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lunedì 19 novembre 2012

analisi di Alina (modello applicato a Lodoli)


Analisi di un articolo di opinione                        Alina Rachiteanu 2B

Dalla “Stampa” Disoccupazione: il prezzo per i giovani di Walter Passerini del 1 Novembre 2012

Non vi sono più alibi: siamo in piena emergenza occupazionale e, dentro la crisi che divora posti di lavoro, a pagare di più sono i giovani. I dati non ammettono ignoranza.
Cinque anni fa un giovane su cinque tra i 18 e i 24 anni risultava disoccupato (20,1%); oggi lo è più di uno su tre (35,1%), un balzo di 25 punti. Sempre a settembre 2007, la disoccupazione totale era al 6,1%; oggi è al 10,8% ed è prevedibile che supererà l’11%. In carne e ossa i disoccupati ufficiali sono 2,8 milioni, 554 mila in più di un anno fa (+24,9%). Possiamo adottare la ricetta di Mitridate, che conquistò l’immunità dai veleni bevendone nel tempo in piccole dosi, ma non scampò alla morte per spada; oppure passare al modello Virgilio, costruendo una rete di guide, di servizi e un accompagnamento nel viaggio dentro gli incubi della disoccupazione. L’assuefazione ai veleni e la rassegnazione sono le malattie da battere. Per definire un’agenda per l’emergenza, che ci scrolli dal sonno e dall’indolenza.

Mentre la politica parla d’altro, è necessario selezionare le priorità, mettendo al centro il lavoro e, in particolare, il futuro dei giovani. Ci sono soglie oltre le quali i fenomeni diventano irreversibili, non solo strutturali. E il filo di lana dei tre milioni di senza lavoro è un baratro devastante che si sta aprendo davanti a noi. Nell’immediato, al primo posto va sottoscritto un patto per la ripresa e per la crescita. Il paese è sospeso. Tutti rallentano le decisioni. Gli investimenti attendono, i consumi calano. E’ un circolo vizioso che non può aggrapparsi all’alibi della crisi internazionale.

Il rigore deve accettare di fertilizzarsi con lo sviluppo e tutti, comprese le parti sociali, devono deporre le armi e imparare a competere: «cum petere», insegnano i latini, significa puntare tutti insieme allo stesso obiettivo, e non farsi la guerra. Se si vuole arrestare l’emorragia di posti e ottenere ora e subito un delta aggiuntivo di occupazione, è necessario favorire una nuova flessibilità in entrata. Qui i 230 milioni messi in campo per agevolare l’assunzione di giovani e donne fanno sorridere. Certo vi è un deficit di risorse, ma a volte anche di idee. Le forze sociali non possono non farsene carico. Per esempio, stabilendo una franchigia di 24-36 mesi sulle nuove assunzioni: più fiscalizzazione e meno rigidità nei contratti di ingresso per più occupazione. Allo sforzo per aiutare le aziende ad assumere, va appaiata una campagna eccezionale a favore della scuola e dello studio. Orientare i giovani sin dalla terza media e negli ultimi anni delle superiori è un fatto di civiltà. Non basta predicare l’iscrizione agli istituti tecnici: i giovani e le famiglie lo stanno facendo. Quest’anno solo il 6,6% degli studenti si è iscritto al liceo classico (cinque anni fa erano il 10,2%); il 22% al liceo scientifico (erano il 23%).

L’inversione di tendenza c’è stata ed è in corso, ma i 53 ragazzi su cento che si iscrivono ai tecnici (32%, cinque anni fa erano il 33,5%) e ai professionali (21%, erano il 22,2%) vogliono sapere perché continuano a non trovare il lavoro. Quello che manca alla nostra scuola, sia agli istituti tecnici che ai licei, è il rapporto costante con il mondo del lavoro. Vanno resi stabili i dialoghi tra apprendimento e mercato del lavoro, puntando sui fabbisogni nazionali e su quelli territoriali. Alternanza scuola-lavoro, apprendistato e stage devono essere strumenti di proficua conoscenza reciproca e non misere furbizie per risparmiare qualcosa su stipendi e costo del lavoro. Infine, al modello Virgilio da applicare nelle scuole va affiancato un sistema di sostegno e di relazioni d’aiuto per chi cerca e per chi deve cambiare lavoro.

La rete dei servizi all’impiego pubblici e privati non ha nerbo né energia; non per questo va affossata, ma rigenerata, assegnandole un ruolo alto di creazione di occupazione e di cambiamento culturale e non solo di intermediazione. Orientare giovani e adulti a trovare un lavoro è il mestiere più bello a cui si possa aspirare. Non chiediamoci che cosa l’economia e la crescita possono fare per i giovani. Chiediamoci che cosa possiamo fare noi, oggi e subito, perché i giovani abbiano un lavoro e un futuro migliore.

Parte iniziale nella quale il giornalista Passerini presenta a grandi linee l'argomento sul quale verte l'articolo: la disoccupazione che colpisce i più giovani.

In questo paragrafo Passerini presenta alcuni dati che rappresentano l'aumento della percentuale dei giovani disoccupati oggi rispetto a cinque anni fa ed il numero effettivo di questi ragazzi.
Queste cifre sono utilizzati per definire meglio il problema, facendo capire a chi legge quanto sia estesa questa problematica. Sostengono, inoltre,   la tesi del giornalista, nonostante essa non venga ancora espressa esplicitamente, ma che si riesce a capire anche dal contesto; una persona, infatti, difficilmente si ritrova a favore della disoccupazione giovanile. Passerini inserisce, nello stesso paragrafo, un paio di frasi ironiche che invitano a non continuare a nutrirci di questo “veleno” e a non rassegnarci.





Questo passaggio è dedicato al pensiero di chi scrive, che esprime scontentezza verso la politica e lo Stato. In effetti sembra che il lavoro per i giovani non sia una loro priorità. Il giornalista definisce questo problema come un circolo vizioso e vi suggerisce come via d'uscita nuove leggi per la crescita e ripresa in questo campo.








Per rendere possibile l'aumento dei posti di lavoro per i giovani, il giornalista propone altre azioni che si possono intraprendere: coalizzarsi tutti per diminuire il problema, utilizzare i fondi messi a disposizione con intelligenza e creatività...
Accenna, anche, soluzioni per un miglior orientamento dei giovani a scuola verso il mondo lavorativo.
In questo paragrafo vengono utilizzati alcuni dati che constatano ciò che obietta Passerini.




















In questo penultimo paragrafo Passerini sottolinea e approfondisce la questione scolastica, usufruendo anche alcuni numeri in percentuali.
Riprende questo punto, che aveva presentato nel paragrafo precedente, e ribadisce il rapporto fondamentale che ci deve essere tra istruzione e lavoro; deve essere infatti la scuola a guidare i giovani verso degli impieghi.














Nella conclusione il giornalista riprende concettualmente le idee espresse nell'articolo e le sue proposte, riformulandole. L'ultima frase invita, infine, ad agire tutti, per quanto ci sia possibile affinché i giovani senza lavoro abbiano davanti a sé un futuro più roseo.

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