Fra i ricordi indimenticabili si annoverano certo i colloqui genitori-insegnanti. Qualunque sia la tua veste, genitore o insegnante, senza distinzioni di genere, come già la grammatica suggerisce, è sempre un'esperienza tutta da ridere.
Intanto il repertorio di frasi formulari, da ambo le parti. Contando sul penetrante intuito del lettore (per non parlare di quello della lettrice), elenco alla rinfusa, incurante delle parti, come si conviene a questo teatrino, che vuol essere una ripresa tanto della commedia dell'arte quanto del teatro dell'assurdo. Più Ionesco che Beckett, però.
"Lei è la mamma di Giulio" esordisce l'insegnante che vuole subito dimostrare di avere in mano la situazione: sa riconoscere a colpo d'occhio il sesso del suo interlocutore (solo alla fine di una giornata estenuante può scappargli una frase del genere con un signore corpulento e barbuto, che naturalmente non darà segni di aversene a male), e in second'ordine è in grado di ricordarsi di averlo già conosciuto come tutore (variatio necessaria) del suddetto Giulio, suo allievo in realtà da pochi mesi, molto timido, sempre seduto all'ultimo banco e decisamente poco appariscente (un gay occulto, si disse pensosi in sede di consiglio di classe).
La mamma di Giulio, dal canto suo, sfodera una faccia sorridente, anche se ha assai da ridire sull'operato dell'insegnante, della quale (è una lei) pensa pressapoco tutto il male del mondo: saccente e arrogante, crede di essere un nume tutelare dell'insegnamento, di avere capacità di penetrazione dell'animo umano, mentre nel caso del suo Giulio non ha capito un acca. Si dispone quindi ad ascoltare con aria benevola la tirata preconfezionata che lei ha preparato.
"Giulio è un ragazzino perbene" inizia, e già questo manda su tutte le furie la mamma. "Ragazzino?" Come osa la sfacciata parlare con questa condiscendenza del giovanotto, certo impubere, allevato con grande rispetto della sua capacità decisionale da una famiglia radical chic abituata a parlare di fronte a lui di qualunque cosa (la mamma si fa la doccia di fronte a lui, è una bella donna, e, alla faccia di qualunque teoria veteropsicoanalitica, pensa che un imprinting di donna bella anche a quaranta e più anni possa rappresentare una vittoria di eros su thanatos...il greco non lo capisce nessuno, la pronuncia è persino sbagliata, ma non importa, i concetti quelli sono)...la madre pensa che quell'insegnante andrebbe subito licenziata, dal canto suo la suddetta non si rende conto di essere così malevolmente colta, anzi, crede di essere apprezzata: glielo dicono (la prossemica è una disciplina complessa) le posture e gli atteggiamenti del volto. La genitrice continua a sorridere e assentire, a un certo punto le dice "Lei ha capito Giulio in pochi mesi come io, da madre, in anni". L'insegnante, non del tutto certa di aver capito la frase sintatticamente involuta, gongola a prescindere, mentre la madre immagina di brandire una katana (di recente, con Giulio suo, hanno rivisto per la quarta volta Kill Bill) e di mozzare in tronco la testa di quella supposta docente, che sarebbe ottimamente ospitata nel buco oscuro al quale per associazione di idee fa subito pensare il binomio verbale appena utilizzato.
I colloqui procedono tra alti voli e altre incongrue asserzioni. "Lei è il nonno di Alice" scappa detto all'insegnante estenuato (ora è maschio) intorno alle otto di sera a un padre che rivendica immediatamente la sua più che onorevole anagrafica collocazione. "Sono il secondo marito della madre di Alice" non può fare a meno di precisare, provando un insano desiderio di uccidere (a dispetto della vocazione pacifista che sente di coltivare nel suo animo dagli anni ruggenti del Sessantotto) il suo incauto interlocutore, mentre quest'ultimo, impavido, inanella sconclusionate considerazioni su una ragazza di cui ricorda a mala pena la faccia, non parliamo delle interrogazioni e del profitto. A una memoria veritiera supplisce, in questi casi, la pratica da marciapiede che alcuni insegnanti hanno maturato negli anni: si può parlare per almeno due minuti senza dire assolutamente nulla, tanto a un certo punto l'interlocutore si alza e se ne va, non senza aver pronunciato una frase formulare: "se ci fosse qualche cosa d'importante da comunicare, me la scriva sul diario di Gigetto". "Sono sicuro che non ce ne sarà bisogno, Gigetto è una ragazza (a questo punto la questione dei generi è irrilevante, nel caos complessivo che si va creando) diligente, sempre attento e disposto all'ascolto, una vera perla (o un vero pirla, fa lo stesso), una gioia per chi si trovi ad avere a che fare con lei/lui. Una variante possibile, che non manca di produrre lo stesso effetto, può suonare in modo esattamente antitetico: Gigetto è un ragazzo che va rispettato nei suoi tempi (intendi: non capisce niente delle spiegazioni, non gliene importa nulla, si capisce che, se non fosse che teme di incorrere in sanzioni, darebbe fuoco alla scuola), probabilmente maturerà (intendi: se non marcisce prima, un giorno o l'altro smetterà di delinquere, o qualcosa del genere) e comunque noi siamo tutti qui per aiutarlo in questo momento complesso della sua vita (e non ci ricordiamo tutti, si dice o si sottintende ammiccando in questi casi, come fossimo alla sua età?).
E bla bla bla e bla bla bla.
I colloqui procedono tra alti voli e altre incongrue asserzioni. "Lei è il nonno di Alice" scappa detto all'insegnante estenuato (ora è maschio) intorno alle otto di sera a un padre che rivendica immediatamente la sua più che onorevole anagrafica collocazione. "Sono il secondo marito della madre di Alice" non può fare a meno di precisare, provando un insano desiderio di uccidere (a dispetto della vocazione pacifista che sente di coltivare nel suo animo dagli anni ruggenti del Sessantotto) il suo incauto interlocutore, mentre quest'ultimo, impavido, inanella sconclusionate considerazioni su una ragazza di cui ricorda a mala pena la faccia, non parliamo delle interrogazioni e del profitto. A una memoria veritiera supplisce, in questi casi, la pratica da marciapiede che alcuni insegnanti hanno maturato negli anni: si può parlare per almeno due minuti senza dire assolutamente nulla, tanto a un certo punto l'interlocutore si alza e se ne va, non senza aver pronunciato una frase formulare: "se ci fosse qualche cosa d'importante da comunicare, me la scriva sul diario di Gigetto". "Sono sicuro che non ce ne sarà bisogno, Gigetto è una ragazza (a questo punto la questione dei generi è irrilevante, nel caos complessivo che si va creando) diligente, sempre attento e disposto all'ascolto, una vera perla (o un vero pirla, fa lo stesso), una gioia per chi si trovi ad avere a che fare con lei/lui. Una variante possibile, che non manca di produrre lo stesso effetto, può suonare in modo esattamente antitetico: Gigetto è un ragazzo che va rispettato nei suoi tempi (intendi: non capisce niente delle spiegazioni, non gliene importa nulla, si capisce che, se non fosse che teme di incorrere in sanzioni, darebbe fuoco alla scuola), probabilmente maturerà (intendi: se non marcisce prima, un giorno o l'altro smetterà di delinquere, o qualcosa del genere) e comunque noi siamo tutti qui per aiutarlo in questo momento complesso della sua vita (e non ci ricordiamo tutti, si dice o si sottintende ammiccando in questi casi, come fossimo alla sua età?).
E bla bla bla e bla bla bla.
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