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TRADUZIONI DI LATINO: FEDRO, POSTILLA SULLA CONTRASTIVA, TACITO, SENECA, AGOSTINO (in fieri)

FEDRO Lupus et Agnus Ad rivum 1  eundem 2  lupus et agnus venerant 3 , siti compulsi 4 . Superior 5  stabat 6  lupus, longeque 7  infe...

domenica 3 maggio 2015

PERCHÉ SCIOPERERÒ MARTEDÌ 5 MAGGIO 2015

PERCHÉ SCIOPERERÒ MARTEDÌ 5 MAGGIO 2015
Mi rendo conto che questo è il mio dovere generazionale. Sì, quello che,  vi dicevo qualche giorno fa,  mi angustia e mi attanaglia: ma solo un po’, perché poi so individuare  quale sia. È il dovere di prendermi cura di voi, in quanto figli della mia generazione, colpevole di svariate inadempienze nei vostri confronti. In primo luogo quella di comunicare quello che pensiamo, se pensiamo qualcosa. Niente più omissioni di parole e azioni. Per questo voglio spiegare  chiaramente perché farò sciopero il 5 maggio.
Il mio disaccordo sulla “buona scuola” procede da motivazioni sia tecniche sia ideali. Parto dalle prime. In base al DDL 2994  il Consiglio di istituto e il Collegio dei Docenti non sono più gli organi deliberanti in materia di POF, ma diventano organi consultivi: vengono esautorati dal Dirigente Scolastico che assume il pieno controllo del POF, lo elabora e lo approva. Il Collegio non lo elabora più, il Consiglio non lo adotta più, ma vengono solo “sentiti” dal DS. Ciò perché il DDL si propone di “rafforzare la funzione del Dirigente Scolastico” a scapito evidentemente degli Organi collegiali e dell’autonomia didattica.
Inoltre, recita il comma 11 del DDL, “sulla base delle esigenze e del fabbisogno espresso nel piano triennale dell’offerta formativa, il dirigente scolastico sceglie il personale da assegnare ai posti dell’organico dell’autonomia e propone incarichi di docenza ai docenti iscritti negli albi territoriali istituiti dalla presente legge”. Questa riforma elimina la distinzione tra organico di fatto e organico di diritto, che in effetti crea gravi problemi alle scuole e rende precaria la situazione di chi lavora sulle cattedre di fatto. Per fare questo introduce il Piano triennale dell’offerta formativa e gli albi territoriali. Gli albi territoriali permetterebbero di gestire l’elasticità necessaria in un sistema in cui ci sono distacchi, comandi, part-time e tante altre situazioni complicate che non permettono di contare come stabili e definitive alcune cattedre o parti di cattedre. Il personale immesso in ruolo viene collocato negli albi territoriali in modo da poter lavorare nelle scuole secondo i piani triennali. In questo c’è una diminuzione di precarietà, ma occorre chiedere che questo sistema non si allarghi progressivamente a tutti i docenti, bensì  resti transitorio per i docenti neoimmessi in ruolo, che progressivamente dovrebbero essere assorbiti nell’organico con titolarità di sede: è evidente che, sotto questo profilo, la riforma necessita di un ritocco se non sostanziale, certo non collaterale.
Quanto al  rafforzamento e alla messa a sistema della didattica basata sull’alternanza scuola-lavoro, a legislazione vigente, essa consiste nella realizzazione di percorsi progettati, attuati, verificati e valutati, sotto la responsabilità dell’istituzione scolastica o formativa, sulla base di apposite convenzioni con le imprese o con le rispettive associazioni di rappresentanza, con le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, con gli enti pubblici e privati, ivi inclusi quelli del terzo settore, disponibili ad accogliere gli studenti per periodi di apprendimento in situazione lavorativa, che non costituiscono rapporto individuale di lavoro ai sensi del decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 77 (leggi: sfruttamento di manodopera gratuita).
Relativamente al piano assunzionale, esso  è ridotto di un terzo nella sua consistenza, e  restano senza risposta le attese e i diritti di migliaia di docenti precari non rientranti nelle tipologie previste dal piano (ad esempio  i precari abilitati che non sono nelle Graduatorie a esaurimento), ma da lungo tempo in servizio a tempo determinato, ben oltre i limiti indicati dalla sentenza della Corte Europea. Altrettanto ignorati dal piano i precari dell’area Ata. Qualcuno sostiene che non sia vero  che i precari di Seconda fascia con più di 36 mesi di servizio perderanno il posto e che la norma, scritta male, sarà corretta in modo che non sia retroattiva: si tratta però, evidentemente, di una speranza, che può ben legittimare il ricorso a uno sciopero per non essere disillusa.
Quanto alla valorizzazione del merito del personale docente, la disposizione mira a valorizzarlo riconoscendo una somma di denaro (bonus) annualmente ai docenti particolarmente meritevoli. A tale fine, a decorrere dall’anno 2016 è istituito presso il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca un apposito fondo, con lo stanziamento di 200 milioni di euro annui a decorrere dal 2016. Tale fondo è ripartito a livello territoriale tra le istituzioni scolastiche in proporzione alla dotazione organica dei docenti con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca. Il dirigente scolastico, sentito il consiglio d’istituto, assegna annualmente la somma al personale docente che, in base all’attività didattica, ai risultati ottenuti in termini di qualità dell’insegnamento, al rendimento scolastico degli alunni e degli studenti, alla progettualità nella metodologia didattica utilizzata, alla capacità innovativa e al contributo dato al miglioramento complessivo della scuola, è ritenuto meritevole del bonus. Si  tratta di un provvedimento da respingere perché sfugge  alla sfera contrattuale,  l’unica abilitata a trattare di salario. Inoltre introduce divisioni e frantumazioni  nella professione docente, prevedendo  solo premi individuali disconnessi da qualsiasi dimensione cooperativa e collegiale e forieri di competizione divisiva e, in quanto tale, disfunzionale per l’attività docente.
Passo alle ragioni ideali. Si legge nella “memoria della Fondazione Agnelli”, consegnata alle commissioni come contributo sulla “buona scuola” , inerente sia alla logica generale del DDL sia, in particolare, ai temi del piano straordinario delle assunzioni, merito e carriera dei docenti, potenziamento del ruolo del DS, politiche di inclusione e open data, che è necessario “raddrizzare la logica della riforma, partendo dalla riflessione sui curricoli”. Perché, ragionano i redattori della memoria, “un supplemento di riflessione consentirà di rimettere in ordine logico i diversi tasselli del ragionamento, partendo dall’interrogativo più ovvio (ma fino a oggi assente dal dibattito): quali conoscenze e quali competenze la scuola italiana dovrà assicurare ai milioni di ragazzi e ragazze che la frequenteranno nei prossimi due decenni?”. Quel che, però, manca, secondo la Fondazione,  “è il coraggio di riconoscere che alla professione docente nella scuola autonoma serve una diversa strutturazione della carriera e che soltanto così si può concretizzare la giusta ambizione di premiare il merito dei docenti.  Il passaggio forse più utile a spiegare la ragione della mia adesione allo sciopero è però il seguente:
Il docente del 21° secolo non è più un carismatico ed erudito affabulatore, in possesso di qualità didattico disciplinari innate e straordinarie, bensì un professionista che deve saper prendere parte attivamente alla collegialità della scuola autonoma, contribuire al buon funzionamento corale dell’organizzazione e impegnarsi nella manutenzione delle proprie competenze: questi sono gli aspetti che un percorso di carriera deve saper valorizzare. Una sensata articolazione di carriera dovrebbe essere basata su due o meglio ancora tre livelli, con tetti percentuali di ammissione definiti per ciascun livello e significativi incrementi di stipendio, permanenti e “portabili” anche in caso di trasferimento del docente in altra istituzione scolastica. I passaggi fra livelli di carriera dovrebbero essere regolati mediante concorso nazionale, in cui si dovrebbe tener conto di elementi diversi: il giudizio del dirigente scolastico, i crediti didattici, formativi e professionali accumulati, una prova pratica, un profilo psico-attitudinale. La carriera dovrebbe essere unica: come si diceva, appare, infatti, inopportuno distinguere fra un percorso basato su competenze didattico-disciplinari e un altro basato su competenze organizzative e di supporto alla dirigenza (distinzione tra docente mentor e docente di staff, presente nelle versioni preliminari del provvedimento). Un buon docente non deve solo sapere insegnare, ma deve sapere anche lavorare in équipe con i propri colleghi: si pensi, ad esempio, a quanto artificiale risulti la distinzione per un insegnante coordinatore di dipartimento. E, in linea di principio, la definizione di uno o due livelli superiori per i docenti va pensata come un percorso di crescita professionale che può condurre a un ulteriore passo verso la dirigenza scolastica, o la dirigenza tecnica (ispettori).”
Mi riconosco completamente nell’insegnante umanista identificato come obsoleto nella comparazione effettuata dalla Fondazione. Sciopero perché il profilo complessivo del ddl volge nella direzione (peraltro già intrapresa da anni nella scuola) di promuovere un insegnamento conforme all’aziendalizzazione promossa dal mondo economico. Sciopero anche perché mi offende la pantomima democratica inscenata dal governo per fingere di  compiere una consultazione “dal basso” in merito alla buona scuola. Sciopero, infine, perché il “buono” della scuola è racchiuso nella sua sostanza etimologica, alla quale occorre ritornare: σχολ in origine significava (come otium per i Latini) libero e piacevole uso delle proprie forze, soprattutto spirituali, indipendentemente da ogni bisogno o scopo pratico.
cb


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