Ogni canto contiene un numero di versi endecasillabi da un minimo di 115 (il canto XI dell'Inferno) a un massimo di 160 (XXXII Purgatorio), per una media di 142 versi circa a canto e per un totale di 14.233 versi. L'ultimo verso è sempre isolato (ma in rima incatenata con i precedenti).
·
Sordello e Virgilio si abbracciano più e
più volte e solo allora il primo si preoccupa di sapere chi siano
·
Presentazione di Virgilio (epoca di
Ottaviano, ha perduto il Cielo solo per la mancanza di fede).
·
Sordello lo abbraccia nuovamente, questa
volta però con reverenza, poi gli rende
omaggio per aver utilizzato la lingua latina al massimo della sua pregnanza
espressiva.
·
Riassunto del viaggio (analessi),
descrizione del limbo, richiesta di indicazioni sulla strada da seguire.
·
Sordello
risponde che le anime come lui non hanno
fissa dimora, ma possono vagabondare qua e là; enuncia poi una legge del
purgatorio (impossibilità di muoversi durante la notte).
·
Richiesta di spiegazioni da parte di
Virgilio: non vi è un impedimento oggettivo, ma una soggettiva adesione al
divieto di salire quando calano le tenebre.
·
Virgilio accetta che lui e il viator
siano guidati da Sordello verso il gruppo di anime cui egli ha appena fatto
riferimento. Sordello li conduce in direzione di una valle, che Dante prende a
descrivere.
·
Le anime che si trovano in questa valle intonano
il Salve, Regina. Sordello suggerisce
di non scendere ancora fra loro, ma di farseli indicare da lui dalla posizione in cui si
trovano: elenca così svariati personaggi, quali l’imperatore Rodolfo I d’Asburgo,
Otakar II re di Boemia, Filippo III l’Ardito re di Francia, Enrico I il Grasso
re di Navarra, Pietro III d’Aragona, Carlo I d’Angiò (entrambi re di Sicilia) e
Alfonso III, nipote di Manfredi, precocemente morto. Sono tutti re negligenti (di
rado la virtù si eredita, perché Dio fa in modo che risulti chiaro che l’elargirla
dipende interamente da lui).
·
Conclude dicendo che infatti i
discendenti dei succitati Pietro III e Carlo I sono pessimi regnanti e rivolge
poi l’attenzione a uno che se ne sta da una parte ed è Enrico III
d’Inghilterra, ritenuto dai contemporanei una specie di babbeo, al quale Dante riconosce di essere
stato un semplice, ma con un’ottima discendenza
(Edoardo I).
·
Chiude la rassegna di principi il
Marchese del Monferrato Guglielmo VII, il cui figlio ha scatenato, per
vendicarne la morte per mano degli alessandrini, una feroce guerriglia a spese
del Monferrato e del Canavese.
Nessun commento:
Posta un commento