2 ottobre 2012
Gli adolescenti non amano il rischio: lo ignorano
I ragazzi non sono sempre attratti dal pericolo.
Un nuovo studio sperimentale ha infatti dimostrato che ciò è vero solo quando
sono inconsapevoli del livello del rischio a cui vanno incontro: quando vengono
opportunamente informati, sono addirittura più cauti delle persone più mature.
La ragione di questo comportamento sarebbe quindi una maggiore accettazione
delle situazioni in cui i rischi sono incerti (red)
Gli adolescenti
sono più sprezzanti del pericolo rispetto agli adulti? Un mito da sfatare,
secondo i risultati di uno studio condotto presso la Yale's School of Medicine
della New York University.Una serie di test comportamentali, pubblicati sui
“Proceedings of the National Academy of Sciences”, indicano infatti che i
ragazzi non sono affatto più propensi a rischiare: semplicemente, non sono
consapevoli di ciò a cui vanno incontro. Se opportunamente informati, infatti,
si rivelano perfino più cauti degli adulti.
“I nostri risultati rivelano che i teenager si mettono in situazioni poco sicure non perché sono attratti dal rischio o dal pericolo, ma piuttosto perché non sono abbastanza informati delle possibili conseguenze negative delle loro azioni”, spiega Agnieszka Tymula, ricercatore del Center for Neural Science della NYU e coautore dello studio. “Quando capiscono veramente che la situazione è rischiosa, sono persino più prudenti degli adulti. La scoperta offre nuove possibilità per comunicare con gruppi di questa età: fornire agli adolescenti informazioni statistiche sui comportamenti pericolosi o un addestramento che permetta loro di comprendere bene i rischi può essere efficace nell'imporre loro dei limiti.”
I ricercatori hanno studiando il comportamento di gruppi di adolescenti tra i 12 e i 17 anni e di adulti tra i 30 e i 50 anni, nel corso di una serie di test in cui era richiesto di prendere alcune decisioni finanziarie, ciascuna delle quali con un diverso grado di rischio. In ogni prova, i soggetti dovevano scegliere tra una ricompensa garantita di cinque dollari e una lotteria con un certo rischio a priori oppure con rischio sconosciuto. Nel primo caso, la lotteria consentiva di vincere diverse cifre con differenti probabilità: 5 dollari (13 per cento), 8 dollari (25 per cento) 20 dollari (38 per cento)
“I nostri risultati rivelano che i teenager si mettono in situazioni poco sicure non perché sono attratti dal rischio o dal pericolo, ma piuttosto perché non sono abbastanza informati delle possibili conseguenze negative delle loro azioni”, spiega Agnieszka Tymula, ricercatore del Center for Neural Science della NYU e coautore dello studio. “Quando capiscono veramente che la situazione è rischiosa, sono persino più prudenti degli adulti. La scoperta offre nuove possibilità per comunicare con gruppi di questa età: fornire agli adolescenti informazioni statistiche sui comportamenti pericolosi o un addestramento che permetta loro di comprendere bene i rischi può essere efficace nell'imporre loro dei limiti.”
I ricercatori hanno studiando il comportamento di gruppi di adolescenti tra i 12 e i 17 anni e di adulti tra i 30 e i 50 anni, nel corso di una serie di test in cui era richiesto di prendere alcune decisioni finanziarie, ciascuna delle quali con un diverso grado di rischio. In ogni prova, i soggetti dovevano scegliere tra una ricompensa garantita di cinque dollari e una lotteria con un certo rischio a priori oppure con rischio sconosciuto. Nel primo caso, la lotteria consentiva di vincere diverse cifre con differenti probabilità: 5 dollari (13 per cento), 8 dollari (25 per cento) 20 dollari (38 per cento)
50 dollari 50
(per cento) 125 dollari (75 per cento). Nella seconda lotteria le informazioni
a disposizione dei soggetti erano invece incomplete.
Dai risultati è emerso che gli adolescenti accettavano le lotterie rischiose meno volentieri degli adulti: in sostanza erano meno disposti a correre rischi quando li comprendevano. Nel caso delle lotterie in cui il rischio era ignoto, invece, gli adolescenti mostravano di preferirle più degli adulti, indicando che erano ben disposti ad accettare un rischio di cui non conoscevano l'entità.
Queste osservazioni potrebbero cambiare un paradigma ormai tradizionale sulla propensione al rischio dei giovani, aiutando a progettare in modo diverso gli interventi sociali destinati a prevenire comportamenti pericolosi come l'abuso di droghe o la guida imprudente.
Dai risultati è emerso che gli adolescenti accettavano le lotterie rischiose meno volentieri degli adulti: in sostanza erano meno disposti a correre rischi quando li comprendevano. Nel caso delle lotterie in cui il rischio era ignoto, invece, gli adolescenti mostravano di preferirle più degli adulti, indicando che erano ben disposti ad accettare un rischio di cui non conoscevano l'entità.
Queste osservazioni potrebbero cambiare un paradigma ormai tradizionale sulla propensione al rischio dei giovani, aiutando a progettare in modo diverso gli interventi sociali destinati a prevenire comportamenti pericolosi come l'abuso di droghe o la guida imprudente.
Dipendenti fin dalla prima sigaretta
La nicotina interagisce con un’ampia
gamma di cammini neurochimici all’interno del cervello per produrre i suoi
effetti di ricompensa e di dipendenza
Una nuova
ricerca dell’Università del Western Ontario, in Canada, rivela in che modo il cervello elabori le proprietà di
“ricompensa” e di dipendenza della nicotina, fornendo una migliore comprensione
del perché alcune persone sembrano diventare dipendenti fin dalla prima
sigaretta. Secondo gli autori dello studio, del quale è stato pubblicato un
resoconto sulla rivista “Neuroscience” potrebbe portare a nuove terapie per
prevenire la dipendenza da nicotina e l’astinenza quando si cerca di smettere.
"La nicotina interagisce con un’ampia gamma di cammini neurochimici all’interno del cervello per produrre i suoi effetti di ricompensa e di dipendenza”, ha commentato Steven Laviolette, che ha partecipato allo studio. "Tuttavia, durante la fase precoce dell’esposizione al tabacco molti individui trovano la nicotina molto spiacevole e ributtante, mente altri divengono presto dipendenti dalla nicotina e trovano in essa un forte appagamento: volevamo studiare questa differenza.”
Si è così trovato un cammino cerebrale in cui avviene un particolare utilizzo del neurotrasmittitore dopamina per trasmettere i segnali collegati alle proprietà di ricompensa della nicotina. Tale cammino è chiamato sistema mesolimbico ed è coinvolto nelle proprietà di dipendenza di molte sostanze compresa la cocaina, l’alcol e la nicotina.
Gli scienziati hanno identificato quale specifico sottotipo di recettore per la dopamina controlla la sensibilità iniziale alla nicotina e sono riusciti a manipolarli per determinare l’attrazione o viceversa l’avversione per la sostanza, un risultato, questo, che potrebbe aprire la strada a trattamenti farmacologici per il tabagismo. (fc)
"La nicotina interagisce con un’ampia gamma di cammini neurochimici all’interno del cervello per produrre i suoi effetti di ricompensa e di dipendenza”, ha commentato Steven Laviolette, che ha partecipato allo studio. "Tuttavia, durante la fase precoce dell’esposizione al tabacco molti individui trovano la nicotina molto spiacevole e ributtante, mente altri divengono presto dipendenti dalla nicotina e trovano in essa un forte appagamento: volevamo studiare questa differenza.”
Si è così trovato un cammino cerebrale in cui avviene un particolare utilizzo del neurotrasmittitore dopamina per trasmettere i segnali collegati alle proprietà di ricompensa della nicotina. Tale cammino è chiamato sistema mesolimbico ed è coinvolto nelle proprietà di dipendenza di molte sostanze compresa la cocaina, l’alcol e la nicotina.
Gli scienziati hanno identificato quale specifico sottotipo di recettore per la dopamina controlla la sensibilità iniziale alla nicotina e sono riusciti a manipolarli per determinare l’attrazione o viceversa l’avversione per la sostanza, un risultato, questo, che potrebbe aprire la strada a trattamenti farmacologici per il tabagismo. (fc)
Droghe leggere "di strada"
Nessun controllo sulle loro composizioni
20 agosto 2012
Dall’analisi di chi si rivolge ai servizi per le tossicodipendenze emerge,
con frequenza crescente, un inizio sempre più precoce all’uso di droghe leggere
e il loro consumo anche in età non più giovane: questo comportamento è
supportato dalla credenza che le droghe leggere siano, appunto, leggere e
quindi non nocive. Spesso ultimamente i diversi mezzi di comunicazione
forniscono notizie e informazioni sulle droghe leggere, quali la cannabis e
suoi derivati - l’hashish e l’olio di hashish, con contenuti sovente imprecisi
e fuorvianti, soprattutto in relazione al possibile uso medico di alcuni loro
principi attivi. Sono riportati in maniera impropria giudizi e riflessioni
scientifiche su sostanze “di strada” prodotte fuori da ogni controllo
igienico-sanitario e di qualità farmacologia del prodotto, equiparandole
implicitamente a quelle prodotte, per finalità mediche, mediante processi
farmaceutici controllati e sicuri. Si tende, infatti, a estendere le
potenzialità medicamentose anche alle “droghe di strada” per dichiararne
implicitamente l’innocuità se non, paradossalmente, la bontà per la salute e
giustificarne così l’uso voluttuario: tutto questo è fonte di confusione,
soprattutto nelle nuove generazioni, facendo venir meno la percezione del
rischio che deriva dall’uso di queste sostanze. Nel tempo, infatti, tali
sostanze possono produrre alterazioni della memoria e dell’attenzione,
compromettendo l’apprendimento e i tempi di reazione, inducendo scarso
rendimento scolastico e lavorativo, provocando l’aumento degli incidenti sulla
strada e sul lavoro. Queste sostanze se usate precocemente e costantemente,
inoltre, possono compromettere il fisiologico sviluppo del cervello negli
adolescenti: le evidenze scientifiche dimostrano che la loro pericolosità varia
in base alle caratteristiche individuali delle persone, alla concentrazione del
principio attivo contenuto, alla frequenza d’uso, al periodo di assunzione, al
sommarsi degli effetti quando c’è contemporanea assunzione di altre sostanze
stupefacenti e di alcol. Alla luce delle ricerche la cannabis non può più
essere considerata leggera, oltre che per i problemi sociali e sanitari che
derivano dalla sua assunzione, anche per il ruolo dimostrato di sostanza di
passaggio, spesso in associazione con l’alcol, che facilita il conseguente
consumo di cocaina, eroina e altre droghe. Il Dipartimento per le dipendenze
dell’Azienda Ulss 19 è impegnato su diversi fronti, con l’attivazione per tutte
le persone e famiglie in cura di incontri psicoeducazionali specifici, e a livello
di prevenzione nella comunità col fornire informazioni sulla cannabis e i suoi
derivati, quali sostanze stupefacenti tossiche e pericolose per l’organismo e
per i problemi sociali che sono in grado di produrre.
Per informazioni rivolgersi al Dipartimento per le dipendenze Ulss 19 tel. 0426-660555
Per informazioni rivolgersi al Dipartimento per le dipendenze Ulss 19 tel. 0426-660555
Cannabis. La qualità del sonno influenza
l’astinenza
06/11/2012
categoria: Diagnosi, Clinica e
Terapia - di: Redazione Drog@news - fonte: Journal of Substance Abuse Treatment
La cannabis è stata la sostanza illecita maggiormente consumata negli Stati Uniti per ben 30 anni consecutivi, con tassi di dipendenza e abuso che, nello scorso anno, hanno raggiunto il livello più alto rispetto a tutte le altre sostanze d’abuso.
Infatti, il rischio relativo alla dipendenza da cannabis, visto il pesante consumo negli USA durante lo scorso anno, è stimato intorno al 7% tra gli adulti, rischio che è solo di poco inferiore a quello per la dipendenza da cocaina e superiore, invece, a quello osservato per l’alcol.
Gli attuali trattamenti contro la dipendenza da cannabis includono la gestione degli interventi cognitivo-comportamentali. Anche se molte persone con una dipendenza da cannabis hanno il desiderio di smettere, si verificano alti tassi di ricaduta soprattutto tra coloro che tentano un percorso di astinenza e cessazione in autonomia. La scarsa qualità del sonno, inoltre, rappresenta un fattore di rischio che può giocare un ruolo critico nel successo o meno dell’astinenza da cannabis.
Il presente studio, condotto da un team di ricercatori americano, ha cercato di esaminare proprio la qualità del sonno come eventuale fattore di rischio ricadute nel consumo di cannabis. Lo studio è stato condotto su un gruppo di 86 partecipanti veterani dipendenti da cannabis. Di questo campione, 55 partecipanti hanno completato il follow up ad una settimana.
Dai risultati è emerso che i partecipanti che hanno avuto una scarsa qualità del sonno durante la fase di pre-astinenza avevano un rischio maggiore di ricaduta entro i primi 2 giorni (rispetto ai 7 presi in considerazione per l’analisi). I ricercatori ritengono comunque che siano necessari ulteriori studi di approfondimento soprattutto per quanto riguarda le cure per quegli individui che hanno segnalato una scarsa qualità del sonno subito prima di un tentativo di astinenza da cannabis.
UNODC, monitoraggio globale della
diffusione delle droghe sintetiche
07/11/2012
'Designer drugs', 'legal highs', 'bath salts', sono solo alcune delle
denominazioni usate per etichettare l’innumerevole quantità di “nuove sostanze
psicoattive” che circolano nel mercato delle droghe e che rappresentano
un’importante problematica sanitaria. E’ quanto riportato nell’ultimo Global
SMART Update, il Report dell’United Nations Office on Drugs and Crime (UNODC),
che attraverso il programma SMART (Global Synthetics Monitoring: Analysis,
Reporting and Trends) cerca di fare luce sui trend emergenti e la rapida
evoluzione del mercato delle droghe sintetiche a livello mondiale. Inoltre,
grazie all’istituzione da alcuni anni di sistemi di allerta nazionali,
l’Osservatorio Europeo sulle Droghe e le Tossicodipendenze (OEDT) effettua un
monitoraggio del fenomeno con la registrazione di ben 49 nuove molecole circolanti sul territorio europeo nel solo 2011.
Tuttavia non tutti i paesi nel mondo dispongono di sistemi di monitoraggio e
allerta, né tantomeno di strutture analitiche adeguate al riconoscimento di
nuove droghe. A tal fine l’UNODC ha attivato da alcuni anni, un network di
laboratori per l’analisi di droghe a livello globale, che attraverso
l’iniziativa “International Collaborative Exercise”, consente ai laboratori di
tutto il mondo, di monitorare le loro performance analitiche e di riportare
quali e quante sostanze hanno identificato nel tempo.
Dai dati del Report è emerso che nel 2011, il 42% dei laboratori di 48 Paesi nel mondo che hanno partecipato all’iniziativa, ha riportato l’identificazione di nuove sostanze psicoattive. Si trattava prevalentemente di catinoni sintetici (mefedrone, MDPV) e cannabinoidi sintetici, ma anche di piperazine, pur se in minor misura. L’opportunità di partecipare all’iniziativa di accreditamento esterno dell’UNODC è stata colta a pieno anche dal Sistema Nazionale di Allerta Precoce del Dipartimento Politiche Antidroga, che ha proposto ai laboratori del proprio Network, dislocati su tutto il territorio italiano (tossicologie forensi, laboratori delle Forze dell’Ordine, laboratori di biochimica-clinica e tossicologia clinica), di monitorare le proprie performance su scala globale. L’iniziativa prevede che i laboratori partecipanti ricevano un kit di campioni incogniti da analizzare, un kit di campioni di riferimento, linee guida sui metodi di analisi e una valutazione finale dei risultati. L’iniziativa è stata sottoposta all’attenzione delle strutture appartenenti al Network dei Centri Collaborativi del Sistema Nazionale di Allerta e ad oggi, gli 11 laboratori italiani che hanno espresso manifestazione di interesse al programma, sono stati segnalati all’UNODC per l’inclusione alla prossima sessione dell’iniziativa.
Dai dati del Report è emerso che nel 2011, il 42% dei laboratori di 48 Paesi nel mondo che hanno partecipato all’iniziativa, ha riportato l’identificazione di nuove sostanze psicoattive. Si trattava prevalentemente di catinoni sintetici (mefedrone, MDPV) e cannabinoidi sintetici, ma anche di piperazine, pur se in minor misura. L’opportunità di partecipare all’iniziativa di accreditamento esterno dell’UNODC è stata colta a pieno anche dal Sistema Nazionale di Allerta Precoce del Dipartimento Politiche Antidroga, che ha proposto ai laboratori del proprio Network, dislocati su tutto il territorio italiano (tossicologie forensi, laboratori delle Forze dell’Ordine, laboratori di biochimica-clinica e tossicologia clinica), di monitorare le proprie performance su scala globale. L’iniziativa prevede che i laboratori partecipanti ricevano un kit di campioni incogniti da analizzare, un kit di campioni di riferimento, linee guida sui metodi di analisi e una valutazione finale dei risultati. L’iniziativa è stata sottoposta all’attenzione delle strutture appartenenti al Network dei Centri Collaborativi del Sistema Nazionale di Allerta e ad oggi, gli 11 laboratori italiani che hanno espresso manifestazione di interesse al programma, sono stati segnalati all’UNODC per l’inclusione alla prossima sessione dell’iniziativa.
UNODC. Global
SMART Update – September 2012.
IL MONITORAGGIO DELLE SOSTANZE SINTETICHE
TEODORA
MACCHIA
Laboratorio di Biochimica Clinica,
Istituto Superiore di Sanità, Roma
Il
problema delle droghe sintetiche rappresenta oggi uno dei temi prioritari in
Italia,
come
in Europa, a causa della crescente disponibilità sul mercato illecito di queste
sostanze
e della ormai percepita consistente diffusione nel consumo.
La
diffusione ed il rafforzarsi nell’uso porta, come logica conseguenza,
all’arruolamento
di nuovi consumatori, alla comparsa di nuovi pattern di
assunzione e
ad
una quota di abuso sempre più consistente.
A
fronte di queste evidenze, risultano ancora insufficienti le conoscenze circa
la
reale
diffusione dell’uso e dell’abuso. Il problema risulta quindi di particolare
interesse
sia
per le Istituzioni che per gli operatori del settore, sia per la ricerca che
per l’opinione
pubblica.
In
merito ai rischi ed agli effetti sanitari e comportamentali connessi
all’abitudine
d’uso
di queste sostanze nell’uomo, pur essendo disponibili elementi inconfutabili
circa
danni
prodotti, il dibattito è ancora oggi alimentato da difficoltà di
interpretazione. È
opportuno
infatti considerare che il consumo di queste sostanze, il quale avviene in
contesti
assuntivi già a rischio (giovane età di gran parte degli assuntori che li rende
ancor
più vulnerabili ai danni), è spesso integrato in abitudini che già di per sé
costituiscono
fattori di rischio, e spesso in un contesto poliassuntivo che rende difficile
l’esame
dei singoli fattori. Gli effetti nell’uomo sono inoltre modulati dalle
motivazioni
d’uso
e dalle “attese” circa la sostanza, dal contesto assuntivo (spesso in ambiti in
cui
temperatura,
frequenze sonore e luminose hanno effetti dal punto di vista biochimico),
dalle
associazioni praticate nel consumo (alcol ed altre sostanze psicotrope), da
fattori
importanti
quali lo stato fisico e psicologico del soggetto che precedono o sostengono
l’assunzione.
Per quanto attiene agli effetti tossicologici e farmacologici, inoltre, nelle
droghe
sintetiche occorre considerare una pericolosità aggiuntiva legata alla
composizione
globale del prodotto in termini di reagenti e solventi residui, di eventuale
presenza
di prodotti intermedi di sintesi, di contaminanti, di altre molecole
biologicamente
attive (dotate di una propria attività e tossicità) che ne potenziano,
modulano
o compensano gli effetti, alla presenza di adulteranti e diluenti riscontrati
in
alcuni
reperti assieme ai naturali eccipienti. Occorre infine ricordare che esiste la
concreta
possibilità che in compresse acquistate come ecstasy possa essere contenuto
di
tutto tranne ecstasy; tale evenienza è già abbondantemente documentata in
alcuni
paesi,
come il Regno Unito, talvolta in occasione di eventi fatali.
Di
quale ecstasy, quindi, possiamo nella pratica valutare i rischi di assunzione?
Di
quale
ecstasy gli eventi acuti rappresentano un epifenomeno? Ed è sempre ecstasy ciò
che
viene acquistato ed assunto come ecstasy?
In
assenza di un monitoraggio analitico dei prodotti circolanti nelle zone di
consumo
la risposta si presenta difficile. Ancor più difficile se pensiamo che una
varietà
sempre
crescente di sostanze caratterizza il mercato illecito determinando problemi
analitici
di riconoscimento e quantificazione, problemi a cui le Forze dell’Ordine e la
17
Magistratura
chiamano a rispondere le strutture (prevalentemente laboratori di
riferimento
regionale) operanti nel settore su tutto il territorio. La novità, la varietà,
e
la
variabilità di composizione (presenza di più principi attivi in varia ragione
tra loro) e
di
effetti tossicologici aggiuntivi (con aggravio di rischio sanitario sino alla
letalità)
rendono
indispensabile la valutazione della componente tossicologica globale dei
singoli
prodotti, ma tutto ciò non è semplice e richiede un impegno multidisciplinare e
di
ricerca che difficilmente oggi viene applicato ai piccoli sequestri e tanto
meno alle
singole
nuove compresse.
La
variabilità del “prodotto” ha portato il mercato illecito all’apposizione di
veri e
propri
“marchi di fabbrica” (Figura 1) come riferimento per una sorta di
riconoscimento
quali-quantitativo.
Su
questa premessa sono stati avviati progetti in paesi come l’Olanda, l’Austria,
la
Francia.
Recentemente però sono stati segnalati prodotti che, sotto lo stesso logo,
contengono
sostanze diverse come tipologia e dosaggio. Conseguentemente, diventa
ancora
più urgente un monitoraggio analitico del territorio, un monitoraggio ben
organizzato
e raccordato nello spirito della Joint Action della Comunità Europea e
dell’Early
Warning System (Sistema di Allerta Rapido-EWS) promosso dall’Osservatorio
Europeo
sulle Droghe e le Tossicodipendenze (OEDT). Risulta parimenti evidente
l’opportunità,
per ogni nuovo ingresso nel mercato e nel consumo, di identificare
rigorosamente
il principio/i attivo/i, di determinare la struttura della molecola (anche al
fine
di valutare la relazione struttura-attività per i potenziali effetti
farmacologici), di
individuare
le impurezze, i residui, di predisporre le procedure analitiche più idonee.
Tutto
ciò presuppone una sinergia di sforzi, specifiche professionalità ed una reale
multidisciplinarietà
nell’approccio analitico di ricerca, nonché un contesto prettamente
scientifico
di ricerca.
18Un
primo approccio concreto in tal senso è stato operato presso l’Istituto
Superiore
di
Sanità (ISS) attraverso un gruppo di lavoro multidisciplinare.
Il
1999 ha assunto un significato particolare per il processo di allestimento nel
nostro
paese del EWS per le droghe sintetiche. La valenza degli sforzi effettuati è
essenzialmente
istituzionale, ma anche di ricerca e di intervento.
Da
quest’ultimo punto di vista, l’obiettivo ha rappresentato una ulteriore
occasione per
sollecitare
e supportare azioni congiunte tra pubblico e privato, sanitario e sociale ai
fini
della
creazione di una nuova rete coordinata a livello delle regioni ed a livello
nazionale.
STRUTTURE ED ORGANIZZAZIONE
Un
altro grosso sforzo è stato operato per studiare diverse modalità per superare
impedimenti
di tipo procedurale-normativo, nonché per realizzare una idonea
collaborazione
e sinergia tra le principali strutture che, istituzionalmente, si occupano
del
monitoraggio analitico del territorio: Ministero dell’Interno-Direzione
Centrale
Servizi
Antidroga (DCSA) con il laboratorio centrale della Polizia Scientifica e con il
Centro
Investigativo Scientifico dei Carabinieri; Ministero delle Finanze-Laboratorio
centrale
delle Dogane; Ministero della Ricerca Scientifica-Istituti di Medicina Legale
con
le
loro Tossicologie Forensi; Ministero della Sanità-Presidi Multizonali di
Prevenzione
(PMP)
e ISS.
Si
sono considerate le possibilità concrete di interazione sistematica soprattutto
per
le
droghe sintetiche, e si sono rilevate le possibilità di inserire il
monitoraggio specifico
per
le stesse nelle attività di routine delle principali strutture coinvolte.
PROGETTI E RICERCHE ATTIVATE
Sono
stati creati istituzionalmente diversi momenti per informare e formare gli
operatori
coinvolti sul territorio; sono stati istituiti Gruppi tecnici di lavoro
specifici sulle
droghe
sintetiche, come quello Interregionale (analitico e osservazionale) operativo
dal
luglio
1999 presso l’ISS cui partecipano tutte le regioni italiane e rappresentanti di
associazioni
del privato sociale. In questo gruppo sono stati incentivati, sostenuti e
realizzati
coordinamenti regionali e nazionali per gli operatori del mondo della notte e
degli
operatori specializzati nell’osservazione e nel lavoro con gli adolescenti;
sono stati
sviluppati
diversi modelli operativi per giungere, gradatamente, ad un monitoraggio
capillare
del territorio per le vecchie e nuove droghe sintetiche, nonché per nuove
modalità
di consumo. Sono state inoltre realizzate con successo in aree pilota, come
ad
Oristano in Sardegna, banche dati congiunte tra presidi sanitari (ASL-PMP) e di
controllo
(Questura). Ciò ha consentito un monitoraggio sistematico nel territorio
anche
di prodotti non tabellati e provenienti dal mercato “al dettaglio”, così come
ha
permesso
di individuare, in un lasso di tempo minimo, compresse insolite o in versione
inedita
per il territorio.
Sul
Fondo nazionale per la lotta alla droga, sono stati promossi e finanziati una
serie
di
progetti mirati all’EWS sostenendo un’interazione trasversale tra gli stessi,
e, dove
possibile,
una sinergia di sforzi ed una convergenza degli obiettivi. Sono stati
finanziati
19CONCLUSIONI
La
situazione rilevata, e le osservazioni provenienti dal territorio, fanno
presumere
che
anche per le droghe sintetiche, oggi, ci sia una differenza quali-quantitativa
del
prodotto
tra il livello di produzione-fornitura e il livello di spaccio al dettaglio. Lo
stesso
logo,
che indirizzava sulle caratteristiche della specifica compressa, ha perso di
significato,
indicando che una certa parte delle compresse viene completamente
rifatta.
Di conseguenza, la sola possibilità di controllare ciò che circola nel mercato
illecito
è un monitoraggio analitico sistematico e standardizzato effettuato con rigorosi
criteri
tecnico-scientifici.
Infine,
sulla base di quanto sopra esposto, si sottolinea l’opportunità che interventi
di
prevenzione rivolti ai giovani diano un giusto e corretto risalto ai rischi
aggiuntivi per
la
salute dettati dalla componente tossicologica globale e dalla variabilità delle
sostanze
sintetiche.
21
DETERMINANTI PSICOBIOLOGICHE DEI COMPORTAMENTI
A RISCHIO IN ETÀ ADOLESCENZIALE1
GIOVANNI
LAVIOLA, SIMONE MACRÌ, WALTER ADRIANI, SARA MORLEY FLETCHER
Laboratorio di Fisiopatologia di
Organo e di Sistema, Istituto Superiore di Sanità, Roma
INTRODUZIONE
Una
delle fasi dell’esistenza maggiormente plastiche è certamente l’adolescenza.
Una
definizione univoca della quale risulta, tuttavia, complessa in quanto risente
della
presenza
contemporanea di diversi fattori (psicologici, endocrini e comportamentali).
L’emergere
di questi ultimi viene interpretato come un indice del livello di sviluppo del
soggetto,
che presenta tuttavia, un’elevata variabilità interindividuale. I molteplici
parametri
alla base della definizione generale di adolescenza presentano inoltre un
decorso
temporale non lineare e spesso non sincronizzato. Generalmente, la comparsa
della
pubertà fornisce l’indice basilare per l’esordio dell’adolescenza, che si
accompagna
a un improvviso sviluppo fisico dell’individuo e alla maturità sessuale. La
pubertà,
tuttavia, sebbene contemporanea all’adolescenza, è soltanto uno di una serie
di
importanti eventi e non va confusa con quest’ultima. In generale, infatti
l’adolescenza
oltre ad essere definita da variabili biologiche, è caratterizzata da
importanti
transizioni di natura psicologica e sociale.
L’adolescenza
è il periodo di transizione compreso tra l’infanzia e l’età adulta
(definita
dal raggiungimento della maturità sessuale) che si manifesta nella specie
umana
generalmente tra i 12 e i 19 anni. Infatti, l’adolescenza è stata definita “un
ponte
fra l’infanzia e l’età adulta, durante il quale l’individuo impara ciò che gli
è utile
per
conseguire un ruolo nella società” (1). Facendo eccezione dell’infanzia, questo
è il
periodo
della vita in cui si hanno i più rapidi cambiamenti di natura biologica e
psicologica
dell’individuo. L’adolescente vive e deve accettare i mutamenti fisici del
proprio
corpo. Durante questo periodo, l’adolescente ricerca la propria identità; i
suoi
comportamenti
e le sue opinioni cambiano, e si forma la personalità che lo
accompagnerà
nell’età adulta. Inoltre, non ci si aspetta né è più tollerato dalla famiglia
e
dalla società un comportamento di tipo infantile.
L’adolescenza
fornisce l’opportunità di studiare l’impatto dei cambiamenti biologici
sulla
psicologia e sul comportamento sociale dell’individuo, un’opportunità che non è
associata
a nessun altro momento della vita umana. Da un punto di vista psicologico,
le
caratteristiche più comuni del comportamento adolescenziale sono: instabilità
dell’umore,
senso di disagio, enormi preoccupazioni per l’aspetto fisico e per problemi
familiari
o sentimentali. Gli adolescenti possono sentirsi nervosi, depressi, e diventare
terribilmente
timidi e sfiduciati. Frequentemente soffrono una cosiddetta crisi di
identità,
divenendo molto insicuri riguardo la propria personalità, in quanto vivono il
22
periodo
in cui ci si chiede “chi sono io?”. Nel corso di questa fase, l’adolescente
sperimenta
una serie di ruoli adulti e vari modelli di comportamento (2). Non sorprende
che
l’adolescente possa percepirsi in conflitto con la società e con gli individui
adulti
che
la gestiscono spesso secondo propri specifici criteri.
L’adolescente
attraversa la fase in cui smette di definirsi soltanto in rapporto agli
adulti
presenti in casa e a scuola, e ricerca altre figure come modello o guida. In
questa
fase
della propria esistenza, l’individuo, nella continua ricerca di un affrancamento
dal
precedente
modello di riferimento, sposta il baricentro delle proprie interazioni sociali
dall’ambiente
familiare al gruppo dei pari. Tale spostamento ha la funzione di
promuovere
la ricerca di un’indipendenza necessaria per il successivo sviluppo
individuale;
tale indipendenza, tuttavia, spesso si caratterizza per l’espressione di
condotte
che appaiono ad un occhio adulto come devianti e strettamente connesse
con
comportamenti a rischio e antisociali. Tali comportamenti rientrano in una
generale
fase di sperimentazione atta a promuovere l’abbandono della gestione
genitoriale
e del “nido” da parte dell’individuo. L’utilizzo di questo termine vuole
sottolineare
come questa fase di sperimentazione abbia stretti correlati filogenetici: nei
primati
non umani, ad esempio, l’abbandono del gruppo di nascita è molto comune in
particolare
durante l’adolescenza. Il rendersi indipendenti dal particolare gruppo di
conspecifici
in cui si è nati assume in un contesto biologico-evolutivo il significato
ultimo
di accrescere la variabilità genetica tramite l’incontro con partner sessuali
geneticamente
eterogenei. Si riduce in tal modo al minimo la possibilità di un
inincrocio
potenzialmente deleterio per la specie.
Caratterizza
tale fase dell’esistenza un’elevata espressione di comportamenti
(biologicamente
determinati) volti ad abbandonare l’ambiente di crescita strutturato e
protetto.
In particolare, soggetti adolescenti appartenenti a numerose specie di
mammiferi
appaiono particolarmente impegnati in comportamenti diretti
all’esplorazione
dell’ambiente circostante. Questo tipo di atteggiamento risulta
funzionale
al reperimento di nuove risorse e conseguenti possibilità di sviluppo: in
particolare,
partner per la riproduzione e fonti di cibo. In questa continua ricerca di
situazioni
nuove l’adolescente risulta, tuttavia, particolarmente a rischio in quanto
potenzialmente
più esposto alle conseguenze negative derivanti dalla propria
condotta:
tra queste possibili conseguenze si riscontrano nella specie umana incidenti
stradali,
gravidanze indesiderate, malattie sessualmente trasmesse (ad es. l’AIDS),
abuso
di sostanze e sviluppo di tossicodipendenza e incarcerazione (3).
Le
analisi epidemiologiche concordano nel riportare come gli individui adolescenti
risultino
maggiormente implicati in comportamenti ad elevato rischio rispetto ad
individui
adulti (1). Tale ricerca di “sensazioni forti” sembra essere altamente
correlata
ad un tratto temperamentale sottostante: la sensation seeking che
include
la
novelty seeking. Secondo Zuckerman (4), un tale temperamento è caratterizzato
“dalla
necessità continua di sperimentare sensazioni varie, nuove e complesse”, che
si
suppone abbiano valenza gratificante. Il prender parte ad attività rischiose -
che
inevitabilmente
sono spesso anche associate alle modificazioni fisiologiche tipiche
delle
condizioni di stress - risulta più elevato in individui che mostrano livelli
elevati
di
novelty seeking (5). Tali attività, come pure l’uso di sostanze psicoattive,
sono
esibite
raramente e, anzi, spesso sono attivamente evitate dalla generalità degli
individui.
Effettivamente, in una rassegna curata da Arnett (1), i soggetti adolescenti
appaiono
il gruppo di popolazione statisticamente più rappresentato se confrontato
23
ADOLESCENZA E RICERCA DEL LIMITE
I
dati descritti nel modello animale sembrano rientrare in un più generale
profilo
riscontrato
durante il periodo adolescenziale dai nostri ragazzi: in particolare gli
individui
adolescenti vengono spesso coinvolti in atteggiamenti e comportamenti “al
limite”.
Con questo termine si vuole sottolineare la presenza di comportamenti a volte
estremi
il cui substrato psicobiologico non può essere interamente ricondotto ad
influenze
di tipo ambientale e/o culturale.
Uno
studio recente condotto nel modello animale ha caratterizzato il
comportamento
spontaneo espresso in un classico paradigma di osservazione
dell’attività
locomotoria ed esploratoria in topi adolescenti e adulti sottoposti a
trattamento
cronico con dosi sotto la soglia di anfetamina. Il repertorio
comportamentale
espresso dagli animali è stato successivamente analizzato
avvalendosi
di una metodologia statistica multivariata, definita “analisi dei componenti
principali”.
In seguito a tale analisi, ogni individuo viene rappresentato, in uno spazio
multi-dimensionale,
da nuove coordinate calcolate a partire dai singoli comportamenti.
Un
primo asse fattoriale di questa analisi rivestiva particolare interesse in
quanto ad
un’estremità
veniva a trovarsi un comportamento diretto verso se stessi, una classica
attività
di sostituzione quale il grooming, mentre all’estremità opposta si trovavano le
attività
dirette verso l’ambiente, di esplorazione come il crossing ed il rearing. Il profilo
generale
risultava particolarmente intrigante, in quanto mentre il gruppo degli adulti
si
situava
sempre in una posizione intermedia, più centrale sui due assi, il
comportamento
di base (nei soggetti di controllo) riscontrato negli adolescenti era
spostato
sempre verso gli estremi dei poli. In seguito a somministrazioni acute di
anfetamina,
entrambi i gruppi di età esibivano uno spostamento verso il polo opposto,
quello
del crossing-rearing. Di nuovo, lo spostamento verso il limite mostrato dai topi
adolescenti
risultava molto più marcato rispetto a quello mostrato dagli individui adulti.
Si
potrebbe concludere che i topi adolescenti esprimono un comportamento che si
colloca
sempre verso gli estremi dell’asse fattoriale e che potremmo pertanto definire
“sbilanciato”.
Tale risultato rappresenta un’indicazione importante, anche nel modello
animale,
nella generale descrizione della fase adolescenziale, spesso associata
all’espressione
di profili “estremi” sia dal punto di vista comportamentale sia di
risposta
e sensibilità psicofarmacologica.
Dati
nel modello animale, come quelli appena descritti, e diverse indagini di tipo
psicologico
sembrano concordare nell’attribuire ad una necessità biologicamente
determinata
questa continua ricerca di esperienze al “limite”. Infatti, “la conoscenza
di
sè, delle proprie capacità e possibilità, costituisce un compito di sviluppo
per l’intero
corso
di vita degli individui e in particolare per la fase giovanile. Il giovane
sperimenta
i
sè possibili attraverso attività che comportano incertezze e rischi sia sul
piano fisico
sia
sul piano relazionale. Questa dinamica appena descritta può essere riassunta
nel
concetto
generale di “esperienza del limite”.
ADOLESCENZA E RAPPORTO CON LE DROGHE
Il
modello animale di transizione adolescenziale, descritto in precedenza, sembra
in
grado
di fornire informazioni rilevanti anche per lo studio dell’interazione tra lo
stadio
di
sviluppo (l’età adolescenziale) e la vulnerabilità all’offerta di sostanze
psicoattive. In
particolare,
un numero sempre crescente di studi sta fornendo dimostrazioni riguardo
all’evidenza
di una particolare vulnerabilità agli effetti, e quindi al consumo, di sostanze
psicoattive
durante l’adolescenza.
Recentemente
uno studio prodotto dal nostro gruppo ha potuto caratterizzare il
profilo
di consumo spontaneo di nicotina in topi osservati in differenti fasi di
sviluppo.
I
dati mostrano piuttosto chiaramente come il gruppo degli adolescenti risulti
essere
quello
maggiormente propenso al consumo spontaneo di tale sostanza. Questo
esperimento,
oltre a fornire importanti dati di tipo descrittivo, mette nuovamente in
risalto
la necessità di considerare il periodo adolescenziale come una fase in cui il
rischio
di sviluppare sintomatologie legate all’abuso di sostanze sia più elevato
rispetto
ad
altre fasi della vita.
http://www.iss.it/binary/publ/cont/29.1231840870.pdf8
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