Post in evidenza

TRADUZIONI DI LATINO: FEDRO, POSTILLA SULLA CONTRASTIVA, TACITO, SENECA, AGOSTINO (in fieri)

FEDRO Lupus et Agnus Ad rivum 1  eundem 2  lupus et agnus venerant 3 , siti compulsi 4 . Superior 5  stabat 6  lupus, longeque 7  infe...

domenica 2 giugno 2013

Questionario P.s. di Alina

Alina Rachiteanu      2B

Questionario sui Promessi Sposi
1)      Il passo che viene riportato è tratto dal XV capitolo del romanzo. Queste sono le parole che il notaio rivolge ai due poliziotti che lo hanno accompagnato a prelevare Renzo, il quale è ritenuto uno degli istigatori della rivolta del pane. La sera precedente,infatti, Renzo era entrato in un'osteria accompagnato a sua insaputa da un poliziotto, e aveva  incominciato a bere fino a diventare completamente ubriaco. Ciò aveva permesso al poliziotto di farsi rivelare con l'inganno dal giovane il suo nome, nonostante Renzo non volesse far sapere di essere a Milano, e di andarsene. Intanto Renzo, inebriato dall'alcol, parlava proposito della rivolta e dei potenti:alla fine l'oste fu costretto a portarlo nella sua camera. Renzo si era addormentato, e subito dopo l'oste si era diretto al palazzo di Giustizia per denunciarlo. La mattina seguente il giovane si risveglia quindi circondato da un notaio e due poliziotti, che gli ordinano di vestirsi e di andare con loro. Renzo, capendo la situazione, nonostante i finti modi gentili e premurosi del notaio, escogita un piano per scappare. Usciti dall'osteria, il giovane inizia a indirizzare alcune occhiate a chi potrebbe aiutarlo e, quando viene strattonato dai due poliziotti,  emette richiami d'aiuto. A questi accorre una piccola folla che riesce a liberarlo dalle grinfie della giustizia.


2) L'autore, scrivendo di Ferrer che “veniva a spender bene una popolarità mal acquistata”, esprime nei confronti del personaggio un giudizio prevalentemente negativo. Ferrer, infatti, aveva acquistato fama ponendo la meta sul pane, azione che poteva sembrare giusta per il popolo ma che alla fine aveva causato quelle rivolte. Tuttavia l'autore nota un aspetto positivo nel comportamento del gran cancelliere, nell'accorrere in prima persona a mitigare i tumulti e ad aiutare il vicario di Provvisione, barricato in casa a causa della folla, poiché ritenuto il responsabile della carestia.


3) Renzo, ritrovatosi a passare la notte in una capanna nei pressi del fiume Adda, si sdraia su un cumulo di paglia e, nel tentativo di prendere sonno, inizia a compiere un esame di coscienza. In effetti è una profonda riflessione durante la quale gli ritornano alla mente i comportamenti errati che il pentimento spinge a non ripetere più. Nella mente di Renzo appaiono dapprima figure negative, come don Rodrigo e il notaio, che gli suscitano rabbia. Poi si presentano altre tre figure, che scatenano nel giovane sentimenti differenti: ripensando a Fra Cristoforo, che in tutti i modi aveva provato ad aiutarlo, Renzo prova vergogna; mentre alle immagini delle due donne più importanti per lui, Lucia e Agnese, si commuove e prova nostalgia. Infine terminata la riflessione, il giovane  si affida a  Dio con la preghiera.


4) Dopo un pranzo in compagnia di molte persone nobili e importanti, si ritrovano a conversare in una sala in privato due illustri personaggi: il conte zio e il padre provinciale. Il primo è lo zio di don Rodrigo e del conte Attilio. Egli è uno degli anziani che compongono il Consiglio segreto, una consulta di tredici persone importanti che consigliano il governatore e lo sostituiscono in caso del decesso di quest'ultimo. Il conte zio è un personaggio astuto,  in grado di abbindolare parlando in modo allusivo e introducendo in abbondanza lusinghe e minacce; tuttavia egli cade nella sua stessa trappola poiché si fa a sua volta abbindolare dal nipote che utilizza gli stessi mezzi. Egli è un personaggio potente, in parte perché lo crede fermamente lui stesso, in parte perché  tutti lo considerano tale. Grazie ciò, si può anche permettere di minacciare, sempre in modo vago,  cosicché non risulti una minaccia diretta. Il secondo personaggio, il padre provinciale, è un superiore di fra Cristoforo. Egli è un uomo perbene e dedito ai comandamenti della religione, che tuttavia è costretto a sottomettersi ad altri personaggi, in questo caso il conte zio, per evitare inconvenienti. Ha un carattere abbastanza ostinato, dato che, per quanto può, cerca di opporsi al trasferimento del padre Cristoforo e a difenderlo come “un religioso … esemplare in convento, e tenuto in molta stima anche di fuori”.

5) La prima presentazione dell'innominato avviene al termine del XIX capitolo. Egli viene presentato come un personaggio temutissimo persino dai più potenti, poiché gli piaceva “esser arbitro, padrone negli affari altri, senz'altro interesse che il gusto di comandare”. Questo comportamento si era presentato fin da giovane età quando “allo spettacolo e al rumore di tante prepotenze, di tante gare, di tante gare alla vista di tiranni, provava un misto di sentimento di sdegno e d'invidia impaziente”. Contribuisce alla potenza dell'innominato la sua grande quantità di ricchezze e la sua nobile famiglia. Nonostante fosse temuto anche dai nobili, egli era “il faccendiere, lo strumento di tutti coloro” poiché gli venivano commissionati tanti omicidi e intimidazioni che fu costretto ad andarsene, perché messo al bando. Dopo un po' di tempo, nel quale aveva mantenuto le sua amicizie e la sua attività, “si risolvette di tornare a casa (…) in un castello confinante col territorio bergamasco”. L'innominato, però, oltre a fare favori ai potenti, aiutava anche i più deboli a liberarsi ad esempio da qualche (altro) tiranno che non  dava loro pace. Per questo si era persino talvolta verificato che “quel nome tanto temuto e abborrito” fosse stato “benedetto” da qualcuno che ne era stato favorito.


Nessun commento:

Posta un commento