Analisi di un articolo di opinione Alina Rachiteanu 2B
Dalla “Stampa” Disoccupazione: il prezzo per i giovani di Walter Passerini del 1
Novembre 2012
Non vi sono più
alibi: siamo in piena emergenza occupazionale e, dentro la crisi che divora
posti di lavoro, a pagare di più sono i giovani. I dati non ammettono
ignoranza.
Cinque anni fa un
giovane su cinque tra i 18 e i 24 anni risultava disoccupato (20,1%); oggi lo
è più di uno su tre (35,1%), un balzo di 25 punti. Sempre a settembre 2007,
la disoccupazione totale era al 6,1%; oggi è al 10,8% ed è prevedibile che
supererà l’11%. In carne e ossa i disoccupati ufficiali sono 2,8 milioni, 554
mila in più di un anno fa (+24,9%). Possiamo adottare la ricetta di
Mitridate, che conquistò l’immunità dai veleni bevendone nel tempo in piccole
dosi, ma non scampò alla morte per spada; oppure passare al modello Virgilio,
costruendo una rete di guide, di servizi e un accompagnamento nel viaggio
dentro gli incubi della disoccupazione. L’assuefazione ai veleni e la
rassegnazione sono le malattie da battere. Per definire un’agenda per
l’emergenza, che ci scrolli dal sonno e dall’indolenza.
Mentre la politica
parla d’altro, è necessario selezionare le priorità, mettendo al centro il
lavoro e, in particolare, il futuro dei giovani. Ci sono soglie oltre le
quali i fenomeni diventano irreversibili, non solo strutturali. E il filo di
lana dei tre milioni di senza lavoro è un baratro devastante che si sta
aprendo davanti a noi. Nell’immediato, al primo posto va sottoscritto un
patto per la ripresa e per la crescita. Il paese è sospeso. Tutti rallentano
le decisioni. Gli investimenti attendono, i consumi calano. E’ un circolo vizioso
che non può aggrapparsi all’alibi della crisi internazionale.
Il rigore deve
accettare di fertilizzarsi con lo sviluppo e tutti, comprese le parti
sociali, devono deporre le armi e imparare a competere: «cum petere»,
insegnano i latini, significa puntare tutti insieme allo stesso obiettivo, e
non farsi la guerra. Se si vuole arrestare l’emorragia di posti e ottenere
ora e subito un delta aggiuntivo di occupazione, è necessario favorire una
nuova flessibilità in entrata. Qui i 230 milioni messi in campo per agevolare
l’assunzione di giovani e donne fanno sorridere. Certo vi è un deficit di
risorse, ma a volte anche di idee. Le forze sociali non possono non farsene
carico. Per esempio, stabilendo una franchigia di 24-36 mesi sulle nuove
assunzioni: più fiscalizzazione e meno rigidità nei contratti di ingresso per
più occupazione. Allo sforzo per aiutare le aziende ad assumere, va appaiata
una campagna eccezionale a favore della scuola e dello studio. Orientare i
giovani sin dalla terza media e negli ultimi anni delle superiori è un fatto
di civiltà. Non basta predicare l’iscrizione agli istituti tecnici: i giovani
e le famiglie lo stanno facendo. Quest’anno solo il 6,6% degli studenti si è
iscritto al liceo classico (cinque anni fa erano il 10,2%); il 22% al liceo
scientifico (erano il 23%).
L’inversione di
tendenza c’è stata ed è in corso, ma i 53 ragazzi su cento che si iscrivono
ai tecnici (32%, cinque anni fa erano il 33,5%) e ai professionali (21%,
erano il 22,2%) vogliono sapere perché continuano a non trovare il lavoro.
Quello che manca alla nostra scuola, sia agli istituti tecnici che ai licei,
è il rapporto costante con il mondo del lavoro. Vanno resi stabili i dialoghi
tra apprendimento e mercato del lavoro, puntando sui fabbisogni nazionali e
su quelli territoriali. Alternanza scuola-lavoro, apprendistato e stage
devono essere strumenti di proficua conoscenza reciproca e non misere
furbizie per risparmiare qualcosa su stipendi e costo del lavoro. Infine, al
modello Virgilio da applicare nelle scuole va affiancato un sistema di
sostegno e di relazioni d’aiuto per chi cerca e per chi deve cambiare lavoro.
La rete dei servizi
all’impiego pubblici e privati non ha nerbo né energia; non per questo va
affossata, ma rigenerata, assegnandole un ruolo alto di creazione di
occupazione e di cambiamento culturale e non solo di intermediazione.
Orientare giovani e adulti a trovare un lavoro è il mestiere più bello a cui
si possa aspirare. Non chiediamoci che cosa l’economia e la crescita possono
fare per i giovani. Chiediamoci che cosa possiamo fare noi, oggi e subito,
perché i giovani abbiano un lavoro e un futuro migliore.
|
Parte iniziale nella quale il
giornalista Passerini presenta a grandi linee l'argomento sul quale verte
l'articolo: la disoccupazione che colpisce i più giovani.
In questo paragrafo Passerini
presenta alcuni dati che rappresentano l'aumento della percentuale dei
giovani disoccupati oggi rispetto a cinque anni fa ed il numero effettivo di
questi ragazzi.
Queste cifre sono utilizzati per
definire meglio il problema, facendo capire a chi legge quanto sia estesa
questa problematica. Sostengono, inoltre,
la tesi del giornalista, nonostante essa non venga ancora espressa
esplicitamente, ma che si riesce a capire anche dal contesto; una persona,
infatti, difficilmente si ritrova a favore della disoccupazione giovanile.
Passerini inserisce, nello stesso paragrafo, un paio di frasi ironiche che
invitano a non continuare a nutrirci di questo “veleno” e a non rassegnarci.
Questo passaggio è dedicato al
pensiero di chi scrive, che esprime scontentezza verso la politica e lo
Stato. In effetti sembra che il lavoro per i giovani non sia una loro
priorità. Il giornalista definisce questo problema come un circolo vizioso e
vi suggerisce come via d'uscita nuove leggi per la crescita e ripresa in
questo campo.
Per rendere possibile
l'aumento dei posti di lavoro per i giovani, il giornalista propone altre
azioni che si possono intraprendere: coalizzarsi tutti per diminuire il
problema, utilizzare i fondi messi a disposizione con intelligenza e
creatività...
Accenna, anche, soluzioni per
un miglior orientamento dei giovani a scuola verso il mondo lavorativo.
In questo paragrafo vengono
utilizzati alcuni dati che constatano ciò che obietta Passerini.
In questo penultimo paragrafo
Passerini sottolinea e approfondisce la questione scolastica, usufruendo
anche alcuni numeri in percentuali.
Riprende questo punto, che
aveva presentato nel paragrafo precedente, e ribadisce il rapporto
fondamentale che ci deve essere tra istruzione e lavoro; deve essere infatti
la scuola a guidare i giovani verso degli impieghi.
Nella conclusione il
giornalista riprende concettualmente le idee espresse nell'articolo e le sue
proposte, riformulandole. L'ultima frase invita, infine, ad agire tutti, per
quanto ci sia possibile affinché i giovani senza lavoro abbiano davanti a sé
un futuro più roseo.
|
Nessun commento:
Posta un commento