Alina Rachiteanu
2B
Questionario sui Promessi
Sposi
1) Il
passo che viene riportato è tratto dal XV capitolo del romanzo. Queste sono le
parole che il notaio rivolge ai due poliziotti che lo hanno accompagnato a
prelevare Renzo, il quale è ritenuto uno degli istigatori della rivolta del
pane. La sera precedente,infatti, Renzo era entrato in un'osteria accompagnato
a sua insaputa da un poliziotto, e aveva incominciato a bere fino a diventare
completamente ubriaco. Ciò aveva permesso al poliziotto di farsi rivelare con
l'inganno dal giovane il suo nome, nonostante Renzo non volesse far sapere di
essere a Milano, e di andarsene. Intanto Renzo, inebriato dall'alcol, parlava
proposito della rivolta e dei potenti:alla fine l'oste fu costretto a portarlo
nella sua camera. Renzo si era addormentato, e subito dopo l'oste si era
diretto al palazzo di Giustizia per denunciarlo. La mattina seguente il giovane
si risveglia quindi circondato da un notaio e due poliziotti, che gli ordinano
di vestirsi e di andare con loro. Renzo, capendo la situazione, nonostante i
finti modi gentili e premurosi del notaio, escogita un piano per scappare.
Usciti dall'osteria, il giovane inizia a indirizzare alcune occhiate a chi
potrebbe aiutarlo e, quando viene strattonato dai due poliziotti, emette richiami d'aiuto. A questi accorre una
piccola folla che riesce a liberarlo dalle grinfie della giustizia.
2) L'autore, scrivendo di Ferrer che “veniva a spender
bene una popolarità mal acquistata”, esprime nei confronti del personaggio un
giudizio prevalentemente negativo. Ferrer, infatti, aveva acquistato fama
ponendo la meta sul pane, azione che poteva sembrare giusta per il
popolo ma che alla fine aveva causato quelle rivolte. Tuttavia l'autore nota un
aspetto positivo nel comportamento del gran cancelliere, nell'accorrere in
prima persona a mitigare i tumulti e ad aiutare il vicario di Provvisione,
barricato in casa a causa della folla, poiché ritenuto il responsabile della
carestia.
3) Renzo, ritrovatosi a passare la notte in una
capanna nei pressi del fiume Adda, si sdraia su un cumulo di paglia e, nel
tentativo di prendere sonno, inizia a compiere un esame di coscienza. In
effetti è una profonda riflessione durante la quale gli ritornano alla mente i
comportamenti errati che il pentimento spinge a non ripetere più. Nella mente
di Renzo appaiono dapprima figure negative, come don Rodrigo e il notaio, che
gli suscitano rabbia. Poi si presentano altre tre figure, che scatenano nel
giovane sentimenti differenti: ripensando a Fra Cristoforo, che in tutti i modi
aveva provato ad aiutarlo, Renzo prova vergogna; mentre alle immagini delle due
donne più importanti per lui, Lucia e Agnese, si commuove e prova nostalgia.
Infine terminata la riflessione, il giovane si affida a
Dio con la preghiera.
4) Dopo un pranzo in compagnia di molte persone nobili
e importanti, si ritrovano a conversare in una sala in privato due illustri
personaggi: il conte zio e il padre provinciale. Il primo è lo zio di don
Rodrigo e del conte Attilio. Egli è uno degli anziani che compongono il
Consiglio segreto, una consulta di tredici persone importanti che consigliano
il governatore e lo sostituiscono in caso del decesso di quest'ultimo. Il conte
zio è un personaggio astuto, in grado di
abbindolare parlando in modo allusivo e introducendo in abbondanza lusinghe e
minacce; tuttavia egli cade nella sua stessa trappola poiché si fa a sua volta
abbindolare dal nipote che utilizza gli stessi mezzi. Egli è un personaggio
potente, in parte perché lo crede fermamente lui stesso, in parte perché tutti lo considerano tale. Grazie ciò, si può
anche permettere di minacciare, sempre in modo vago, cosicché non risulti una minaccia diretta. Il
secondo personaggio, il padre provinciale, è un superiore di fra Cristoforo.
Egli è un uomo perbene e dedito ai comandamenti della religione, che tuttavia è
costretto a sottomettersi ad altri personaggi, in questo caso il conte zio, per
evitare inconvenienti. Ha un carattere abbastanza ostinato, dato che, per
quanto può, cerca di opporsi al trasferimento del padre Cristoforo e a
difenderlo come “un religioso … esemplare in convento, e tenuto in molta stima
anche di fuori”.
5) La prima presentazione dell'innominato avviene al
termine del XIX capitolo. Egli viene presentato come un personaggio temutissimo
persino dai più potenti, poiché gli piaceva “esser arbitro, padrone negli
affari altri, senz'altro interesse che il gusto di comandare”. Questo
comportamento si era presentato fin da giovane età quando “allo spettacolo e al
rumore di tante prepotenze, di tante gare, di tante gare alla vista di tiranni,
provava un misto di sentimento di sdegno e d'invidia impaziente”. Contribuisce
alla potenza dell'innominato la sua grande quantità di ricchezze e la sua
nobile famiglia. Nonostante fosse temuto anche dai nobili, egli era “il
faccendiere, lo strumento di tutti coloro” poiché gli venivano commissionati
tanti omicidi e intimidazioni che fu costretto ad andarsene, perché messo al
bando. Dopo un po' di tempo, nel quale aveva mantenuto le sua amicizie e la sua
attività, “si risolvette di tornare a casa (…) in un castello confinante col
territorio bergamasco”. L'innominato, però, oltre a fare favori ai potenti,
aiutava anche i più deboli a liberarsi ad esempio da qualche (altro) tiranno che
non dava loro pace. Per questo si era
persino talvolta verificato che “quel nome tanto temuto e abborrito” fosse
stato “benedetto” da qualcuno che ne era stato favorito.
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