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TRADUZIONI DI LATINO: FEDRO, POSTILLA SULLA CONTRASTIVA, TACITO, SENECA, AGOSTINO (in fieri)

FEDRO Lupus et Agnus Ad rivum 1  eundem 2  lupus et agnus venerant 3 , siti compulsi 4 . Superior 5  stabat 6  lupus, longeque 7  infe...

lunedì 26 gennaio 2015

BAULE DELLE MERAVIGLIE ULTIMA PARTE




·        Gli elementi che accomunano carnevale e commedia dell’arte: mascheramento, gioco dei capovolgimenti, improvvisazione di momenti di gioco, messinscena spettacolare, espressione dell’estro individuale, armonizzato o comunque reso funzionale a quello collettivo, al divertimento, alla sua funzione sociale .
·        Carnevale e commedia dell’arte fanno parte della vita sociale, eppure sono anche in contrasto con essa, ovvero sono portatori di componenti che, qualora erompessero dai confini “legittimi” imposti alla trasgressione, potrebbero portare allo sconvolgimento dell’ordine vigente (interpretazione in chiave sociopolitica, ma soprattutto antropologica).
DAL RE DEL CARNEVALE AD ARLECCHINO: «La festa del tempo che tutto distrugge e tutto rinnova»
(M. Bachtin)
·        Esempi di ritualismi carnascialeschi sopravvissuti ancor oggi: il rogo del Re del Carnevale. «È tutta colpa sua! Maledetto sia il Re Carnevale! Lanciamo contro di lui ciò che abbiamo di più pesante, insultiamolo per quello che ci ha fatto!».
·        Qual è la colpa del Re del Carnevale?  Possiamo cercare una riposta a questo interrogativo interpretando il “rito” carnevalesco sopra descritto alla luce della cosiddetta teoria mimetica di René Girard .  La colpa del Re sarebbe allora quella di tutti i capri espiatori agli occhi dei loro persecutori: avere scatenato la crisi, una crisi nella quale tutto si confonde e si mescola, diventando caos. A dare un contributo essenziale alla creazione dell’indifferenziato e del confuso, del caos,  sarebbe, tra l’altro, principalmente la maschera.
·        Due ipotesi etimologiche per maschera: da una forma preindoeuropea masca «fuliggine, fantasma nero»oppure da   masca «strega», voce regionale di area ligure e piemontese a cui appartengono anche i derivati mascaria «incantesimo, stregoneria, magia» e mascassa «stregona, stregaccia». Masca, a sua volta, deriva dal latino tardo masca(m), sostantivo femminile usato nel medesimo significato e attestato, fra l’altro, nell’Editto di Rotari («Si quis eam strigam, quod est Masca, clamaverit»).
·        La maschera  velando il volto, lungi dal differenziare le persone, le rende tutte uguali, tutte omologhe, abolendo per un determinato arco di tempo ogni differenza di ruolo sociale, di genere, di età, di appartenenza familiare. Sempre in tema di differenza abolita o rovesciata è  anche l’accompagnamento estetico della festa, ossia la  mescolanza di colori discordanti, il  ricorso al travestimento, la  presenza dei pazzi con il loro abbigliamento variopinto e i loro perpetui vaneggiamenti (riferimento a Arlecchino, con etimologia,  e  a Pulcinella).

« "Tra' ti avante, Alichino, e Calcabrina",

cominciò elli a dire, "e tu, Cagnazzo;
e Barbariccia guidi la decina.

Libicocco vegn'oltre e Draghignazzo,
Cirïatto sannuto e Graffiacane
e Farfarello e Rubicante pazzo." »
(Inf. XXI vv. 118-123)
·        Il Carnevale presenta comunque nel suo insieme  i tratti caratteristici di tutti quei riti collettivi volti, secondo Girard, a rappresentare, esprimendo e al contempo incanalandone tutta la portata violenta in senso catartico, una crisi mimetico-indifferenziante originaria da cui una data società è uscita attraverso il sacrificio, cioè addossando“tutta la colpa” del disordine creatosi su una sola persona e poi uccidendola, ristabilendo in tal modo l’ordine sociale attraverso lo sfogo violento del “tutti contro uno”.  
·        Si tratta di un «mito di fondazione dell’identità collettiva di un paese». Origini violente, dunque, in cui l’«avvenimento che ha avuto luogo per la prima volta» è un sacrificio rituale, ripetuto simbolicamente attraverso il rogo del Re fantoccio (esempio delle monarchie sacre africane).
·         Il re è chiamato a trasgredire qualsiasi norma sociale: egli «è tenuto a commettere un incesto effettivo o simbolico [...]; gli si fanno magiare cibi proibiti; gli si fanno commettere atti di violenza; capita che gli si facciano fare bagni di sangue; gli si fanno ingerire droghe...». In sostanza, il re deve incarnare il «trasgressore per eccellenza, l’essere che non rispetta nulla, che fa sue tutte le forme di hybris, anche le più atroci», giacché egli «non è altro che una vittima in attesa di sacrificio, un condannato a morte», e dunque«bisogna che meriti il castigo che gli è riservato, quanto l’aveva già meritato, a quel che sembra, l’espulso originario». Questi riti, difatti, culminano quasi sempre con «il sacrificio reale o simbolico del monarca.
·        Il re è l’elemento diverso nell’indifferenziazione generale: è il solo in mezzo alla folla. Se gli uomini devono scaricare la propria violenza non su se stessi, bensì su un’unica vittima che muoia  per tutti e riporti la pace,allora è necessario che tale vittima presenti un elemento che la differenzi non soltanto da qualcuno, ma da tutti: uno di questi elementi è la regalità.
·         Tuttavia, ve ne sono altri, tali da costituire una diversità socialmente, unanimemente condivisa: ad esempio, la pazzia, o la deformità. Ecco così comparire il buffone , ovvero il doppio del re, l’altra sua faccia:
·        Vi sono anche buffoni elevati al rango di re, come l’emblematico caso del Bebè del Carnevale di Rocca Grimalda, studiato approfonditamente dalla filologa S. M. Barillari, personaggio tradizionale dell’Alto Monferrato, ormai in via d’estinzione: il Bebè deve il suo nome non a qualche legame con il mondo dei bambini, bensì con il mondo delle capre;  si colloca «a metà strada tra il diabolico e il buffonesco»:originariamente giullare (cioè doppio mimetico) dell’odiato sovrano, egli «gode di tutte le licenze connesse alla libertas carnevalesca», fungendo così da «ministro tollerato ed isolato della trasgressione»  o meglio, da «elemento di irregolarità» rispetto al «rassicurante omeomorfismo» dello spazio sociale.
·         Infine, sempre Girard, ha di recente introdotto, trattando della festa  come rituale mimetico e pre-sacrificale, il concetto  di una «antifesta», un cerimoniale ravvisabile in molte culture studiate dagli antropologi: l’«antifesta» è una sorta di  doppio mimetico della festa stessa, ovvero un «periodo di estrema austerità, un accrescimento di rigore nel rispetto dei divieti; in un tale momento, la comunità prenderà precauzioni straordinarie per evitare la ricaduta nella violenza reciproca».
·        Il saturnale si è mutato nel suo contrario, il baccanale è diventato quaresima , ma il rito non ha cambiato scopo».



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