Tartaglia, figlio del Re di Coppe, è in preda a una misteriosa e mortale malinconia, che
scopriremo
dovuta soprattutto al
venefico effetto dei versi martelliani propinatigli dalla fata Morgana, sotto le cui mentite
spoglie si cela, en travestie, uno dei due rivali di Gozzi, l’abate
Chiari.
Invano il padre,
il Re di Coppe e il ministro Pantalone
si affannano per salvarlo, consultando i migliori medici e organizzando
feste e divertimenti di ogni genere. Contro la guarigione del principe tramano Clarice,
Leandro e Brighella, mentre a sostegno del Re di Coppe, Silvio, e di Pantalone è
schierato il mago Celio, che altro non è se non un grottesco mascheramento fiabesco di un
altro Carlo: il rivale Goldoni.
Alla corte del
Re di Coppe si presenta la fata Morgana, travestita da orrida e sguaiata megera
(travestimento nel travestimento che risemantizza la stessa, collaudatissima e fortunata,
pratica testuale), proprio mentre Truffaldino (che incarna la commedia dell’arte) tenta
in mille modi di divertire il principe Tartaglia. Alla vista della vecchia e del suo
comportamento sgraziato e grottesco il principe scoppia in una fragorosa e irrefrenabile
risata che lo libera d’incanto dalla sua misteriosa malattia. Per ripicca Morgana gli
lancia una terribile maledizione in versi martelliani («Apri l'orecchio, o barbaro; passi
la voce al core; / né muro, o monte fermino il suon del mio furore; / Come spezzante
fulmine si ficca nel terreno, / così questi miei detti ti si ficchino in seno[…]»)
che lo condanna a porsi alla ricerca delle tre melarance tenute prigioniere
dalla gigantessa e
maga Creonta, personaggio tratto dal Morgante pulciano. Dopo varie disavventure, il
giovane riesce però ad impadronirsi dei frutti, da cui balzano fuori tre bellissime
fanciulle e a sposare l’ultima, Ninetta, figlia del re degli Antipodi. Alla
fine, come in ogni
fiaba che si rispetti, l'inganno è sciolto, i malvagi sono puniti e i buoni si apprestano a
partecipare al banchetto nuziale presieduto da Celio che esorta Truffaldino a
tener lungi i versi martelliani diabolici dalle regie pignatte. Il tutto si
conclude con un tuffo acrobatico
nella contemporaneità, secondo modalità proprie del travestimento, immediatamente
percepibili nella «calda raccomandazione all'uditorio, perch’egli volesse farsi
intercessore coi signori gazzettieri in vantaggio della buona fama di questa fanfaluca misteriosa».
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