembre del 19 a.C. , di ritorno da un viaggio in Grecia, ed era stato sepolto a Napoli. Immediata la fortuna dell’opera.
·        Bucolica carmina, parola di origine greca che significa canti dei bovari. Il modello è Teocrito, poeta alessandrino siciliano del III secolo, inventore del genere idillico.
·        Virgilio trasforma Teocrito accentuando gli elementi di stilizzazione e idealizzazione della resa del paesaggio. Nel contempo introduce anche elementi realistici (la Storia).
·        La I e la IX ecloga, in effetti, sembrano proprio riflettere il dramma delle espropriazioni, nonché un’esperienza autobiografica vissuta da Virgilio.
·        Nella IV ecloga, come annuncia l’esordio (paulo maiora canamus) il poeta si solleva oltre la sfera pastorale per cantare un grande evento (gara interpretativa in merito alla IV ecloga ha riguardato, nei secoli, l’identificazione del puer misterioso che il poeta qui evoca).
·        Probabilmente è l’espressione di una poesia visionaria, pervasa di spirito oracolare e espressa in un linguaggio vagamente oscuro,
·        Il titolo Georgica (Canti sulla vita dei campi) rimanda alla tradizione della poesia didascalica ellenistica, il cui padre è però Esiodo, poeta del VII secolo a. C. autore delle Opere e i giorni, cui Virgilio si ispira esplicitamente.
·        Sono un poema didascalico in 4 libri, ognuno dedicato a un particolare aspetto della vita dei campi: coltivazione dei campi il I, l’arboricoltura il II, l’allevamento del bestiame il III, l’apicoltura il IV.
·        I libri  hanno un’autonomia tematica, ma sono anche collegati fra loro; inoltre ognuno è introdotto da un proemio e contiene digressioni conclusive di estensione regolare: un’ottantina di versi dedicati nel I libro (463-514) alle guerre civili, nel II alla lode della vita agreste, nel III alla peste di animali nel Norico, nel IV alla storia di Aristeo e delle sue api.
·        Il I e il III libro presentano quindi un forte richiamo interno (guerre civili-peste), mentre il secondo e il quarto offrono visioni rasserenanti (e in questo senso anch’essi si richiamano l’un l’altro).
·         Lucrezio è oggetto sia di riprese sia di distanziamenti da parte di Virgilio. Nel II libro, per esempio, Virgilio fa una sorta di “professione” di distanziamento dall’epicureismo “giovanile”: rivaluta la pietas dell’uomo dei campi, che non può accettare l’antiprovvidenzialismo epicureo  e affida alla benedizione degli dei della campagna i frutti della propria fatica.
·        Se da un lato l’opera ha questi contenuti che si possono ritenere fortemente collegati con uno spirito dell’epoca, alla cui fondazione peraltro di sicuro anche Virgilio concorre, da un altro, proprio come l’Eneide, valica i confini del transitorio. […] Labor omnia vicit/ improbus et duris urgens in rebus egestas (145-146, I), ossia La fatica, incessante, ha trionfato su tutto, e il bisogno pressante nelle difficoltà”.
·         Teoria virgiliana sulla fine dell’età dell’oro, voluta da Giove per stimolare, attraverso la fatica, l’ingegno umano. Però, lucrezianamente, sottolinea che  è l’egestas a urgere, ossia il bisogno a premere nelle difficoltà in modo tale da spingere l’uomo alla scoperta delle varie artes. Tuttavia, a differenza di Lucrezio che attribuisce all’uomo primitivo un’esistenza ferina (De rerum natura, V, 925-1010) Virgilio colloca all’inizio della storia umana la mitica età dell’oro, inserendo come motivo determinante della perdita della medesima, l’intervento di Giove mosso dall’intento di promuovere un passaggio evolutivo nell’uomo.
·        Virgilio combina l’idea lucreziana di progresso connesso con la spinta dell’egestas con quella provvidenziale stoica. Così riesce a compendiare esaltazione del labor e rappresentazione realistica della vita contadina.
·        Un modello di laboriosità sono le api. Come Giove ha introdotto il labor per scuotere gli uomini dal torpore dell’età dell’oro, così ha dotato le api di una perfetta organizzazione e spontanea attitudine al lavoro.
·        Amor habendi, il giusto trasporto verso ciò di cui si ha bisogno.  La volontà delle api di mettere da parte in tempi di abbondanza ciò di cui si potrebbe avere bisogno in futuro.

·        Alla fine del II libro delle Georgiche Virgilio introduce il tema del confronto fra la vita cittadina e la vita di campagna: la vita contadina, condotta all’insegna del labor e della temperanza, è contrapposta agli eccessi destabilizzanti della città, segnata da lusso, avidità, violenza. Il makarismòs  dei contadini, la loro felicità, contrapposto alla  città in cui dominano  corruzione, superbia e arroganza dei potenti, eccesso di abiti, tessuti, suppellettili, profumi. 

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