UN’IDEA DELLE CORTI
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Le corti quattrocentesche e
cinquecentesche riescono a essere, nel contempo, luoghi aperti e chiusi: forme istituzionalizzate di potere, ma fucine
di innovative idee artistiche, in ambito
letterario, figurativo, teatrale, e di idee scientifiche e politiche.
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Di qui la volontà di pervenire alla
definizione di modelli ideali, da quello del cortigiano a quello della lingua
cortigiana (operazione omogeneizzante).
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Corti culturalmente rilevanti fin dal
primo Quattrocento: Mantova,
Urbino, Ferrara.
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Fra le città Milano (Visconti, Sforza), Firenze (dal 1434 Medici), Roma e Venezia.
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In particolare Lorenzo de’ Medici,
poeta, si fa promotore di molteplici iniziative letterarie e artistiche: dibattiti
filosofici presso l’Accademia neoplatonica (Marsilio Ficino).
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A Roma è a partire dalla metà del
Quattrocento, con papa Eugenio IV, a attivarsi un centro di studi umanistici,
poi papi umanisti come Pio II (al secolo Enea Silvio Piccolomini) e i papi del
primo Cinquecento, di casa Medici, Leone X e Clemente VII (1513-21 il primo,
1523-34 il secondo).
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Napoli è un altro centro culturale molto
attivo, dove fiorisce l’accademia Pontaniana (dal Pontano, 1501) e l’intensa
produzione di Iacopo Sannazzaro.
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Nelle città si trovano svariati luoghi
deputati allo scambio culturale: le università, ovviamente, e le biblioteche.
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Si è anche verificata, tra l’altro, la
grande rivoluzione legata alla nascita della stampa: i libri non sono più
trascritti da amanuensi bibliotecari, ma vengono stampati in botteghe
specializzate (Aldo Manuzio a Venezia)
PRINCIPIO DI IMITAZIONE
E TRATTATI
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Intorno al principio di imitazione e al
concetto di modello si incentrano svariate discussioni di carattere filologico,
storico, artistico.
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Si cercano modelli, sulla base dei quali
impostare il comportamento quotidiano, privato e collettivo.
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L’effetto più diretto di questa tendenza
alla formulazione di modelli e alla codificazione di regole cui attenersi è la
diffusione della forma trattato.
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La differenza sostanziale fra i trattati
umanisti e quelli rinascimentali risale al fatto che i primi tendono a rifarsi
agli antichi, i secondi a elaborare regole adeguate alle nuove realtà sociali.
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Il trattato è un’opera in prosa
destinata a un fine preciso: l’analisi di un problema in tutti i suoi aspetti,
la dimostrazione di una tesi la cui validità risulti dalla confutazione di
quelle contrarie.
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Il trattato può avere o la forma di
un’esposizione (come nella Poetica) o
quella di un dialogo (come in Platone e Cicerone).
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Notevolmente presente già in età
medievale (De Monarchia di Dante, Summa teologica di Tommaso) la
trattatistica ha un particolare sviluppo nel Quattrocento e resta un genere di
primo piano anche nel Cinquecento.
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Argomenti della trattatistica: tema
della formazione dell’uomo, in
considerazione del fatto che si pensa (Leon Battista Alberti, Pico della
Mirandola), che all’essere umano siano
aperte tutte le possibilità di sviluppo immaginabili, ivi compresa quella di
innalzarsi fino a Dio.
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Il trattato di Baldesar Castiglione intitolato
Il Cortegiano (pubblicato nel 1528)
appartiene al genere indirizzato a delineare (e diffondere) le caratteristiche
di un ideale umano.
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Il trattato è dialogico, in quattro
libri, ed è ambientato alla corte di
Urbino, dove si immagina che alcuni ospiti si impegnino per quattro serate in
altrettante conversazioni tese a delineare la figura del perfetto cortigiano.
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Si passa dalle qualità fisiche e morali al modo in cui il cortigiano deve fare ricorso
a queste qualità a seconda delle circostanze.
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Nel quarto libro illustra il fine ultimo a cui deve tendere il
cortigiano: essere consigliere coraggioso e sincero del principe, che da lui
deve essere spinto a imprese virtuose,
magnanime, liberali, indirizzato a non apprezzare l’adulazione ma la sincerità.
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Nell’ampia gamma di temi della
trattatistica figura anche l’arte di morire, opera anonima diffusissima nella
seconda metà del Quattrocento, che ebbe sino al secolo successivo inoltrato un’enorme
quantità di traduzioni e rifacimenti.
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