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TRADUZIONI DI LATINO: FEDRO, POSTILLA SULLA CONTRASTIVA, TACITO, SENECA, AGOSTINO (in fieri)

FEDRO Lupus et Agnus Ad rivum 1  eundem 2  lupus et agnus venerant 3 , siti compulsi 4 . Superior 5  stabat 6  lupus, longeque 7  infe...

lunedì 12 novembre 2012

Materiale preparatorio per prossimo tema: dipendenze in età adolescenziale


2 ottobre 2012
Gli adolescenti non amano il rischio: lo ignorano

I ragazzi non sono sempre attratti dal pericolo. Un nuovo studio sperimentale ha infatti dimostrato che ciò è vero solo quando sono inconsapevoli del livello del rischio a cui vanno incontro: quando vengono opportunamente informati, sono addirittura più cauti delle persone più mature. La ragione di questo comportamento sarebbe quindi una maggiore accettazione delle situazioni in cui i rischi sono incerti (red)
Gli adolescenti sono più sprezzanti del pericolo rispetto agli adulti? Un mito da sfatare, secondo i risultati di uno studio condotto presso la Yale's School of Medicine della New York University.Una serie di test comportamentali, pubblicati sui “Proceedings of the National Academy of Sciences”, indicano infatti che i ragazzi non sono affatto più propensi a rischiare: semplicemente, non sono consapevoli di ciò a cui vanno incontro. Se opportunamente informati, infatti, si rivelano perfino più cauti degli adulti.

“I nostri risultati rivelano che i teenager si mettono in situazioni poco sicure non perché sono attratti dal rischio o dal pericolo, ma piuttosto perché non sono abbastanza informati delle possibili conseguenze negative delle loro azioni”, spiega Agnieszka Tymula, ricercatore del Center for Neural Science della NYU e coautore dello studio. “Quando capiscono veramente che la situazione è rischiosa, sono persino più prudenti degli adulti. La scoperta offre nuove possibilità per comunicare con gruppi di questa età: fornire agli adolescenti informazioni statistiche sui comportamenti pericolosi o un addestramento che permetta loro di comprendere bene i rischi può essere efficace nell'imporre loro dei limiti.”

I ricercatori hanno studiando il comportamento di gruppi di adolescenti tra i 12 e i 17 anni e di adulti tra i 30 e i 50 anni, nel corso di una serie di test in cui era richiesto di prendere alcune decisioni finanziarie, ciascuna delle quali con un diverso grado di rischio. In ogni prova, i soggetti dovevano scegliere tra una ricompensa garantita di cinque dollari e una lotteria con un certo rischio a priori oppure con rischio sconosciuto. Nel primo caso, la lotteria consentiva di vincere diverse cifre con differenti probabilità: 5 dollari (13 per cento), 8 dollari (25 per cento) 20 dollari (38 per cento)
50 dollari 50 (per cento) 125 dollari (75 per cento). Nella seconda lotteria le informazioni a disposizione dei soggetti erano invece incomplete.

Dai risultati è emerso che gli adolescenti accettavano le lotterie rischiose meno volentieri degli adulti: in sostanza erano meno disposti a correre rischi quando li comprendevano. Nel caso delle lotterie in cui il rischio era ignoto, invece, gli adolescenti mostravano di preferirle più degli adulti, indicando che erano ben disposti ad accettare un rischio di cui non conoscevano l'entità.

Queste osservazioni potrebbero cambiare un paradigma ormai tradizionale sulla propensione al rischio dei giovani, aiutando a progettare in modo diverso gli interventi sociali destinati a prevenire comportamenti pericolosi come l'abuso di droghe o la guida imprudente.

Dipendenti fin dalla prima sigaretta
La nicotina interagisce con un’ampia gamma di cammini neurochimici all’interno del cervello per produrre i suoi effetti di ricompensa e di dipendenza
Una nuova ricerca dell’Università del Western Ontario, in Canada, rivela in che modo il cervello elabori le proprietà di “ricompensa” e di dipendenza della nicotina, fornendo una migliore comprensione del perché alcune persone sembrano diventare dipendenti fin dalla prima sigaretta. Secondo gli autori dello studio, del quale è stato pubblicato un resoconto sulla rivista “Neuroscience” potrebbe portare a nuove terapie per prevenire la dipendenza da nicotina e l’astinenza quando si cerca di smettere.

"La nicotina interagisce con un’ampia gamma di cammini neurochimici all’interno del cervello per produrre i suoi effetti di ricompensa e di dipendenza”, ha commentato Steven Laviolette, che ha partecipato allo studio. "Tuttavia, durante la fase precoce dell’esposizione al tabacco molti individui trovano la nicotina molto spiacevole e ributtante, mente altri divengono presto dipendenti dalla nicotina e trovano in essa un forte appagamento: volevamo studiare questa differenza.”

Si è così trovato un cammino cerebrale in cui avviene un particolare utilizzo del neurotrasmittitore dopamina per trasmettere i segnali collegati alle proprietà di ricompensa della nicotina. Tale cammino è chiamato sistema mesolimbico ed è coinvolto nelle proprietà di dipendenza di molte sostanze compresa la cocaina, l’alcol e la nicotina.

Gli scienziati hanno identificato quale specifico sottotipo di recettore per la dopamina controlla la sensibilità iniziale alla nicotina e sono riusciti a manipolarli per determinare l’attrazione o viceversa l’avversione per la sostanza, un risultato, questo, che potrebbe aprire la strada a trattamenti farmacologici per il tabagismo. (fc)

Droghe leggere "di strada"
Nessun controllo sulle loro composizioni

20 agosto 2012

Dall’analisi di chi si rivolge ai servizi per le tossicodipendenze emerge, con frequenza crescente, un inizio sempre più precoce all’uso di droghe leggere e il loro consumo anche in età non più giovane: questo comportamento è supportato dalla credenza che le droghe leggere siano, appunto, leggere e quindi non nocive. Spesso ultimamente i diversi mezzi di comunicazione forniscono notizie e informazioni sulle droghe leggere, quali la cannabis e suoi derivati - l’hashish e l’olio di hashish, con contenuti sovente imprecisi e fuorvianti, soprattutto in relazione al possibile uso medico di alcuni loro principi attivi. Sono riportati in maniera impropria giudizi e riflessioni scientifiche su sostanze “di strada” prodotte fuori da ogni controllo igienico-sanitario e di qualità farmacologia del prodotto, equiparandole implicitamente a quelle prodotte, per finalità mediche, mediante processi farmaceutici controllati e sicuri. Si tende, infatti, a estendere le potenzialità medicamentose anche alle “droghe di strada” per dichiararne implicitamente l’innocuità se non, paradossalmente, la bontà per la salute e giustificarne così l’uso voluttuario: tutto questo è fonte di confusione, soprattutto nelle nuove generazioni, facendo venir meno la percezione del rischio che deriva dall’uso di queste sostanze. Nel tempo, infatti, tali sostanze possono produrre alterazioni della memoria e dell’attenzione, compromettendo l’apprendimento e i tempi di reazione, inducendo scarso rendimento scolastico e lavorativo, provocando l’aumento degli incidenti sulla strada e sul lavoro. Queste sostanze se usate precocemente e costantemente, inoltre, possono compromettere il fisiologico sviluppo del cervello negli adolescenti: le evidenze scientifiche dimostrano che la loro pericolosità varia in base alle caratteristiche individuali delle persone, alla concentrazione del principio attivo contenuto, alla frequenza d’uso, al periodo di assunzione, al sommarsi degli effetti quando c’è contemporanea assunzione di altre sostanze stupefacenti e di alcol. Alla luce delle ricerche la cannabis non può più essere considerata leggera, oltre che per i problemi sociali e sanitari che derivano dalla sua assunzione, anche per il ruolo dimostrato di sostanza di passaggio, spesso in associazione con l’alcol, che facilita il conseguente consumo di cocaina, eroina e altre droghe. Il Dipartimento per le dipendenze dell’Azienda Ulss 19 è impegnato su diversi fronti, con l’attivazione per tutte le persone e famiglie in cura di incontri psicoeducazionali specifici, e a livello di prevenzione nella comunità col fornire informazioni sulla cannabis e i suoi derivati, quali sostanze stupefacenti tossiche e pericolose per l’organismo e per i problemi sociali che sono in grado di produrre.
Per informazioni rivolgersi al Dipartimento per le dipendenze Ulss 19 tel. 0426-660555 

Cannabis. La qualità del sonno influenza l’astinenza
06/11/2012
categoria: Diagnosi, Clinica e Terapia - diRedazione Drog@news - fonteJournal of Substance Abuse Treatment


La cannabis è stata la sostanza illecita maggiormente consumata negli Stati Uniti per ben 30 anni consecutivi, con tassi di dipendenza e abuso che, nello scorso anno, hanno raggiunto il livello più alto rispetto a tutte le altre sostanze d’abuso.
Infatti, il rischio relativo alla dipendenza da cannabis, visto il pesante consumo negli USA durante lo scorso anno, è stimato intorno al 7% tra gli adulti, rischio che è solo di poco inferiore a quello per la dipendenza da cocaina e superiore, invece, a quello osservato per l’alcol.
Gli attuali trattamenti contro la dipendenza da cannabis includono la gestione degli interventi cognitivo-comportamentali. Anche se molte persone con una dipendenza da cannabis hanno il desiderio di smettere, si verificano alti tassi di ricaduta soprattutto tra coloro che tentano un percorso di astinenza e cessazione in autonomia. La scarsa qualità del sonno, inoltre, rappresenta un fattore di rischio che può giocare un ruolo critico nel successo o meno dell’astinenza da cannabis.
Il presente studio, condotto da un team di ricercatori americano, ha cercato di esaminare proprio la qualità del sonno come eventuale fattore di rischio ricadute nel consumo di cannabis. Lo studio è stato condotto su un gruppo di 86 partecipanti veterani dipendenti da cannabis. Di questo campione, 55 partecipanti hanno completato il follow up ad una settimana.
Dai risultati è emerso che i partecipanti che hanno avuto una scarsa qualità del sonno durante la fase di pre-astinenza avevano un rischio maggiore di ricaduta entro i primi 2 giorni (rispetto ai 7 presi in considerazione per l’analisi). I ricercatori ritengono comunque che siano necessari ulteriori studi di approfondimento soprattutto per quanto riguarda le cure per quegli individui che hanno segnalato una scarsa qualità del sonno subito prima di un tentativo di astinenza da cannabis.
UNODC, monitoraggio globale della diffusione delle droghe sintetiche
07/11/2012
categoria: Tecniche Analitiche - diRedazione Drog@news - fonteUNODC

'Designer drugs', 'legal highs', 'bath salts', sono solo alcune delle denominazioni usate per etichettare l’innumerevole quantità di “nuove sostanze psicoattive” che circolano nel mercato delle droghe e che rappresentano un’importante problematica sanitaria. E’ quanto riportato nell’ultimo Global SMART Update, il Report dell’United Nations Office on Drugs and Crime (UNODC), che attraverso il programma SMART (Global Synthetics Monitoring: Analysis, Reporting and Trends) cerca di fare luce sui trend emergenti e la rapida evoluzione del mercato delle droghe sintetiche a livello mondiale. Inoltre, grazie all’istituzione da alcuni anni di sistemi di allerta nazionali, l’Osservatorio Europeo sulle Droghe e le Tossicodipendenze (OEDT) effettua un monitoraggio del fenomeno con la registrazione di ben 49 nuove molecole circolanti sul territorio europeo nel solo 2011. Tuttavia non tutti i paesi nel mondo dispongono di sistemi di monitoraggio e allerta, né tantomeno di strutture analitiche adeguate al riconoscimento di nuove droghe. A tal fine l’UNODC ha attivato da alcuni anni, un network di laboratori per l’analisi di droghe a livello globale, che attraverso l’iniziativa “International Collaborative Exercise”, consente ai laboratori di tutto il mondo, di monitorare le loro performance analitiche e di riportare quali e quante sostanze hanno identificato nel tempo.
Dai dati del Report è emerso che nel 2011, il 42% dei laboratori di 48 Paesi nel mondo che hanno partecipato all’iniziativa, ha riportato l’identificazione di nuove sostanze psicoattive. Si trattava prevalentemente di catinoni sintetici (mefedrone, MDPV) e cannabinoidi sintetici, ma anche di piperazine, pur se in minor misura. L’opportunità di partecipare all’iniziativa di accreditamento esterno dell’UNODC è stata colta a pieno anche dal Sistema Nazionale di Allerta Precoce del Dipartimento Politiche Antidroga, che ha proposto ai laboratori del proprio Network, dislocati su tutto il territorio italiano (tossicologie forensi, laboratori delle Forze dell’Ordine, laboratori di biochimica-clinica e tossicologia clinica), di monitorare le proprie performance su scala globale. L’iniziativa prevede che i laboratori partecipanti ricevano un kit di campioni incogniti da analizzare, un kit di campioni di riferimento, linee guida sui metodi di analisi e una valutazione finale dei risultati. L’iniziativa è stata sottoposta all’attenzione delle strutture appartenenti al Network dei Centri Collaborativi del Sistema Nazionale di Allerta e ad oggi, gli 11 laboratori italiani che hanno espresso manifestazione di interesse al programma, sono stati segnalati all’UNODC per l’inclusione alla prossima sessione dell’iniziativa.

UNODC. Global SMART Update – September 2012.
IL MONITORAGGIO DELLE SOSTANZE SINTETICHE
TEODORA MACCHIA
Laboratorio di Biochimica Clinica, Istituto Superiore di Sanità, Roma
Il problema delle droghe sintetiche rappresenta oggi uno dei temi prioritari in Italia,
come in Europa, a causa della crescente disponibilità sul mercato illecito di queste
sostanze e della ormai percepita consistente diffusione nel consumo.
La diffusione ed il rafforzarsi nell’uso porta, come logica conseguenza,
all’arruolamento di nuovi consumatori, alla comparsa di nuovi pattern di assunzione e
ad una quota di abuso sempre più consistente.
A fronte di queste evidenze, risultano ancora insufficienti le conoscenze circa la
reale diffusione dell’uso e dell’abuso. Il problema risulta quindi di particolare interesse
sia per le Istituzioni che per gli operatori del settore, sia per la ricerca che per l’opinione
pubblica.
In merito ai rischi ed agli effetti sanitari e comportamentali connessi all’abitudine
d’uso di queste sostanze nell’uomo, pur essendo disponibili elementi inconfutabili circa
danni prodotti, il dibattito è ancora oggi alimentato da difficoltà di interpretazione. È
opportuno infatti considerare che il consumo di queste sostanze, il quale avviene in
contesti assuntivi già a rischio (giovane età di gran parte degli assuntori che li rende
ancor più vulnerabili ai danni), è spesso integrato in abitudini che già di per sé
costituiscono fattori di rischio, e spesso in un contesto poliassuntivo che rende difficile
l’esame dei singoli fattori. Gli effetti nell’uomo sono inoltre modulati dalle motivazioni
d’uso e dalle “attese” circa la sostanza, dal contesto assuntivo (spesso in ambiti in cui
temperatura, frequenze sonore e luminose hanno effetti dal punto di vista biochimico),
dalle associazioni praticate nel consumo (alcol ed altre sostanze psicotrope), da fattori
importanti quali lo stato fisico e psicologico del soggetto che precedono o sostengono
l’assunzione. Per quanto attiene agli effetti tossicologici e farmacologici, inoltre, nelle
droghe sintetiche occorre considerare una pericolosità aggiuntiva legata alla
composizione globale del prodotto in termini di reagenti e solventi residui, di eventuale
presenza di prodotti intermedi di sintesi, di contaminanti, di altre molecole
biologicamente attive (dotate di una propria attività e tossicità) che ne potenziano,
modulano o compensano gli effetti, alla presenza di adulteranti e diluenti riscontrati in
alcuni reperti assieme ai naturali eccipienti. Occorre infine ricordare che esiste la
concreta possibilità che in compresse acquistate come ecstasy possa essere contenuto
di tutto tranne ecstasy; tale evenienza è già abbondantemente documentata in alcuni
paesi, come il Regno Unito, talvolta in occasione di eventi fatali.
Di quale ecstasy, quindi, possiamo nella pratica valutare i rischi di assunzione? Di
quale ecstasy gli eventi acuti rappresentano un epifenomeno? Ed è sempre ecstasy ciò
che viene acquistato ed assunto come ecstasy?
In assenza di un monitoraggio analitico dei prodotti circolanti nelle zone di
consumo la risposta si presenta difficile. Ancor più difficile se pensiamo che una varietà
sempre crescente di sostanze caratterizza il mercato illecito determinando problemi
analitici di riconoscimento e quantificazione, problemi a cui le Forze dell’Ordine e la
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Magistratura chiamano a rispondere le strutture (prevalentemente laboratori di
riferimento regionale) operanti nel settore su tutto il territorio. La novità, la varietà, e
la variabilità di composizione (presenza di più principi attivi in varia ragione tra loro) e
di effetti tossicologici aggiuntivi (con aggravio di rischio sanitario sino alla letalità)
rendono indispensabile la valutazione della componente tossicologica globale dei
singoli prodotti, ma tutto ciò non è semplice e richiede un impegno multidisciplinare e
di ricerca che difficilmente oggi viene applicato ai piccoli sequestri e tanto meno alle
singole nuove compresse.
La variabilità del “prodotto” ha portato il mercato illecito all’apposizione di veri e
propri “marchi di fabbrica” (Figura 1) come riferimento per una sorta di
riconoscimento quali-quantitativo.

Su questa premessa sono stati avviati progetti in paesi come l’Olanda, l’Austria, la
Francia. Recentemente però sono stati segnalati prodotti che, sotto lo stesso logo,
contengono sostanze diverse come tipologia e dosaggio. Conseguentemente, diventa
ancora più urgente un monitoraggio analitico del territorio, un monitoraggio ben
organizzato e raccordato nello spirito della Joint Action della Comunità Europea e
dell’Early Warning System (Sistema di Allerta Rapido-EWS) promosso dall’Osservatorio
Europeo sulle Droghe e le Tossicodipendenze (OEDT). Risulta parimenti evidente
l’opportunità, per ogni nuovo ingresso nel mercato e nel consumo, di identificare
rigorosamente il principio/i attivo/i, di determinare la struttura della molecola (anche al
fine di valutare la relazione struttura-attività per i potenziali effetti farmacologici), di
individuare le impurezze, i residui, di predisporre le procedure analitiche più idonee.
Tutto ciò presuppone una sinergia di sforzi, specifiche professionalità ed una reale
multidisciplinarietà nell’approccio analitico di ricerca, nonché un contesto prettamente
scientifico di ricerca.
18Un primo approccio concreto in tal senso è stato operato presso l’Istituto Superiore
di Sanità (ISS) attraverso un gruppo di lavoro multidisciplinare.
Il 1999 ha assunto un significato particolare per il processo di allestimento nel
nostro paese del EWS per le droghe sintetiche. La valenza degli sforzi effettuati è
essenzialmente istituzionale, ma anche di ricerca e di intervento.
Da quest’ultimo punto di vista, l’obiettivo ha rappresentato una ulteriore occasione per
sollecitare e supportare azioni congiunte tra pubblico e privato, sanitario e sociale ai fini
della creazione di una nuova rete coordinata a livello delle regioni ed a livello nazionale.
STRUTTURE ED ORGANIZZAZIONE
Un altro grosso sforzo è stato operato per studiare diverse modalità per superare
impedimenti di tipo procedurale-normativo, nonché per realizzare una idonea
collaborazione e sinergia tra le principali strutture che, istituzionalmente, si occupano
del monitoraggio analitico del territorio: Ministero dell’Interno-Direzione Centrale
Servizi Antidroga (DCSA) con il laboratorio centrale della Polizia Scientifica e con il
Centro Investigativo Scientifico dei Carabinieri; Ministero delle Finanze-Laboratorio
centrale delle Dogane; Ministero della Ricerca Scientifica-Istituti di Medicina Legale con
le loro Tossicologie Forensi; Ministero della Sanità-Presidi Multizonali di Prevenzione
(PMP) e ISS.
Si sono considerate le possibilità concrete di interazione sistematica soprattutto per
le droghe sintetiche, e si sono rilevate le possibilità di inserire il monitoraggio specifico
per le stesse nelle attività di routine delle principali strutture coinvolte.
PROGETTI E RICERCHE ATTIVATE
Sono stati creati istituzionalmente diversi momenti per informare e formare gli
operatori coinvolti sul territorio; sono stati istituiti Gruppi tecnici di lavoro specifici sulle
droghe sintetiche, come quello Interregionale (analitico e osservazionale) operativo dal
luglio 1999 presso l’ISS cui partecipano tutte le regioni italiane e rappresentanti di
associazioni del privato sociale. In questo gruppo sono stati incentivati, sostenuti e
realizzati coordinamenti regionali e nazionali per gli operatori del mondo della notte e
degli operatori specializzati nell’osservazione e nel lavoro con gli adolescenti; sono stati
sviluppati diversi modelli operativi per giungere, gradatamente, ad un monitoraggio
capillare del territorio per le vecchie e nuove droghe sintetiche, nonché per nuove
modalità di consumo. Sono state inoltre realizzate con successo in aree pilota, come
ad Oristano in Sardegna, banche dati congiunte tra presidi sanitari (ASL-PMP) e di
controllo (Questura). Ciò ha consentito un monitoraggio sistematico nel territorio
anche di prodotti non tabellati e provenienti dal mercato “al dettaglio”, così come ha
permesso di individuare, in un lasso di tempo minimo, compresse insolite o in versione
inedita per il territorio.
Sul Fondo nazionale per la lotta alla droga, sono stati promossi e finanziati una serie
di progetti mirati all’EWS sostenendo un’interazione trasversale tra gli stessi, e, dove
possibile, una sinergia di sforzi ed una convergenza degli obiettivi. Sono stati finanziati
19CONCLUSIONI
La situazione rilevata, e le osservazioni provenienti dal territorio, fanno presumere
che anche per le droghe sintetiche, oggi, ci sia una differenza quali-quantitativa del
prodotto tra il livello di produzione-fornitura e il livello di spaccio al dettaglio. Lo stesso
logo, che indirizzava sulle caratteristiche della specifica compressa, ha perso di
significato, indicando che una certa parte delle compresse viene completamente
rifatta. Di conseguenza, la sola possibilità di controllare ciò che circola nel mercato
illecito è un monitoraggio analitico sistematico e standardizzato effettuato con rigorosi
criteri tecnico-scientifici.
Infine, sulla base di quanto sopra esposto, si sottolinea l’opportunità che interventi
di prevenzione rivolti ai giovani diano un giusto e corretto risalto ai rischi aggiuntivi per
la salute dettati dalla componente tossicologica globale e dalla variabilità delle
sostanze sintetiche.
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DETERMINANTI PSICOBIOLOGICHE DEI COMPORTAMENTI
A RISCHIO IN ETÀ ADOLESCENZIALE1
GIOVANNI LAVIOLA, SIMONE MACRÌ, WALTER ADRIANI, SARA MORLEY FLETCHER
Laboratorio di Fisiopatologia di Organo e di Sistema, Istituto Superiore di Sanità, Roma
INTRODUZIONE
Una delle fasi dell’esistenza maggiormente plastiche è certamente l’adolescenza.
Una definizione univoca della quale risulta, tuttavia, complessa in quanto risente della
presenza contemporanea di diversi fattori (psicologici, endocrini e comportamentali).
L’emergere di questi ultimi viene interpretato come un indice del livello di sviluppo del
soggetto, che presenta tuttavia, un’elevata variabilità interindividuale. I molteplici
parametri alla base della definizione generale di adolescenza presentano inoltre un
decorso temporale non lineare e spesso non sincronizzato. Generalmente, la comparsa
della pubertà fornisce l’indice basilare per l’esordio dell’adolescenza, che si
accompagna a un improvviso sviluppo fisico dell’individuo e alla maturità sessuale. La
pubertà, tuttavia, sebbene contemporanea all’adolescenza, è soltanto uno di una serie
di importanti eventi e non va confusa con quest’ultima. In generale, infatti
l’adolescenza oltre ad essere definita da variabili biologiche, è caratterizzata da
importanti transizioni di natura psicologica e sociale.
L’adolescenza è il periodo di transizione compreso tra l’infanzia e l’età adulta
(definita dal raggiungimento della maturità sessuale) che si manifesta nella specie
umana generalmente tra i 12 e i 19 anni. Infatti, l’adolescenza è stata definita “un
ponte fra l’infanzia e l’età adulta, durante il quale l’individuo impara ciò che gli è utile
per conseguire un ruolo nella società” (1). Facendo eccezione dell’infanzia, questo è il
periodo della vita in cui si hanno i più rapidi cambiamenti di natura biologica e
psicologica dell’individuo. L’adolescente vive e deve accettare i mutamenti fisici del
proprio corpo. Durante questo periodo, l’adolescente ricerca la propria identità; i suoi
comportamenti e le sue opinioni cambiano, e si forma la personalità che lo
accompagnerà nell’età adulta. Inoltre, non ci si aspetta né è più tollerato dalla famiglia
e dalla società un comportamento di tipo infantile.
L’adolescenza fornisce l’opportunità di studiare l’impatto dei cambiamenti biologici
sulla psicologia e sul comportamento sociale dell’individuo, un’opportunità che non è
associata a nessun altro momento della vita umana. Da un punto di vista psicologico,
le caratteristiche più comuni del comportamento adolescenziale sono: instabilità
dell’umore, senso di disagio, enormi preoccupazioni per l’aspetto fisico e per problemi
familiari o sentimentali. Gli adolescenti possono sentirsi nervosi, depressi, e diventare
terribilmente timidi e sfiduciati. Frequentemente soffrono una cosiddetta crisi di
identità, divenendo molto insicuri riguardo la propria personalità, in quanto vivono il
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periodo in cui ci si chiede “chi sono io?”. Nel corso di questa fase, l’adolescente
sperimenta una serie di ruoli adulti e vari modelli di comportamento (2). Non sorprende
che l’adolescente possa percepirsi in conflitto con la società e con gli individui adulti
che la gestiscono spesso secondo propri specifici criteri.
L’adolescente attraversa la fase in cui smette di definirsi soltanto in rapporto agli
adulti presenti in casa e a scuola, e ricerca altre figure come modello o guida. In questa
fase della propria esistenza, l’individuo, nella continua ricerca di un affrancamento dal
precedente modello di riferimento, sposta il baricentro delle proprie interazioni sociali
dall’ambiente familiare al gruppo dei pari. Tale spostamento ha la funzione di
promuovere la ricerca di un’indipendenza necessaria per il successivo sviluppo
individuale; tale indipendenza, tuttavia, spesso si caratterizza per l’espressione di
condotte che appaiono ad un occhio adulto come devianti e strettamente connesse
con comportamenti a rischio e antisociali. Tali comportamenti rientrano in una
generale fase di sperimentazione atta a promuovere l’abbandono della gestione
genitoriale e del “nido” da parte dell’individuo. L’utilizzo di questo termine vuole
sottolineare come questa fase di sperimentazione abbia stretti correlati filogenetici: nei
primati non umani, ad esempio, l’abbandono del gruppo di nascita è molto comune in
particolare durante l’adolescenza. Il rendersi indipendenti dal particolare gruppo di
conspecifici in cui si è nati assume in un contesto biologico-evolutivo il significato
ultimo di accrescere la variabilità genetica tramite l’incontro con partner sessuali
geneticamente eterogenei. Si riduce in tal modo al minimo la possibilità di un
inincrocio potenzialmente deleterio per la specie.
Caratterizza tale fase dell’esistenza un’elevata espressione di comportamenti
(biologicamente determinati) volti ad abbandonare l’ambiente di crescita strutturato e
protetto. In particolare, soggetti adolescenti appartenenti a numerose specie di
mammiferi appaiono particolarmente impegnati in comportamenti diretti
all’esplorazione dell’ambiente circostante. Questo tipo di atteggiamento risulta
funzionale al reperimento di nuove risorse e conseguenti possibilità di sviluppo: in
particolare, partner per la riproduzione e fonti di cibo. In questa continua ricerca di
situazioni nuove l’adolescente risulta, tuttavia, particolarmente a rischio in quanto
potenzialmente più esposto alle conseguenze negative derivanti dalla propria
condotta: tra queste possibili conseguenze si riscontrano nella specie umana incidenti
stradali, gravidanze indesiderate, malattie sessualmente trasmesse (ad es. l’AIDS),
abuso di sostanze e sviluppo di tossicodipendenza e incarcerazione (3).
Le analisi epidemiologiche concordano nel riportare come gli individui adolescenti
risultino maggiormente implicati in comportamenti ad elevato rischio rispetto ad
individui adulti (1). Tale ricerca di “sensazioni forti” sembra essere altamente
correlata ad un tratto temperamentale sottostante: la sensation seeking che include
la novelty seeking. Secondo Zuckerman (4), un tale temperamento è caratterizzato
“dalla necessità continua di sperimentare sensazioni varie, nuove e complesse”, che
si suppone abbiano valenza gratificante. Il prender parte ad attività rischiose - che
inevitabilmente sono spesso anche associate alle modificazioni fisiologiche tipiche
delle condizioni di stress - risulta più elevato in individui che mostrano livelli elevati
di novelty seeking (5). Tali attività, come pure l’uso di sostanze psicoattive, sono
esibite raramente e, anzi, spesso sono attivamente evitate dalla generalità degli
individui. Effettivamente, in una rassegna curata da Arnett (1), i soggetti adolescenti
appaiono il gruppo di popolazione statisticamente più rappresentato se confrontato
23
ADOLESCENZA E RICERCA DEL LIMITE
I dati descritti nel modello animale sembrano rientrare in un più generale profilo
riscontrato durante il periodo adolescenziale dai nostri ragazzi: in particolare gli
individui adolescenti vengono spesso coinvolti in atteggiamenti e comportamenti “al
limite”. Con questo termine si vuole sottolineare la presenza di comportamenti a volte
estremi il cui substrato psicobiologico non può essere interamente ricondotto ad
influenze di tipo ambientale e/o culturale.
Uno studio recente condotto nel modello animale ha caratterizzato il
comportamento spontaneo espresso in un classico paradigma di osservazione
dell’attività locomotoria ed esploratoria in topi adolescenti e adulti sottoposti a
trattamento cronico con dosi sotto la soglia di anfetamina. Il repertorio
comportamentale espresso dagli animali è stato successivamente analizzato
avvalendosi di una metodologia statistica multivariata, definita “analisi dei componenti
principali”. In seguito a tale analisi, ogni individuo viene rappresentato, in uno spazio
multi-dimensionale, da nuove coordinate calcolate a partire dai singoli comportamenti.
Un primo asse fattoriale di questa analisi rivestiva particolare interesse in quanto ad
un’estremità veniva a trovarsi un comportamento diretto verso se stessi, una classica
attività di sostituzione quale il grooming, mentre all’estremità opposta si trovavano le
attività dirette verso l’ambiente, di esplorazione come il crossing ed il rearing. Il profilo
generale risultava particolarmente intrigante, in quanto mentre il gruppo degli adulti si
situava sempre in una posizione intermedia, più centrale sui due assi, il
comportamento di base (nei soggetti di controllo) riscontrato negli adolescenti era
spostato sempre verso gli estremi dei poli. In seguito a somministrazioni acute di
anfetamina, entrambi i gruppi di età esibivano uno spostamento verso il polo opposto,
quello del crossing-rearing. Di nuovo, lo spostamento verso il limite mostrato dai topi
adolescenti risultava molto più marcato rispetto a quello mostrato dagli individui adulti.
Si potrebbe concludere che i topi adolescenti esprimono un comportamento che si
colloca sempre verso gli estremi dell’asse fattoriale e che potremmo pertanto definire
“sbilanciato”. Tale risultato rappresenta un’indicazione importante, anche nel modello
animale, nella generale descrizione della fase adolescenziale, spesso associata
all’espressione di profili “estremi” sia dal punto di vista comportamentale sia di
risposta e sensibilità psicofarmacologica.
Dati nel modello animale, come quelli appena descritti, e diverse indagini di tipo
psicologico sembrano concordare nell’attribuire ad una necessità biologicamente
determinata questa continua ricerca di esperienze al “limite”. Infatti, “la conoscenza
di sè, delle proprie capacità e possibilità, costituisce un compito di sviluppo per l’intero
corso di vita degli individui e in particolare per la fase giovanile. Il giovane sperimenta
i sè possibili attraverso attività che comportano incertezze e rischi sia sul piano fisico
sia sul piano relazionale. Questa dinamica appena descritta può essere riassunta nel
concetto generale di “esperienza del limite”.
ADOLESCENZA E RAPPORTO CON LE DROGHE
Il modello animale di transizione adolescenziale, descritto in precedenza, sembra in
grado di fornire informazioni rilevanti anche per lo studio dell’interazione tra lo stadio
di sviluppo (l’età adolescenziale) e la vulnerabilità all’offerta di sostanze psicoattive. In
particolare, un numero sempre crescente di studi sta fornendo dimostrazioni riguardo
all’evidenza di una particolare vulnerabilità agli effetti, e quindi al consumo, di sostanze
psicoattive durante l’adolescenza.
Recentemente uno studio prodotto dal nostro gruppo ha potuto caratterizzare il
profilo di consumo spontaneo di nicotina in topi osservati in differenti fasi di sviluppo.
I dati mostrano piuttosto chiaramente come il gruppo degli adolescenti risulti essere
quello maggiormente propenso al consumo spontaneo di tale sostanza. Questo
esperimento, oltre a fornire importanti dati di tipo descrittivo, mette nuovamente in
risalto la necessità di considerare il periodo adolescenziale come una fase in cui il
rischio di sviluppare sintomatologie legate all’abuso di sostanze sia più elevato rispetto
ad altre fasi della vita.
http://www.iss.it/binary/publ/cont/29.1231840870.pdf8





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