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TRADUZIONI DI LATINO: FEDRO, POSTILLA SULLA CONTRASTIVA, TACITO, SENECA, AGOSTINO (in fieri)

FEDRO Lupus et Agnus Ad rivum 1  eundem 2  lupus et agnus venerant 3 , siti compulsi 4 . Superior 5  stabat 6  lupus, longeque 7  infe...

mercoledì 28 gennaio 2015

SINTESI VII CANTO

Ogni canto contiene un numero di versi endecasillabi da un minimo di 115 (il canto XI dell'Inferno) a un massimo di 160 (XXXII Purgatorio), per una media di 142 versi circa a canto e per un totale di 14.233 versi. L'ultimo verso è sempre isolato (ma in rima incatenata con i precedenti).

·        Sordello e Virgilio si abbracciano più e più volte e solo allora il primo si preoccupa di sapere chi siano
·        Presentazione di Virgilio (epoca di Ottaviano, ha perduto il Cielo solo per la mancanza di fede).
·        Sordello lo abbraccia nuovamente, questa volta però  con reverenza, poi gli rende omaggio per aver utilizzato la lingua latina al massimo della sua pregnanza espressiva.
·        Riassunto del viaggio (analessi), descrizione del limbo, richiesta di indicazioni sulla strada da seguire.  
·         Sordello risponde che le anime come lui  non hanno fissa dimora, ma possono vagabondare qua e là; enuncia poi una legge del purgatorio (impossibilità di muoversi durante la notte).  
·        Richiesta di spiegazioni da parte di Virgilio: non vi è un impedimento oggettivo, ma una soggettiva adesione al divieto di salire quando calano le tenebre.
·        Virgilio accetta che lui e il viator siano guidati da Sordello verso il gruppo di anime cui egli ha appena fatto riferimento. Sordello li conduce in direzione di una valle, che Dante prende a descrivere.
·         Le anime che si trovano in questa valle intonano il Salve, Regina. Sordello suggerisce di non scendere ancora fra loro, ma di farseli  indicare da lui dalla posizione in cui si trovano: elenca così svariati personaggi, quali l’imperatore Rodolfo I d’Asburgo, Otakar II re di Boemia, Filippo III l’Ardito re di Francia, Enrico I il Grasso re di Navarra, Pietro III d’Aragona, Carlo I d’Angiò (entrambi re di Sicilia) e Alfonso III, nipote di Manfredi, precocemente morto. Sono tutti re negligenti (di rado la virtù si eredita, perché Dio fa in modo che risulti chiaro che l’elargirla dipende interamente da lui).  
·        Conclude dicendo che infatti i discendenti dei succitati Pietro III e Carlo I sono pessimi regnanti e rivolge poi l’attenzione a uno che se ne sta da una parte ed è Enrico III d’Inghilterra, ritenuto dai contemporanei una specie  di babbeo, al quale Dante riconosce di essere stato un semplice, ma con un’ottima discendenza  (Edoardo I).

·        Chiude la rassegna di principi il Marchese del Monferrato Guglielmo VII, il cui figlio ha scatenato, per vendicarne la morte per mano degli alessandrini, una feroce guerriglia a spese del Monferrato e del Canavese. 

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