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TRADUZIONI DI LATINO: FEDRO, POSTILLA SULLA CONTRASTIVA, TACITO, SENECA, AGOSTINO (in fieri)

FEDRO Lupus et Agnus Ad rivum 1  eundem 2  lupus et agnus venerant 3 , siti compulsi 4 . Superior 5  stabat 6  lupus, longeque 7  infe...

giovedì 29 gennaio 2015

FINALE DELLA LEZIONE SOSPESA

"Ecco così comparire il buffone , ovvero il doppio del re, l’altra sua faccia: «il re ha un corrispettivo nella persona del suo buffone, il quale condivide col suo signore  un isolamento effettivo,  che si rivela spesso più importante in se stesso che per il valore positivo o negativo, facilmente reversibile, che gli si può attribuire". (Ibidem). A riprova di ciò, nel Carnevale spesso le due figure si confondono fino a coincidere: vi sono re dai tratti anche fisicamente buffoneschi, a testimonianza dello stigma di “diverso” attribuito alla vittima (è in questo senso che si devono leggere «le gobbe di incredibile grandezza» e i «nasi mostruosi» di cui parla Bachtin), così come i «portatori di malformazioni fisiche». Vi sono anche buffoni elevati al rango di re, come l’emblematico caso del Bebè del Carnevale di Rocca Grimalda, studiato approfonditamente dalla filologa S. M. Barillari, personaggio tradizionale dell’Alto Monferrato, ormai in via d’estinzione: il Bebè deve il suo nome non a qualche legame con il mondo dei bambini, bensì con il mondo delle capre – o, sarebbe meglio dire, dei capri (espiatori). Bebè (dal verso caprino) è infatti il nome che designa, in una leggenda popolare di Visone [è una località in provincia di Alessandria], una «capretta dai connotati inferi, con corna di ferro e denti d’acciaio» Questi particolari si ritrovano nella sua omonima maschera carnevalesca, che presenta un «cappuccio sormontato da due “cornacce” rese rigide, forse, da un’imbottitura, e ritorte all’indietro come quelle delle capre». Il Bebè – chiamato anche Carnevale, in quanto è il personaggio «volto ad incarnarne più di altri lo spirito, sussumendone in sé le funzioni “sceniche” e rituali»  si colloca «a metà strada tra il diabolico e il buffonesco»:originariamente giullare (cioè doppio mimetico) dell’odiato sovrano, egli «gode di tutte le licenze connesse alla
libertas carnevalesca», fungendo così da «ministro tollerato ed isolato della trasgressione»  o meglio, da «elemento di irregolarità» rispetto al «rassicurante omeomorfismo» dello spazio sociale. Con il suo «riso ambivalente e demistificante» punta al«coinvolgimento di tutti gli abitanti nel rito». Questo  tradizionalmente culminava, com’è naturale, con la sua messa a morte, rievocante simbolicamente l’evento fondativo della comunità,ovvero l’uccisione dell’odiato storico sovrano locale: il Bebè è dunque a tutti gli effetti un doppio del re, la cui funzione regale è riconosciuta in proporzione diretta rispetto a quella di vittima. Infine, sempre Girard, ha di recente introdotto, trattando della festa  come rituale mimetico e pre-sacrificale, il concetto  di una «antifesta», un cerimoniale ravvisabile in molte culture studiate dagli antropologi: l’«antifesta» è una sorta di  doppio mimetico della festa stessa, ovvero un «periodo di estrema austerità, un accrescimento di rigore nel rispetto dei divieti; in un tale momento, la comunità prenderà precauzioni straordinarie per evitare la ricaduta nella violenza reciproca». Questo non toglie che permangano anche nell’antifesta tutti gli altri elementi caratteristici della festa: «stessa periodicità, interruzione delle attività normali e, naturalmente, riti di espulsione sacrificale» La funzione sia dell’una che dell’altra è infatti la medesima:«La logica dell’antifesta è evidente quanto quella della festa. Si tratta di riprodurre gli effetti benefici dell’unanimità violenta, risparmiandosi nel contempo le terribili tappe che la precedono e che, stavolta, sono ricordate in modo negativo. [...] Si accumulano le impurità: nel periodo che precede immediatamente la celebrazione del rito, periodo che è in ogni modo associato alla crisi sacrificale, non si deve più procedere se non con estrema prudenza; la comunità percepisce se stessa come un deposito di munizioni. Il saturnale si è mutato nel suo contrario, il baccanale è diventato quaresima , ma il rito non ha cambiato scopo».L’accenno alla quaresima, qui concepita come antifesta rispetto al baccanale, non è casuale anche ai fini della nostra analisi: la quaresima infatti è il periodo che inizia proprio alla fine del Carnevale,che ne rappresenta cioè il “doppio”. Riportando questo rapporto sull’evento che sancisce la fine di entrambi, dovremmo allora interpretare la Croce come anti-Carnevale, Gesù come anti-Re; oppure,scambiando i termini del rapporto, il Re del Carnevale come Anticristo. (cfr. a questo punto, il post Capriole, ecc.) 




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