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giovedì 11 giugno 2015

da Il Manifesto dell'11 giugno 2015 - articolo di Anna Angelucci e musica dell'ultimo giorno

Pur utilizzando un blog per la didattica, sottoscrivo completamente quanto esprime questo articolo. Per tedio subentratomi (fortunatamente solo all'ultimo) delle mie stesse parole ho evitato un "discorso di fine anno" e nemmeno son riuscita a farvi ascoltare una musica che lo sostituisse egregiamente. Pongo rimedio inserendo, prima dell'articolo, questo video: il Mephisto Waltz di Liszt mi è caro per molte ragioni ed è stato la colonna sonora del mio anno scolastico. 
Buona estate a tutti, 
cb

Intel­let­tuale à la page, affa­bu­la­tore mul­ti­me­diale, varia­mente scrittore-saggista-critico musicale-conduttore televisivo-pianista-sceneggiatore-regista, pro­prie­ta­rio, ani­ma­tore e docente di una scuola pri­vata per aspi­ranti neo Salin­ger 2.0: non man­cano le cre­den­ziali ad Ales­san­dro Baricco — teo­rico del bar­ba­rico che avanza — per par­lare di scuola, inse­gnanti e dise­gno di legge del suo amico Mat­teo Renzi. Dal pul­pito radi­cal chic di Repub­blica delle Idee 2015, ça va sans dire.
La pre­messa epi­ste­mo­lo­gica del ragio­na­mento di Baricco è que­sta: essendo i para­digmi dell’esperienza pro­fon­da­mente mutati – mul­ti­ta­sking e sur­fing i nuovi modelli – i gio­vani pri­vi­le­giano gesti e moda­lità cono­sci­tive in con­ti­nuo movi­mento e affa­stel­la­mento, il cui fine non è una meta da rag­giun­gere, den­tro o fuori di noi, ma il movi­mento stesso.
E la scuola pub­blica ita­liana con­tem­po­ra­nea, lungi dall’essere capace di caval­care in super­fi­cie l’onda della bar­ba­rica moder­nità – gover­nan­dola — si ostina a voler infi­lare gli stu­denti nella pro­fon­dità del lavoro di scavo e della ricerca di senso, poco utile e per nulla dilettevole.
Meta­fo­ri­ca­mente, ci dice, un cre­pac­cio. Mor­ti­fero. Che va evi­tato per­cor­rendo nuove strade. Più oriz­zon­tali che ver­ti­cali, più acces­si­bili che pro­fonde, più facili, sti­mo­lanti, ori­gi­nali, veloci, diver­tenti che fati­cose e complesse.
Lo stru­mento per­fetto cui la scuola dovrebbe ispi­rarsi, sug­ge­ri­sce il pro­fes­sor Baricco, è il video­gioco, più util­mente arti­co­lato e impe­gna­tivo sotto il pro­filo for­ma­tivo delle tra­di­zio­nali ope­ra­zioni con mele e con pere, come sa per espe­rienza di padre.
Il modello è quello anglo­sas­sone in cui, ci spiega, il docente regi­stra una lezione per­fetta, che i ragazzi guar­dano a casa. L’esempio, aggiun­ge­rei per com­ple­tezza del ragio­na­mento, potrebbe essere quello di Renzi e Orfini ine­be­titi davanti a un video­game con il pad della play­sta­tion in mano, nell’attesa dei risul­tati delle ultime ele­zioni regionali.
La scuola ideale, secondo Baricco e i can­tori delle magni­fi­che sorti e pro­gres­sive del digi­tale, è quella che eli­mina l’insegnante e, insieme, altre cose inu­tili e supe­rate, come la divi­sione in mate­rie e classi. Baricco è in buona com­pa­gnia: anche la sena­trice Puglisi, respon­sa­bile Istru­zione del Pd, dal suo blog invoca il supe­ra­mento della logica addi­tiva delle disci­pline al grido di basta lamen­ti­smo, e addi­rit­tura Luigi Ber­lin­guer, meri­to­cra­ti­ca­mente tito­lato a discet­tare vita natu­ral durante di teo­ria e prassi dell’istruzione in Ita­lia pro­prio in virtù delle sue leggi, respon­sa­bili del declino di scuola e uni­ver­sità nell’ultimo quin­di­cen­nio, ci rim­pro­vera per le nostre lezioni ex cathe­dra, i pro­grammi, le mate­rie, i per­corsi, e finan­che, dalle pagine del Cor­riere, per l’arcaicità della moti­va­zione educativa.
Che dire? Da Gram­sci, Cala­man­drei, don Milani e dall’idea di una scuola in cui pro­prio attra­verso la fatica dell’impegno col­let­tivo e coo­pe­ra­tivo si diventa cit­ta­dini istruiti, a Baricco, Ber­lin­guer, Puglisi, por­ta­tori di un’idea di scuola che pro­muove — diver­tendo benin­teso — l’autismo.
Gli epi­fe­no­meni della società dello spet­ta­colo col­pi­scono anche qui, a scuola, ultima trin­cea delle forme di sapere logico-critiche com­plesse che si stanno per­dendo, estrema difesa dall’iperstimolazione sine­ste­tica super­fi­ciale digi­tale assurta a totem dei nostri tempi, che aggrega infor­ma­zione e nega la cono­scenza, la pro­fon­dità, l’empatia, la com­pas­sione, la con­tem­pla­zione, il tempo.
Se fai una lezione in cor­pore vili ma non pro­poni un ‘evento’ sei out. Se parli e leggi un libro ma non sfo­deri un tablet o un iPad sei out. Se guardi negli occhi e ascolti i tuoi stu­denti ma non sei con­nesso sei out. Se stai in classe ma non sei sui social sei out. Per­ché, come ci spie­gano gli epi­fe­no­meni, se hai gli attri­buti ma non hai l’accessorio sei out.

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