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TRADUZIONI DI LATINO: FEDRO, POSTILLA SULLA CONTRASTIVA, TACITO, SENECA, AGOSTINO (in fieri)

FEDRO Lupus et Agnus Ad rivum 1  eundem 2  lupus et agnus venerant 3 , siti compulsi 4 . Superior 5  stabat 6  lupus, longeque 7  infe...

domenica 27 marzo 2016

TRADUZIONI DI LATINO: FEDRO, POSTILLA SULLA CONTRASTIVA, TACITO, SENECA, AGOSTINO (in fieri)

FEDRO
Lupus et Agnus
Ad rivum1 eundem2 lupus et agnus venerant3, siti compulsi4.
Superior5 stabat6 lupus, longeque7 inferior8 agnus.
Tunc9 fauce improba10 latro incitatus11 iurgii12 causam intulit13:
"Cur14 - inquit15 - turbulentam16 fecisti17 mihi18 aquam bibenti19?"
Laniger contra20 timens21:
"Qui possum22 - quaeso - facere quod quereris23, lupe? A te decurrit24 ad meos haustus liquor."
Repulsus25 ille veritatis viribus:
"Ante26 hos sex menses male27 - ait - dixisti mihi".
Respondit28 agnus:
"Equidem29 natus non eram30!"
"Pater, hercle31, tuus - ille inquit - male dixit mihi!"
Atque ita32 correptum33 lacerat34 iniusta nece.
Haec35 propter illos36 scripta est37 homines36 fabula qui38 fictis causis39 innocentes opprimunt40.
Erano arrivati a un medesimo ruscello, assetati, un lupo e un agnello. Più in alto stava il lupo, molto più in basso l’agnello. Allora il predone, eccitato dalla fame, cercò un pretesto per assalirlo. “Perché mi hai intorbidato l’acqua mentre bevevo?” La lanosa creatura, di rimando, impaurita, mormora: “Come posso, ti prego, aver fatto ciò che lamenti, lupo? L’acqua scorre dalla tua direzione alla mia.” Respinto dalla forza della verità incalza: “Sei mesi or sono hai parlato male di me”: L’agnello replica: “Non ero ancora nato!”. “Tuo padre, accidenti, ha parlato male di me”. E afferratolo lo dilania brutalmente. Questa favola trae ispirazione da quegli uomini che calpestano gli innocenti adducendo pretestuose ragioni.
Analisi morfosintattica
1) Ad rivum: complemento di moto a luogo introdotto da venerant
2) Eundem: da idem, eadem, idem pronome definito, accusativo,  singolare, maschile;  attributo di rivum.
3) Venerant: da venio, venis, veni, ventum, venire,  indicativo, piuccheperfetto, terza persona plurale
4) Compulsi: da compello, -is, compuli, compulsum, compellere  participio perfetto, nominativo pulare maschile,
5) Superior: aggettivo comparativo da super [preposizione], attributo di  lupus.
6) Stabat: da sto, -as, steti, statum, stare,  indicativo, imperfetto, terza persona singolare.
7) Longeque: composto da longe (avverbio) +que (congiunzione)
8) Inferior: aggettivo comparativo originato da infer [preposizione], attributo di agnus, nominativo singolare.
9)Tunc: avverbio
10) Fauce improba: complemento di causa efficiente (con attributo),  introdotto da incitatus
11) Incitatus: da incito,-as, -avi, -atum, -are participio perfetto.
12) Iurgii: complemento di specificazione
13) Intulit: infero, infers, intuli, inlatum, inferre, indicativo, perfetto, terza persona singolare.
14) Cur: avverbio interrogativo.
15) Inquit: da inquam verbo difettivo, indicativo perfetto.
16)Turbulentam: complemento predicativo dell'oggetto di fecisti (aquam).
17) Fecisti: facio, -is, feci, factum, facere, indicativo perfetto seconda persona singolare.
18) Mihi: pronome personale; ego mei mihi me me;  dativo singolare
19) Bibenti: bibo, -is, -i, -bibitum, bibere, participio presente, dativo singolare concordato con mihi (valore verbale del participio).
20) Contra: avverbio.
21)Timens: da timeo, -es, timui, timere,  participio presente, nominativo, maschile singolare.
22) Possum: da possum, potes, potui, posse indicativo presente, prima persona singolare
23) Quereris: da queror, quereris, questus sum, queri,  indicativo presente seconda persona singolare
24) Decurrit: da decurro, -is, -i, decursum, decurrere, indicativo, presente, terza persona singolare.
25) Repulsus: repello, repellis, repelli, repulsum, repellere
26) Ante hos sexes menses: complemento di tempo determinato.
27)  Male: avverbio di modo
28) Respondit: da respondeo, -es, -i, responsum, -ere indicativo perfetto, terza persona singolare
29) Equidem: avverbio (concessivo o limitativo)
30) Natus non eram: predicativo nominale (il participio natus è usato in funzione nominale).
31) Hercle: locuzione esclamativa.
32) Ita: avverbio di modo
33) Correptum: corripio, -is, -ui, correptum, corripere,  paticipio perfetto, maschile, singolare, accusativo (funzione verbale, afferrato, dopo che è stato afferrato)
34) Lacerat: lacero, -as, -avi, -atum, lacerare,  indicativo presente, terza  persona singolare.
35) Haec: da hic, haec, hoc nominativo femminile singolare, attributo di fabula.
36) Propter illos homines: complemento di causa e attributo.
37) Scripta est: da scribo, -is, scripsi, scriptum, scribere indicativo perfetto passivo, terza persona singolare
38) Qui: pronome relativo di  homines, nominativo, maschile, plurale.
39) Fictis causis: complemento di mezzo  e attributo
40) Opprimunt: da opprimo, opprimis, oppressi, oppressum, opprimere indicativo presente, terza persona plurale
POSTILLA SULLA CONTRASTIVA
UN METODO PER TRADURRE
“Che cosa vuol dire tradurre? La prima e consolante risposta vorrebbe essere: dire la stessa cosa in un’altra lingua. Se non fosse che, in primo luogo, noi abbiamo molti problemi a stabilire che cosa significhi ‘dire la stessa cosa’”. (U. Eco)
La traduzione è centrale nello studio delle lingue classiche a livello liceale e dunque non si può prescindere da una focalizzazione preliminare sull’operazione del tradurre.
La traduzione è, in sé, un’attività specialistica, complessa, così rappresentabile quanto a stadi di lavoro:
  • decodificazione della lingua di partenza,
  • passaggio attraverso una  fase intermedia in cui si realizzano comprensione  e mediazione del messaggio
  • ricodificazione nella lingua di arrivo
Il problema didattico è:
COME TRASMETTERE,  ossia  CON QUALI TIPI DI ESERCITAZIONE, QUESTA ABILITÀ COMPLESSA.
Paradossalmente l’utile del lavoro di traduzione risiede nell’insegnare, o meglio, nel far avere l’esperienza che non esiste un metodo di traduzione o, addirittura, che tradurre sfiora l’impossibilità: nel senso di far comprendere che la traduzione deve essere compiuta con rigore scientifico, ma può giungere a molti, diversi, risultati.
La traduzione è comunque un’operazione che fa violenza al testo, ma è uno strumento che costringe alla riflessione linguistica. Costringe a una dissezione del testo di partenza, che è utile anche se il risultato della successiva ricomposizione delle membra del testo è, a livello liceale, simile alla mostruosa creatura di Frankenstein.
Ha scritto Niccolò Tommaseo, scrittore del secondo romanticismo italiano e autore di un celebre Dizionario della lingua italiana, che
raffrontare la traduzione all’autore tradotto, e l’una con l’altra le traduzioni varie, sarebbe esercizio non solamente di lingua e di stile, ma di idee e raziocinii: giacché il paragone delle parole conduce a pensare le cose, e dall’ordine dei costrutti di necessità ascendesi all’ordine de’ concetti.
Parlare di confronto fra traduzioni come strumento didattico significa mettere a contatto gli studenti con quella che si suole chiamare “traduzione letteraria” ovvero con la massima espressione della traduzione come attività specialistica. “Entrare nel laboratorio dei traduttori” può quindi essere intesa come un’attività di tipo seminariale, da svolgere prevalentemente in classe, seguendo approssimativamente questo schema di lavoro:
  • Proposta di un testo, previa conoscenza dell’Autore e dell’opera ovvero del suo inquadramento nella storia della letteratura latina, accompagnato da 3 o 4 traduzioni letterarie.
  • Decodificazione del medesimo per via di una traduzione letterale, comprensiva di analisi morfo-sintattica; focalizzazione su parole, ad esempio su quelle fondamentali per l’intendimento del pensiero o per la definizione dello stile dell’Autore (ricerche sul dizionario, indicazione di etimologie).
  • Ricodificazione del testo per arrivare a una traduzione personale, per via d’un confronto tra il testo tradotto letteralmente e le traduzioni letterarie.
  • Commento stilistico, con riguardo ovviamente alla forma e al contenuto.
La traduzione contrastiva è […] figlia del modello gnoseologico ermeneutico, che fa dell’interpretazione il cardine dell’approccio al testo. Non viene fornita infatti ‘la’ traduzione – quella sola, quell’unica giusta alla quale i docenti sembrano tanto affezionati – ma ‘le’ traduzioni o, meglio, alcune possibili interpretazioni. In tal modo, si avvezza l’adolescente alla consapevolezza del carattere comunque parziale e relativo di ogni interpretazione, anche la propria, e di come la ricerca dell’oggettività sia, di per sé, un concetto plurale.” (Antonia Piva)
Ravazzani,  Ricciardi,  Proietti                        5B                                                           14/1/16
Tacito - Agricola
Testo latino (1)
Clarorum virorum facta moresque posteris tradere, antiquitus usitatum, ne nostris quidem temporibus quamquam incuriosa suorum aetas omisit, quotiens magna aliqua ac nobilis virtus vicit ac supergressa est vitium parvis magnisque civitatibus commune, ignorantiam recti et invidiam. Sed apud priores ut agere digna memoratu pronum magisque in aperto erat, ita celeberrimus quisque ingenio ad prodendam virtutis memoriam sine gratia aut ambitione bonae tantum conscientiae pretio ducebantur. Ac plerique suam ipsi vitam narrare fiduciam potius morum quam adrogantiam arbitrati sunt, nec id Rutilio et Scauro citra fidem aut obtrectationi fuit: adeo virtutes isdem temporibus optime aestimantur, quibus facillime gignuntur. At nunc narraturo mihi vitam defuncti hominis venia opus fuit, quam non petissem incusaturus: tam saeva et infesta virtutibus tempora.
Prima traduzione
L'antica consuetudine di tramandare ai posteri le imprese e il sistema di valori degli uomini illustri, benché i contemporanei siano poco attenti a quelli oggi viventi, resta valido anche per il presente ogni volta che una manifestazione di virtù grande, anzi nobile, riesce a vincere e a cancellare un vizio comune alle piccole come alle grandi società: il disconoscimento del giusto valore e l'invidia. Tuttavia per gli uomini del passato era più agevole e facile compiere imprese memorabili e d'altra parte i più capaci erano tratti a celebrarne il ricordo non per spirito di parte o ambizione, ma solo per dovere di coscienza. Anzi molti ritennero che narrare la propria vita fosse segno di fiducia nei propri meriti più che gesto di presunzione, e l'averlo fatto non tolse credibilità a Rutilio e a Scauro o generò riprovazione: tanto credito ha la virtù nei periodi in cui più spontanea si manifesta. Oggi invece, nel momento in cui mi accingo a narrare la vita di un defunto, debbo invocare quell'indulgenza che non chiederei se mi levassi accusatore: tanto duri e ostili a ogni forma di merito sono i tempi.

Seconda traduzione
La società, sebbene indifferente dei suoi, non trascurò neppure nei nostri tempi il tramandare a i posteri le gesta e i costumi degli uomoni insigni, in voga in passato, ogni volta che qualche virtù grande e nobile vinse e soffocò il difettocomune ai popoli piccoli e grandi ossia linvidia e lignoranza del giusto.Tuttavia per gli uomini del passato era più agevole e facile compiere imprese memorabili e d'altra parte i più capaci erano tratti a celebrarne il ricordo non per spirito di parte o ambizione, ma solo per dovere di coscienza. Anzi molti ritennero che narrare la propria vita fosse segno di fiducia nei propri meriti più che gesto di presunzione, e l'averlo fatto non tolse credibilità a Rutilio e a Scauro o biasimo: tanto credito ha la virtù nei periodi in cui più spontanea si manifesta. Ma ora è stata necessaria indulgenza a me che sto per narrare la vita di un uomo estinto, che non avrei implorarto, se mi accingessi a disprezzarlo; epoche così scellerate ed esiziali alle virtù.

Traduzione inglese
To bequeath to posterity a record of the deeds and characters of distinguished men is an ancient practice which even the present age, careless as it is of its own sons, has not abandoned whenever some great and conspicuous excellence has conquered and risen superior to that failing, common to petty and to great states, blindness and hostility to goodness. But in days gone by, as there was a greater inclination and a more open path to the achievement of memorable actions, so the man of highest genius was led by the simple reward of a good conscience to hand on without partiality or self-seeking the remembrance of greatness. Many too thought that to write their own lives showed the confidence of integrity rather than presumption. Of Rutilius and Scaurus no one doubted the honesty or questioned the motives. So true is it that merit is best appreciated by the age in which it thrives most easily. But in these days, I, who have to record the life of one who has passed away, must crave an indulgence, which I should not have had to ask had I only to inveigh against an age so cruel, so hostile to all virtue.





Traduzione personale
L’antico costume di tramandare imprese e valori di uomini illustri ai posteri, nonostante i contemporanei siano poco attenti a quelli oggi viventi, resta attuale ogni volta che una manifestazione di una nobile virtù riesce a vincere  un vizio comune alle società, grandi o piccole che siano: l'ignoranza del giusto e l'invidia. Per gli antichi tuttavia, era più facile compiere imprese memorabili e chi vi riusciva era solito celebrarne il ricordo non per autocompiacimento, ma solo per dovere di coscienza. Anzi, molti ritennero che narrare le proprie gesta fosse indice di fiducia nei propri meriti più che un gesto di presunzione, e l'averlo fatto non tolse credibilità a Rutilio o a Scauro, nè generò riprovazione: la virtù, nei periodi in cui si manifesta spontaneamente, ha molto credito. Oggi invece, nel momento in cui mi appresto a narrare la vita di un defunto, sono costretto a invocare quell'indulgenza che non chiederei se stessi per diffamarlo : i tempi sono duri e ostili a ogni merito.

Testo latino (30)
"Quotiens causas belli et necessitatem nostram intueor, magnus mihi animus est hodiernum diem consensumque vestrum initium libertatis toti Britanniae fore: nam et universi coistis et servitutis expertes, et nullae ultra terrae ac ne mare quidem securum inminente nobis classe Romana. Ita proelium atque arma, quae fortibus honesta, eadem etiam ignavis tutissima sunt. Priores pugnae, quibus adversus Romanos varia fortuna certatum est, spem ac subsidium in nostris manibus habebant, quia nobilissimi totius Britanniae eoque in ipsis penetralibus siti nec ulla servientium litora aspicientes, oculos quoque a contactu dominationis inviolatos habebamus. nos terrarum ac libertatis extremos recessus ipse ac sinus famae in hunc diem defendit: nunc terminus Britanniae patet, atque omne ignotum pro magnifico est; sed nulla iam ultra gens, nihil nisi fluctus ac saxa, et infestiores Romani, quorum superbiam frustra per obsequium ac modestiam effugias. Raptores orbis, postquam cuncta vastantibus defuere terrae, mare scrutantur: si locuples hostis est, avari, si pauper, ambitiosi, quos non Oriens, non Occidens satiaverit: soli omnium opes atque inopiam pari adfectu concupiscunt. Auferre trucidare rapere falsis nominibus imperium, atque ubi solitudinem faciunt, pacem appellant.
Prima traduzione
Tutte le volte che considero le cause della guerra e le nostre ineluttabilità, ho grande fiducia che questo giorno e il vostro accordo segnino l'inizio della libertà per tutta la Britannia. infatti sia vi siete uniti tutti quanti e sia siete immuni dalla schiavitù sia non ci sono terre oltre questa e nessun mare è sicuro, poichè ci sovrasta la flotta romana. perciò lo scontro armato, che è motivo di onore per i valorosi, è lo strumento più sicuro anche per i vili. le precedenti battaglie, in cui si combattè con alterna fortuna contro i Romani, riponevano nelle nostre mani una speranza e una aiuto, e perciò collocati nelle parti più remote, poichè noi, i più nobili di tutta la Britanni, che non guardavamo nessuna costa abitata da schiavi, avevamo anche gli occhi puri dal contatto con la tirannide. lo stesso isolamento geografico e l'oscurità della fama protegge in questo giorno noi che siamo posti agli estremi confini delle terre e siamo gli ultimi uomini liberi. ora si aprono gli estremi confini della britannia e l'ignoto è un fascino: ma ormai non c'è nessun popolo più in là fuorchè i flutti e gli scogli e ancora più ostili i roamni, alla cui arroganza potresti sfuggire con la sudditanza e la docilità. devastatori del mondo, dopo che mancano a loro le terre, che devastano ogni cosa, vanno a frugare il mare: avidi se il nemico è ricco, arroganti se è povero, gente che nè l'Oriente nè l'Occidente possono saziare; soli fra tutti bramano con pari smania ricchezze e miseria. rubare, massacrare, rapinare con falso nome lo chiamano impero; dove fanno il deserto, dicono che è la pace.


Seconda traduzione
30. «Quando ripenso alle cause della guerra e
alla terribile situazione in
cui versiamo, nutro la grande speranza che questo giorno, che vi vede concordi, segni per tutta la Britannia l'inizio della libertà. Sì, perché per voi tutti qui accorsi in massa, che non sapete cosa significhi
servitù, non c'è altra terra oltre questa e neanche il mare è sicuro, da
quando su di noi incombe la flotta romana. Perciò combattere con le armi in pugno, scelta gloriosa dei forti, è sicura difesa anche per i meno coraggiosi. I nostri compagni che si sono battuti prima d'ora con varia fortuna contro i Romani avevano nelle nostre braccia una speranza e un aiuto, perché noi, i più nobili di tutta la Britannia - perciò vi abitiamo proprio nel cuore, senza neanche vedere le coste dove risiede chi ha accettato la servitù - avevamo perfino gli occhi non contaminati dalla dominazione romana. Noi, al limite estremo del mondo e della libertà, siamo stati fino a oggi protetti dall'isolamento e dall'oscurità del nome. Ora si aprono i confini ultimi della Britannia e l'ignoto è un fascino: ma dopo di noi non ci sono più popoli, bensì solo scogli e onde e il flagello peggiore, i Romani, alla cui prepotenza non fanno difesa la sottomissione e l'umiltà. Predatori del mondo intero, adesso che mancano terre alla loro sete di totale devastazione, vanno a frugare anche il mare: avidi se il nemico è ricco, arroganti se povero, gente che né l'oriente né l'occidente possono saziare; loro soli bramano possedere con pari smania ricchezze e miseria. Rubano, massacrano, rapinano e, con falso nome, lo chiamano impero; infine, dove fanno il deserto, dicono che è la pace.”
Traduzione inglese
"Whenever I consider the origin of this war and the necessities of our position, I have a sure confidence that this day, and this union of yours, will be the beginning of freedom to the whole of Britain. To all of us slavery is a thing unknown; there are no lands beyond us, and even the sea is not safe, menaced as we are by a Roman fleet. And thus in war and battle, in which the brave find glory, even the coward will find safety. Former contests, in which, with varying fortune, the Romans were resisted, still left in us a last hope of succour, inasmuch as being the most renowned nation of Britain, dwelling in the very heart of the country, and out of sight of the shores of the conquered, we could keep even our eyes unpolluted by the contagion of slavery To us who dwell on the uttermost confines of the earth and of freedom, this remote sanctuary of Britain's glory has up to this time been a defence. Now, however, the furthest limits of Britain are thrown open, and the unknown always passes for the marvellous. But there are no tribes beyond us, nothing indeed but waves and rocks, and the yet more terrible Romans, from whose oppression escape is vainly sought by obedience and submission. Robbers of the world, having by their universal plunder exhausted the land, they rifle the deep. If the enemy be rich, they are rapacious; if he be poor, they lust for dominion; neither the east nor the west has been able to satisfy them. Alone among men they covet with equal eagerness poverty and riches. To robbery, slaughter, plunder, they give the lying name of empire; they make a solitude and call it peace.


Traduzione personale
Ripensando alle cause della guerra e alla nostra ineluttabilità, ho la sicurezza che questo giorno, la vostra unione, segnerà  l’inizio della libertà per tutta la Britannia. Tutti voi che siete accorsi qui non sapete che cos’è la schiavitù; non c’è alcuna terra dopo questa e il mare non è sicuro per la minacciosa flotta romana. Cimentarsi in battaglia perciò, dove i coraggiosi trovano la gloria, è fonte di sicurezza anche per gli ignavi. Nelle precedenti battaglie, in cui si combattè contro i romani con alterna fortuna, avevamo nelle nostre mani una speranza e un aiuto, essendo i più nobili di tutta la Britannia. Noi abitiamo nel cuore del paese, lontani dalle coste e dalle persone che hanno accettato la schiavitù, i nostri occhi non sono stati contaminati dalla dominazione romana. La nostra terra al limite estremo del mondo ci protegge e ci mantiene in libertà. Ora si aprono gli estremi confini della Britannia e l’ignoto è affascinante. Ma dopo di noi non vi è più alcun popolo, solo scogli, onde e il peggiore dei mali, i romani,  alla cui arroganza si può fuggire solo con la sottomissione. Predatori del mondo, ora che hanno esaurito le terre si spingono in mare: avidi con i ricchi, spietati con i poveri. La loro brama di potere è insaziabile. Rubano, massacrano, rapinano nel falso nome dell’impero, infine dove fanno il deserto dicono di aver portato la pace.

Testo latino (3)
Nunc demum redit animus; et quamquam primo statim beatissimi saeculi ortu Nerva Caesar res olim dissociabilis miscuerit, principatum ac libertatem, augeatque cotidie felicitatem temporum Nerva Traianus, nec spem modo ac votum securitas publica, sed ipsius voti fiduciam ac robur adsumpserit, natura tamen infirmitatis humanae tardiora sunt remedia quam mala; et ut corpora nostra lente augescunt, cito extinguuntur, sic ingenia studiaque oppresseris facilius quam revocaveris: subit quippe etiam ipsius inertiae dulcedo, et invisa primo desidia postremo amatur. Quid, si per quindecim annos, grande mortalis aevi spatium, multi fortuitis casibus, promptissimus quisque saevitia principis interciderunt, pauci et, ut ita dixerim, non modo aliorum sed etiam nostri superstites sumus, exemptis e media vita tot annis, quibus iuvenes ad senectutem, senes prope ad ipsos exactae aetatis terminos per silentium venimus? Non tamen pigebit vel incondita ac rudi voce memoriam prioris servitutis ac testimonium praesentium bonorum composuisse. Hic interim liber honori Agricolae soceri mei destinatus, professione pietatis aut laudatus erit aut excusatus.
Prima traduzione
Ora finalmente si ricomincia a respirare. Ma benché sin dal principio di questa felice età Nerva Cesare abbia saputo armonizzare due cose da tempo inconciliabili, il principato e la libertà, e Nerva Traiano accresca ogni giorno la felicità dei nostri tempi, e la sicurezza collettiva non si regga più su speranze o desideri ma sulla solida certezza di possederla davvero, tuttavia la stessa fragilità della natura umana rende l'effetto della cura più lento del diffondersi della malattia; e come per i nostri corpi è lenta la crescita, ma rapida la dissoluzione, così è tanto più facile soffocare l'intelligenza e le sue opere che non rianimarle: perché s'insinua nell'animo la dolcezza dell'inerzia, e l'inattività, da principio faticosa, diventa alla fine gradevole. E così in quindici anni, che è tratto non piccolo della vita mortale, molti se ne sono andati per le vicende del caso, ma tutti i più animosi sono caduti per la crudeltà del principe. In pochi siamo ormai sopravvissuti non solo agli altri, ma vorrei dire a noi stessi: perché dal pieno della nostra vita dobbiamo cancellare tanti anni nel corso dei quali, costretti al silenzio, se giovani ci siamo fatti vecchi e se già maturi abbiamo toccato le soglie estreme dell'esistenza. Pure non sarà inutile documentare, anche se con parole rozze e inefficaci, la passata servitù e testimoniare il buon governo presente. A ogni modo questo scritto, destinato a onorare mio suocero Agricola, possa, per la testimonianza di affetto che esprime, trovare apprezzamento o, almeno, essere scusato.
Seconda traduzione
Ora finalmente il coraggio fa ritorno; ma quantunque sin dal principio di questa età molto serena Nerva Cesare abbia associato entità un tempo assolutamente discordi il principato e la libertà, e quantunque Nerva Traiano accresca ogni giorno la felicità dei nostri tempi, e la sicurezza pubblica non si regga più su speranze o desideri ma sulla solida certezza di possederla davvero, tuttavia la stessa fragilità della natura umana rende l'effetto della cura più lento del diffondersi della malattia; e come per i nostri corpi è lenta la crescita, ma rapida la dissoluzione, così è tanto più facile soffocare l'intelligenza e le sue opere che non rianimarle: perché s'insinua nell'animo la dolcezza dell'inerzia, e l'inattività, da principio faticosa, diventa alla fine gradevole. Che cosa se per quindici anni, gran parte della vita umana, molti morirono per incidenti fortuiti, ogni ingegno più alacre per la ferocia del principe; in pochi siamo ormai sopravvissuti non solo agli altri, ma vorrei dire a noi stessi: tanti anni essendoci stati strappati dalla nostra medesima vita, nei quali in silenzio siamo arrivati, i giovani alla vecchiaia, i vecchi quasi agli stessi confini della propria vita. Pure non mi rincrescerà di aver raffigurato sebbene con eloquio artisticamente inadatto la memoria della precedente servitù e la testimonianza dei beni presenti. Frattanto questo libro, destinato per lonore di Agricola, mio suocero, o sarà lodato o tollerato come un effusione daffetto filiale.

Traduzione inglese
Now at last our spirit is returning. And yet, though at the dawn of a most happy age Nerva Cæsar blended things once irreconcilable, sovereignty and freedom, though Nerva Trajan is now daily augmenting the prosperity of the time, and though the public safety has not only our hopes and good wishes, but has also the certain pledge of their fulfillment, still, from the necessary condition of human frailty, the remedy works less quickly than the disease. As our bodies grow but slowly, perish in a moment, so it is easier to crush than to revive genius and its pursuits. Besides, the charm of indolence steals over us, and the idleness which at first we loathed we afterwards love. What if during those fifteen years, a large portion of human life, many were cut off by ordinary casualties, and the ablest fell victims to the Emperor's rage, if a few of us survive, I may almost say, not only others but our ownselves, survive, though there have been taken from the midst of life those many years which brought the young in dumb silence to old age, and the old almost to the very verge and end of existence! Yet we shall not regret that we have told, though in language unskilful and unadorned, the story of past servitude, and borne our testimony to present happiness. Meanwhile this book, intended to do honour to Agricola, my father-in-law, will, as an expression of filial regard, be commended, or at least excused.







Traduzione personale

Ora finalmente il coraggio fa ritorno. Ma sebbene sin dal principio di questa felice età Nerva Cesare abbia saputo armonizzare due concetti da tempo incompatibili, il principato e la libertà, e Nerva Traiano accresca ogni giorno la felicità dei nostri tempi, e la sicurezza collettiva non si regga più su aspettative e desideri ma sulla convinzione di possederla veramente, ciò nonostante la medesima fragilità della natura umana rende la realizzazione della cura più lenta del diffondersi della malattia; e nella stessa maniera in cui è lenta la crescita dei nostri corpi ma rapida la loro dissoluzione, allo stesso modo è tanto più semplice soffocare l'intelligenza e le sue opere che non rianimarle: perché la dolcezza dell'inerzia persuade l'animo e l'inattività, in principio ardua, diventa infine piacevole. E così in quindici anni, che rappresentano un tratto non breve della vita mortale, molti si spensero per le vicende del caso, ma tutti i più ostili sono caduti per la spietatezza del principe. In pochi siamo ormai sopravvissuti non solo agli altri, ma vorrei dire a noi stessi: perché dobbiamo cancellare tanti anni nel corso dei quali, costretti al silenzio, i giovani sono arrivati alla vecchiaia e i vecchi quasi ai confini della propria esistenza. Pure non mi rincrescerà aver rappresentato, sebbene con parole inadatte, la memoria della passata servitù e la testimonianza del buon governo presente. Ad ogni modo questo scritto, destinato a omaggiare mio suocero Agricola, possa, grazie alla testimonianza d'affetto che esprime, essere apprezzato o, almeno, scusato.
SENECA
Dal De brevitatae vitae, capitolo  I
Maior pars mortalium, Pauline, de naturae malignitate conqueritur, quod in exiguum aevi gignimur, quod haec tam velociter, tam rapide dati nobis temporis spatia decurrant, adeo ut exceptis admodum paucis ceteros in ipso vitae apparatu vita destituat. Nec huic publico, ut opinantur, malo turba tantum et imprudens vulgus ingemuit; clarorum quoque virorum hic affectus querellas evocavit. Inde illa maximi medicorum exclamatio est: "vitam brevem esse, longam artem". Inde Aristotelis cum rerum natura exigentis minime conveniens sapienti viro lis: "aetatis illam animalibus tantum indulsisse, ut quina aut dena saecula educerent, homini in tam multa ac magna genito tanto citeriorem terminum stare". Non exiguum temporis habemus, sed multum perdidimus. Satis longa vita et in maximarum rerum consummationem large data est, si tota bene collocaretur; sed ubi per luxum ac neglegentiam diffluit, ubi nulli bonae rei impenditur, ultima demum necessitate cogente, quam ire non intelleximus transisse sentimus. Ita est: non accipimus brevem vitam sed fecimus, nec inopes eius sed prodigi sumus. Sicut amplae et regiae opes, ubi ad malum dominum pervenerunt, momento dissipantur, at quamvis modicae, si bono custodi traditae sunt, usu crescunt: ita aetas nostra bene disponenti multum patet.
NOTA
Paolino è il dedicatario del De brevitate vitae. Su questo personaggio Seneca non fornisce precise indicazioni, limitandosi a definirlo un alto funzionario imperiale. Quasi certa, comunque, l’identificazione con Pompeo Paolino, prefetto dell’annona (cioè supervisore dei rifornimenti di grano, carica istituita da Ottaviano Augusto) e padre di Paolina, moglie di Seneca. La data di composizione dell’opera è discussa, oscillando fra il 49 e il 62.
La maggioranza dei mortali, o Paolino, lamenta  la malvagità della natura, perché siamo messi al      mondo per un breve tempo, perché questo tempo a noi concesso trascorre così velocemente, così in fretta che, tranne pochissimi, la vita cessa al suo stesso sorgere. Né di tale calamità, comune a tutti, come noto, si lamentò solo la moltitudine e il popolo privo di senno;questo stato d’animo suscitò le lamentele anche di personaggi famosi. Da qui la famosa proclamazione del più illustre dei medici, che la vita è breve, l’arte lunga; di qui la contesa, poco decorosa per un saggio, dell’esigente Aristotele con la natura delle cose, perché essa è stata tanto benevola nei confronti degli animali, che possono vivere cinque o dieci generazioni, ed invece ha concesso un tempo tanto più breve all’uomo, nato a tante e così grandi cose. Noi non disponiamo di poco tempo, ma ne abbiamo perduto molto. La vita è lunga abbastanza e ci è stata data con larghezza per la realizzazione delle più grandi imprese, se fosse impiegata tutta con diligenza; ma quando essa trascorre nello spreco e nell’indifferenza, quando non viene spesa per nulla di buono, spinti alla fine dall’estrema necessità, ci accorgiamo che essa è passata e non ci siamo accorti del suo trascorrere. È così: non riceviamo una vita breve, ma l’abbiamo resa noi, e non siamo poveri di essa, ma prodighi. Come sontuose e regali ricchezze, quando siano giunte ad un cattivo padrone, vengono dissipate in un attimo,ma, benché modeste, se vengono affidate ad un buon custode, si incrementano con l’investimento, così la nostra vita molto si estende per chi sa bene gestirla.
TUTTE LE PROPOSIZIONI PRINCIPALI SONO SOTTOLINEATE
Quod…gignimur: subordinata CAUSALE (quod, quia, quoniam + indicativo o congiuntivo).
Quod …decurrant: subordinata CAUSALE (in coordinazione per asindeto con la precedente).
Adeo ut…destituat: subordinata CONSECUTIVA.
Exceptis paucis: ABLATIVO ASSOLUTO CON PARTICIPIO PERFETTO, VALORE PASSIVO E PASSATO.
UT opinantur : proposizione PARENTETICA e MODALE
Clarorum…evocavit: coordinata per ASINDETO
“Vitam…artem”: infinitiva EPESEGETICA  (esplicativa).
“aetatis…indulsisse”: infinitiva EPESEGETICA.
Ut …educerent: [introdotta da TANTUM, nella proposizione sopra]: subordinata CONSECUTIVA
Homini…stare: coordinata per asindeto alla subordinata consecutiva.
Sed…perdidimus: coordinata AVVERSATIVA.
Si…collocaretur: protasi di periodo ipotetico (l’apodosi è la principale sottolineata), ovvero SUBORDINATA CONDIZIONALE. Si tratta di periodo del III tipo, con est che funge da FALSO CONDIZIONALE  e COLLOCARETUR che è un imperfetto congiuntivo, indizio della presenza di un PERIODO IPOTETICO.
Ubi…diffluit, ubi… impenditur: subordinate TEMPORALI coordinate tra loro per asindeto.
Necessitate cogente: ABLATIVO ASSOLUTO con participio presente, contemporaneità con la principale, valore ATTIVO.
Sed…sentimus: coordinata AVVERSATIVA
Transisse: INFINITIVA
Et non intelleximus: coordinata per ASINDETO.
quam ire: INFINITIVA (contiene un NESSO RELATIVO et eam, soggetto della prima infinitiva, mentre l’et si unisce a non intelleximus).
Non…brevem vitam: coordinata per ASINDETO.
Sed fecimus: coordinata AVVERSATIVA.
Nec…sumus: coordinata NEGATIVA.
Ubi…pervenerunt: subordinata TEMPORALE.
At…crescunt: coordinata AVVERSATIVA.
Si traditae sunt: CONDIZIONALE (protasi del I tipo).
Ita…patet: coordinata per ASINDETO.

capiolo II
Quid de rerum naturā querimurIlla se benigne gessit: vita, si uti scias, longa est. At alium insatiabilis tenet avaritia, alium in supervacuis laboribus operosa sedulitas; alius vino madet, alius inertiā torpet; alium defatigat ex alienis iudiciis suspensa semper ambitio, alium mercandi praeceps cupiditas circa omnis terras, omnia maria spe lucri ducit; quosdam torquet cupido militiae, numquam non aut alienis periculis intentos aut suis anxios; sunt quos ingratus superiorum cultus voluntariā servitute consumat; multos aut adfectatio alienae fortunae aut suae querella detinuit; plerosque nihil certum sequentis vaga et inconstans et sibi displicens levitas per nova consilia iactavit; quibusdam nihil quo cursum derigant placet, sed marcentis oscitantisque fata deprendunt, adeo ut quod apud maximum poetarum more oraculi dictum est verum esse non dubitem: "exigua pars est vitae quā vivimus." Ceterum quidem omne spatium non vita sed tempus estUrgent et circumstant vitia undique nec resurgere aut in dispectum veri attollere oculos sinunt, sed mersos et in cupiditatem infixos premunt. Numquam illis recurrere ad se licet; si quando aliqua fortuito quies contigit, velut profundum mare, in quo post ventum quoque volutatio est, fluctuantur, nec umquam illis a cupiditatibus suis otium est. De istis me putas dicere quorum in confesso mala sunt? aspice illos ad quorum felicitatem concurritur: bonis suis soffocantur. Quam multis divitiae graves suntquam multorum eloquentia et cotidiana ostentandi ingenii occupatio sanguinem educitquam multi continuis voluptatibus pallentquam multis nihil liberi relinquit circumfusus clientium populusOmnis, his illos dinosci videbis notis: ille illius cultor est, hic illius; suus nemo est. Deinde dementissima quorundam indignatio est: queruntur de superiorum fastidio, quod ipsis adire volentibus non vacaverint! Audet denique de alterius superbiā queri qui sibi ipse numquam vacat? Ille tamen te, quisquis es, insolenti quidem vultu sed aliquando respexit, ille aures suas ad tua verba demisit, ille te ad latus suum recepit: tu non inspicere te umquam, non audire dignatus es. Non est itaque quod ista officia cuiquam inputes, quoniam quidem, cum illa faceres, non esse cum alio volebas sed tecum esse non poteras.
II
Perché ci lamentiamo della natura ? Essa si è comportata in maniera benevola: la vita è lunga, se sai usarla. Invece uno è preda d’insaziabile avidità, un altro da vuote occupazioni in un frenetico attivismo; uno s’infiacchisce col vino, un altro languisce nell’inerzia; uno è esaurito da  un’ambizione assoggettata ai giudizi altrui, un altro è sballottato per tutte le terre da un’avventata bramosia del commercio, per tutti i mari dal miraggio del guadagno; alcuni tortura la smania della guerra, vogliosi di creare pericoli agli altri o preoccupati dei propri; vi sono altri che logora in una volontaria schiavitù l’ingrato ossequio dei potenti; molti sono vittime della brama  dell’altrui fortuna o dalla deplorazione della propria; la maggior parte, che non ha riferimenti stabili, viene sospinta a mutar parere da una leggerezza volubile ed instabile e pervasa di scontento, a certuni non piace nulla a cui drizzar la rotta, ma vengono sorpresi dal destino intorpiditi e neghittosi, sicché non ho alcun dubbio che sia vero ciò che vien detto, sotto forma di oracolo, dal più grande dei poeti: “è esigua la parte  di vita che viviamo”. Infatti tutto lo spazio rimanente non è vita, ma tempo. I vizi premono ed assediano da ogni parte e non permettono di risollevarsi o alzare gli occhi a discernere il vero, ma li schiacciano immersi ed inchiodati al piacere. Giammai ad essi è permesso rifugiarsi in se stessi; se talora gli tocca per caso un attimo di tregua, come in alto mare, dove anche dopo il vento vi è perturbazione, ondeggiano e mai trovano pace alle loro passioni. Pensi che io parli di costoro, i cui mali sono evidenti? Guarda quelli, alla cui buona sorte si accorre: sono soffocati dai loro beni. Per quanti le ricchezze costituiscono un fardello! A quanti fa sputar sangue l’eloquenza e la quotidiana ostentazione del proprio ingegno! Quanti sono pallidi per i continui piaceri! A quanti non lascia un attimo di respiro l’ossessionante calca dei clienti! Dunque, passa in rassegna tutti costoro, dai più umili ai più potenti: questo cerca un avvocato, questo è presente, quello cerca di esibire le prove, quello difende, quello è giudice, nessuno rivendica per se stesso la propria libertà, ci si consuma l’uno per l’altro. Informati di costoro, i cui nomi si imparano, vedrai che essi riconoscono da questi segni: questo è cultore di quello, quello di quell’altro; nessuno appartiene a se stesso. Insomma è estremamente irragionevole lo sdegno di taluni: si lamentano dell’alterigia dei potenti, perché questi non hanno il tempo di venire incontro ai loro desideri. Osa lagnarsi della superbia altrui chi non ha tempo per sé? Quello [si riferisce a un ipotetico “potente”] almeno, chiunque tu sia, benché con volto arrogante tuttavia  qualche volta ti ha guardato, ha abbassato le orecchie alle tue parole, ti ha accolto al suo fianco: viceversa tu non ti sei mai degnato di guardare dentro di te, di ascoltarti. Non vi è motivo perciò di rinfacciare ad alcuno questi servigi, poiché li hai fatti non perché desideravi stare con altri, ma perché non potevi stare con te stesso.

TUTTE LE PROPOSIZIONI PRINCIPALI SONO SOTTOLINEATE
Si scias: congiuntivo eventuale, che si può rendere con l’indicativo.
Avaritia: da intendersi come avidità; in questa rassegna delle occupazioni e delle passioni che abbreviano la vita umana, la martellante anafora di alium  e alius con variatio di costrutto conferisce forza al discorso.
L’operosa sedulitas, premuroso affannarsi, è in antitesi con la successiva inertia.
Alius inertia torpet, un altro è intorpidito dall’ozio.
Numquam non, doppia negazione, ha valore affermativo.
Sunt quos, sta per sunti ii quos, oggetto di consumat.
Multos è una variatio rispetto a alium, alius, quosdam e quos.
Sequentis sta per sequentes, participio attributivo di plerosque.
Marcentis sta per marcentes come oscitantisque per oscitantesque
Apud maximum poetarum: sono stati ipotizzati Omero, Virgilio, ma è probabile che si tratti di Menandro, a patto di sostituire a poetarumcomicorum.
Non dubitem: consecutiva.
Ad quorum felicitatem concurrunt: in Seneca la parola felicitas è portatrice dell’originario significato di ricchezza, fecondità, protezione degli dei.
Quam multorum…sanguinem: l’allusione è diretta  a quanti quotidianamente si “ammazzano” per emergere, incuranti di instaurare un vero rapporto con se stessi e di una gestione più saggia del proprio tempo.
 Seneca, De brevitate vitae, 10, 2-5
In tria tempora vita dividitur: quod fuit, quod est, quod futurum est. Ex his quod agimus breve est, quod acturi sumus dubium, quod egimus certum. Hoc est enim in quod fortuna ius perdidit, quod in nullius arbitrium reduci potest. Hoc amittunt occupati; nec enim illis vacat praeterita respicere, et si vacet iniucunda est paenitendae rei recordatio. Inviti itaque ad tempora male exacta animum revocant nec audent ea retemptare quorum vitia, etiam quae aliquo praesentis voluptatis lenocinio surripiebantur, retractando patescunt. Nemo, nisi cui omnia acta sunt sub censura sua, quae numquam fallitur, libenter se in praeteritum retorquet: ille qui multa ambitiose concupiit superbe contempsit, impotenter vicit insidiose decepit, avare rapuit prodige effudit, necesse est memoriam suam timeat. Atqui haec est pars temporis nostri sacra ac dedicata, omnis humanos casus supergressa, extra regnum fortunae subducta, quam non inopia, non metus, non morborum incursus exagitet; haec nec turbari nec eripi potest; perpetua eius et intrepida possessio est.
La vita si articola in tre momenti: quel ch’è stato, quel che è, quel che sarà. Fra questi l’agire nel momento è breve, quello futuro dubbio, certo ciò che abbiamo fatto. Sul passato la fortuna non ha giurisdizione, perché esso non può essere soggetto all’arbitrio di nessuno. A perderlo sono gli indaffarati: infatti non hanno tempo di occuparsi del passato, e, se l’hanno, è spiacevole il ricordo di qualcosa di cui hanno da pentirsi. Di malavoglia pertanto tornano col pensiero a momenti trascorsi malamente, e nemmeno osano riesaminare eventi la cui imperfezione, anche ricorrendo all’inganno di una contraffazione prodotta dal piacere presente, si rende manifesta  nell’atto del  ricordare. Nessuno, se non chi ha agito sempre secondo il proprio giudizio,  e non si inganna mai, si volge volentieri a considerare il passato: quello che ha coltivato smodate ambizioni, praticato il superbo disprezzo, vinto con prepotenza, ingannato subdolamente, rubato avidamente, sprecato con leggerezza, inevitabilmente teme i ricordi. Eppure, questa è una parte del nostro tempo degna di venerazione e onore, posta al di sopra dei casi umani, sottratta al controllo della sorte, intangibile da povertà, timore, malattie; essa non può essere né turbata né tolta; il possesso di lei è perenne e immutabile.
Seneca,  Epistulae ad Lucilium, 7, 1-3 http://www2.classics.unibo.it/Didattica/LatBC/SenEpist1.pdf
Ita fac, mi Lucili: vindica te tibi, et tempus quod adhuc aut auferebatur aut subripiebatur aut excidebat collige et serva. Persuade tibi hoc sic esse ut scribo: quaedam tempora eripiuntur nobis, quaedam subducuntur, quaedam effluunt. Turpissima tamen est iactura quae per neglegentiam fit. Et si volueris adtendere, magna pars vitae elabitur male agentibus, maxima nihil agentibus, tota vita aliud agentibus. 2. Quem mihi dabis qui aliquod pretium tempori ponat, qui diem aestimet, qui intellegat se cotidie mori? In hoc enim fallimur, quod mortem prospicimus: magna pars eius iam praeterìt; quidquid aetatis retro est mors tenet. Fac ergo, mi Lucili, quod facere te scribis, omnes horas conplectere; sic fiet ut minus ex crastino pendeas, si hodierno manum inieceris. Dum differtur vita transcurrit. 3. Omnia, Lucili, aliena sunt, tempus tantum nostrum est; in huius rei unius fugacis ac lubricae possessionem natura nos misit, ex qua expellit quicumque vult. Et tanta stultitia mortalium est ut quae minima et vilissima sunt, certe reparabilia, inputari sibi cum inpetravere patiantur, nemo se iudicet quicquam debere qui tempus accepit, cum interim hoc unum est quod ne gratus quidem potest reddere […]
Seneca saluta il suo Lucilio. 1. Fai così, o mio Lucilio, rivendica te stesso per te, e il tempo che finora ti veniva portato via o sottratto o ti sfuggiva, mettilo da parte e custodiscilo. Persuaditi che queste cose stanno come ti scrivo. parte del nostro tempo ci è strappata via, parte sottratta, una parte scorre via. Ma lo spreco più vergognoso è quello che avviene per trascuratezza. E se vorrai farci attenzione, gran parte della vita scorre via nel far male, la massima parte nel non far nulla, tutta la vita nel fare altro. 2. Trovami uno che attribuisca un qualche valore al tempo, che apprezzi il valore di una giornata, che comprenda di morire giorno dopo giorno. In questo ci inganniamo, per il fatto che noi vediamo la morte davanti a noi: gran parte di essa invece è già passata; tutto il tempo che ci sta alle spalle appartiene alla morte. Fa’ dunque, o mio Lucilio, ciò che mi scrivi di stare facendo: tienti stretta ogni ora. Così potrai dipendere meno dal futuro, se prenderai possesso dell’oggi. Mentre si differisce, la vita passa Tutto ci è estraneo, Lucilio, solo il tempo è nostro; la natura ci ha fatto entrare in possesso di questa sola cosa, fugace e incerta, da cui ci esclude chiunque vuole. E la stoltezza degli uomini è così grande che si riconoscono debitori 3 per avere ottenuto beni di scarsissima importanza e valore, certamente recuperabili, mentre nessuno che abbia ricevuto il tempo in dono, ritiene di essere in debito; questo è invece l’unico bene che neppure una persona che prova gratitudine può restituire.

Agostino, Confessiones, I, 12, 19, II, 1,1
Testo in latino – Agostino, Confessiones LIBER I, 12. 19.
Non amabat litteras, in quas urgebatur.In ipsa tamen pueritia, de qua mihi minus quam de adulescentia metuebatur, non amabam litteras et me in eas urgeri oderam; et urgebar tamen et bene mihi fiebat, nec faciebam ego bene; non enim discerem, nisi cogerer. Nemo autem invitus bene facit, etiamsi bonum est quod facit. Nec qui me urgebant, bene faciebant, sed bene mihi fiebat abs te, Deus meus. Illi enim non intuebantur, quo referrem quod me discere cogebant praeterquam ad satiandas insatiabiles cupiditates copiosae inopiae et ignominiosae gloriae. Tu vero, cui numerati sunt capilli nostri, errore omnium, qui mihi instabant ut discerem, utebaris ad utilitatem meam, meo autem qui discere nolebam, utebaris ad poenam meam, qua plecti non eram indignus tantillus puer et tantus peccator. Ita non de bene facientibus tu bene faciebas mihi et de peccante me ipso iuste retribuebas mihi. Iussisti enim et sic est, ut poena sua sibi sit omnis inordinatus animus.
Analisi del periodo:
In ipsa tamen pueritia, de qua mihi minus quam de adulescentia metuebatur: coordinata avversativa
Non amabam litteras: PP
et me in eas urgeri oderam; et urgebar tamen et bene mihi fiebat: coordinate copulative
nec faciebam ego bene: coordinata negativa
non enim discerem, nisi cogerer: coordinate per asindeto
Nemo autem invitus bene facit: PP
etiamsi bonum est: subordinata concessiva
quod facit: subordinata causale
Nec qui me urgebant: coordinata negativa
bene faciebant: PP
sed bene mihi fiebat abs te: coordinata avversativa
Deus meus: vocazione
Illi enim non intuebantur: PP
quo referrem: subordinata relativa
quod cogebant: subordinata causale
me discere praeterquam ad satiandas insatiabiles cupiditates copiosae inopiae et ignominiosae gloriae: subordinata infinitiva
Tu vero utebaris ad utilitatem meam errore omnium: PP
cui numerati sunt capilli nostri: subordinata relativa
qui mihi instabant: subordinata relativa
ut discerem: subordinata finale
utebaris ad poenam meam: PP
meo autem qui nolebam: subordinata relativa
discere: subordinata infinitiva
qua plecti non eram indignus tantillus puer et tantus peccator: subordinata relativa
tu bene faciebas mihi: PP
non de bene facientibus: subordinata di mezzo
et de peccante me ipso iuste retribuebas mihi: coordinata copulativa
Iussisti enim: PP
et sic est: coordinata copulativa
ut poena sua sibi sit omnis inordinatus animus: subordinata finale

Carlo Vitali (1958)Costrizione allo studio
E tuttavia, proprio nella fanciullezza, fonte di timori ben minore che non l'adolescenza, io non amavo lo studio e non potevo sopportare di esservi costretto: ma pur mi si costringeva: il che era un bene per me, ma io non agivo bene; non avrei imparato senza costrizione. Nessuno infatti agisce bene contro voglia, anche se è bene quello che fa. Ed anche coloro che mi sforzavano non agivano rettamente: ma il mio bene mi veniva da Te, mio Dio. Ché essi non miravano ad altro scopo nello studio a cui mi spingevano se non a quello di saziare le cupidigie insaziabili di miseranda ricchezza e di gloria ingloriosa. Ma Tu, «che conosci il numero dei capelli del nostro capo», sapevi volgere a mio profitto l'errore di quelli che mi forzavano allo studio e volgere a mio castigo il mio di non voler imparare, castigo che ben meritavo, così piccolo fanciullo e così grande peccatore. Così da quelli che non agivano bene. Tu traevi il mio bene, e a me davi giusto guiderdone del mio peccato. Tu infatti hai stabilito, come giustizia vuole, che ogni moto disordinato dell'animo sia castigo a se stesso.

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