Il
Decadentismo
Je suis l'Empire à la fin de la décadence,Qui regarde passer les grands Barbares blancs
En composant des acrostiches indolents
D'un style d'or où la langueur du soleil danse.
L'ame seulette a mal au coeur d'un ennui dense,
Là-bas on dit qu'il est de longs combats sanglants.
O n'y pouvoir, étant si faible aux voeux si lents,
O n'y vouloir fleurir un peu cette existence!
O n'y vouloir, ô n'y pouvoir mourir un peu!
Ah! tout est bu! Bathylle, as-tu fini de rire?
Ah! tout est bu, tout est mangé! Plus rien à dire!
Seul un poème un peu niais qu'on jette au feu,
Seul un esclave un peu coureur qui vous néglige,
Seul un ennui d'on ne sait quoi qui vous afflige!
Paul Verlaine (1844 - 1896)
Il movimento
dei décadents (decadenti) nacque a Parigi nella prima metà degli anni
Ottanta. Di Decadentismo si cominciò a parlare infatti in seguito alla
pubblicazione di un sonetto di Paul Verlaine sulla rivista «Le Chat Noir» [Il
gatto nero], nel maggio 1883. Esso iniziava con il verso «Je suis l’Empire
à la fin de la décadence» (Io sono l’Impero alla fine della decadenza). Vi
affiorava il concetto che la raffinatezza e l’eleganza siano proprie delle epoche storiche di decadenza. E in effetti la nuova tendenza è
caratterizzata dalla sensazione di un eccesso di civiltà e dell’imminenza di
una catastrofe e, nello stesso tempo, dall’orgogliosa rivendicazione del valore
positivo dell’artificio e della raffinatezza tipici delle epoche al tramonto.
Il movimento decadente avrà il suo organo ufficiale nella rivista «Le
Décadent», diretta da Anatole Baju nel 1886. Ma già due anni prima, nel 1884,
era uscito il romanzo A rebours [Controcorrente] di un transfuga
del Naturalismo, Joris-Karl Huysmans. Il libro, fondato sulla convinzione della
superiorità di una vita basata sugli stimoli artificiali e sull’estetismo,
divenne la bibbia del Decadentismo. In esso l’aristocrazia dello spirito è
polemicamente contrapposta alla volgarità della vita borghese. Controcorrente
di Huysmans fece scuola, suggerendo esiti analoghi in Inghilterra e in Italia:
la figura del dandy (personaggio eccentrico ed estetizzante) creata da
Huysmans torna nel romanzo di Oscar Wilde, The Picture of Dorian Gray (1890)] e nel Piacere
di D'Annunzio (1889). Il Decadentismo francese si caratterizza dunque per la
percezione di una svolta della storia, che si accompagna a un senso di
estenuazione e di morte, di «senescenza e stanchezza, di saturazione culturale
e degenerazione», a cui si unisce però «un’idea di nobiltà spirituale»
(Hauser). Come movimento organizzato, esso si esaurisce rapidamente, e può
dirsi estinto già nel 1890, sostituito da un altro movimento, il Simbolismo,
che era nato negli anni Ottanta dalla scissione di quello decadente. Alcuni dei
tratti del Decadentismo come movimento confluiscono nel Decadentismo come
civiltà culturale e artistica, che fiorisce in tutta Europa fra il 1890 e i
primi anni del nuovo secolo. Ne sono esponenti, in Inghilterra, Walter Pater,
teorico della religione dell’arte, il poeta Swinburne e il romanziere Oscar
Wilde; in Germania il poeta Stefan George; in Austria il poeta Rilke e il
drammaturgo e romanziere Hofmannsthal; nel Belgio francese il poeta e
drammaturgo Maeterlinck; in Russia lo scrittore Solov’èv; in Italia Fogazzaro,
Pascoli e d’Annunzio. Il Decadentismo come fenomeno culturale e artistico nasce
dalla rottura epistemologica di fine secolo, e cioè dalla rivolta
antipositivistica in filosofia (determinata dal pensiero di Nietzsche e di
Bergson) e antinaturalistica in letteratura. Il termine venne usato all’inizio
in accezione negativa, mentre oggi designa, in modo neutro, una particolare
civiltà letteraria e artistica. I tratti fondamentali del Decadentismo come fenomeno
culturale e artistico sono i seguenti:
1. Rifiuto
del metodo scientifico e razionale e predisposizione ad atteggiamenti
irrazionalistici, ispirati al sensualismo o al misticismo.
2. Soggettivismo
e individualismo. L’arte deve esprimere le sensazioni del soggetto, la sua
vita interiore e sensuale. L’artista si presenta come un soggetto isolato ed
eccezionale, dotato di valori aristocratici e raffinati che lo contrappongono
alla prosaicità del mondo borghese, alla volgarità della borghesia e della vita
quotidiana. L’artista si trasforma in dandy, che disprezza la massa e
ispira la propria vita al gusto della distinzione e dell’artificio.
3. La
scoperta dell’inconscio. L’arte tende a esprimere le associazioni profonde
dell’io, la complessità dei pre-sentimenti, e a collegare il mistero dell’anima
a quello della vita stessa dell’universo.
4. Il
ricorso al simbolismo, che è la poetica dominante del Decadentismo: di qui
la prevalenza dei procedimenti analogici, la ricerca delle corrispondenze fra
l’anima del soggetto e la vita dell’universo, il ricorso alla metafora e
soprattutto alla sinestesia.
5. L’estetismo
e la religione dell’arte. I decadenti affermano non solo l’autonomia
dell’arte, ma la sua superiorità. Per sostenerne l’autonomia, diffondono la teoria
dell’arte per l’arte, già elaborata dai parnassiani in Francia e da
Walter Pater in Inghilterra: l’arte deve obbedire solo a se stessa, liberandosi
da qualsiasi criterio estrinseco di natura morale, politica o sociale. Per
sostenerne la superiorità, promuovono il culto della forma come parte
integrante del culto dell’arte, intesa come pura Bellezza, ragione di vita, e
vera e propria religione. La vita stessa deve ispirarsi a criteri unicamente
estetici, e deve risolversi in arte.
6. Una
concezione del poeta come artefice supremo o come profeta e vate. Poiché la
poesia è concepita come rivelazione dell’Assoluto, il poeta è immaginato come
il mediatore e il sacerdote di tale rivelazione. L’artista è un inventore e un
creatore: non deve più imitare la vita, come facevano gli scrittori
naturalisti, ma crearla.
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