ESERCIZI
DI SCRITTURA
SEZIONE
A
In
questa sezione si trovano elencati spunti di scrittura: considerateli alla
stregua di “argomenti” da traccia di tipologia B dell’esame di Stato. Voi
dovete quindi trovare (e questa rappresenta una variante rispetto alle tracce d’esame
o a quelle che assegno io) 4-5 documenti, sulla base dei quali procedere all’organizzazione
dello svolgimento secondo modello SAGGIO fornito in corso d’anno sul blog (post
Saggio breve: Violenza e non-violenza),
con le solite consegne: 4-5 colonne di foglio protocollo, titolo obbligatorio.
MODELLO
SAGGIO BREVE
·
Un
bene che più si divide, più aumenta (socio-economico/storico politico).
·
Sehnsucht: una categoria dello spirito
romantico (artistico letterario).
·
Noia,
ennui, spleen (artistico letterario).
·
Umanesimo,
transumanesimo e postumanesimo (tecnico-scientifico).
·
L’arte
come ricerca dell’assoluto (artistico-letterario).
·
Tifoserie
violente dal secondo Novecento a oggi (storico-politico).
SEZIONE
B
In
questa sezione si trovano elencati spunti di scrittura creativa variamente
concepiti.
·
Ispirati,
per uno scritto di qualsivoglia genere e forma, a questo quadro di Max Ernst (1891-1976) :
·
Ispirati,
per un racconto breve, a questo passo tratto da Calvino, Il castello dei destini incrociati: “al centro di tutto c’è il
nulla. Proprio come nella fisica epicurea: la materia si dispone a occupare il
vuoto, ma è lui a determinare tutto, è attorno all’assenza che si costruisce
ciò che c’è.”.
·
Ispirati
(o non ispirati) a quello che ti pare,
per scrivere come vuoi quello che vuoi.
L’unica cosa che non puoi fare è non scrivere.
SEZIONE
C
ANALISI
DEL TESTO
Di
seguito sono riportati tre testi poetici
e uno narrativo, che devi analizzare secondo questo schema (da trattare
liberamente i punti 2-3): 1) riproduzione dei contenuti; 2) analisi
retorico-stilistica; 3) considerazioni storico-letterarie e riflessioni
personali.
·
Giacomo
Leopardi, Canti, A Silvia, 1828
Silvia, rimembri ancora
quel tempo della tua vita mortale,
quando beltà splendea
negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
e tu, lieta e pensosa, il limitare
di gioventù salivi?
quel tempo della tua vita mortale,
quando beltà splendea
negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
e tu, lieta e pensosa, il limitare
di gioventù salivi?
Sonavan le quiete
stanze, e le vie d'intorno,
al tuo perpetuo canto,
allor che all'opre femminili intenta
sedevi, assai contenta
di quel vago avvenir che in mente avevi.
Era il maggio odoroso: e tu solevi
così menare il giorno.
stanze, e le vie d'intorno,
al tuo perpetuo canto,
allor che all'opre femminili intenta
sedevi, assai contenta
di quel vago avvenir che in mente avevi.
Era il maggio odoroso: e tu solevi
così menare il giorno.
Io gli studi leggiadri
talor lasciando e le sudate carte,
ove il tempo mio primo
e di me si spendea la miglior parte,
d’in su i veroni del paterno ostello
porgea gli orecchi al suon della tua voce,
ed alla man veloce
che percorrea la faticosa tela.
Mirava il ciel sereno,
le vie dorate e gli orti,
e quinci il mar da lungi, e quindi il monte.
Lingua mortal non dice
quel ch’io sentiva in seno.
talor lasciando e le sudate carte,
ove il tempo mio primo
e di me si spendea la miglior parte,
d’in su i veroni del paterno ostello
porgea gli orecchi al suon della tua voce,
ed alla man veloce
che percorrea la faticosa tela.
Mirava il ciel sereno,
le vie dorate e gli orti,
e quinci il mar da lungi, e quindi il monte.
Lingua mortal non dice
quel ch’io sentiva in seno.
Che pensieri soavi,
che speranze, che cori, o Silvia mia!
Quale allor ci apparia
la vita umana e il fato!
Quando sovviemmi di cotanta speme,
un affetto mi preme
acerbo e sconsolato,
e tornami a doler di mia sventura.
O natura, o natura,
perché non rendi poi
quel che prometti allor? perché di tanto
inganni i figli tuoi?
che speranze, che cori, o Silvia mia!
Quale allor ci apparia
la vita umana e il fato!
Quando sovviemmi di cotanta speme,
un affetto mi preme
acerbo e sconsolato,
e tornami a doler di mia sventura.
O natura, o natura,
perché non rendi poi
quel che prometti allor? perché di tanto
inganni i figli tuoi?
Tu pria che l’erbe inaridisse il verno,
da chiuso morbo combattuta e vinta,
perivi, o tenerella. E non vedevi
il fior degli anni tuoi;
non ti molceva il core
la dolce lode or delle negre chiome,
or degli sguardi innamorati e schivi;
né teco le compagne ai dì festivi
ragionavan d’amore.
da chiuso morbo combattuta e vinta,
perivi, o tenerella. E non vedevi
il fior degli anni tuoi;
non ti molceva il core
la dolce lode or delle negre chiome,
or degli sguardi innamorati e schivi;
né teco le compagne ai dì festivi
ragionavan d’amore.
Anche perìa fra poco
la speranza mia dolce: agli anni miei
anche negaro i fati
la giovinezza. Ahi come,
come passata sei,
cara compagna dell’età mia nova,
mia lacrimata speme!
Questo è il mondo? questi
i diletti, l’amor, l’opre, gli eventi,
onde cotanto ragionammo insieme?
questa la sorte delle umane genti?
All’apparir del vero
tu, misera, cadesti: e con la mano
la fredda morte ed una tomba ignuda
mostravi di lontano.
la speranza mia dolce: agli anni miei
anche negaro i fati
la giovinezza. Ahi come,
come passata sei,
cara compagna dell’età mia nova,
mia lacrimata speme!
Questo è il mondo? questi
i diletti, l’amor, l’opre, gli eventi,
onde cotanto ragionammo insieme?
questa la sorte delle umane genti?
All’apparir del vero
tu, misera, cadesti: e con la mano
la fredda morte ed una tomba ignuda
mostravi di lontano.
·
A.
Palazzeschi, L’incendiario (ultima
parte), Poesie futuriste, 1910
Là sopra il mio banco ove nacque,
il mio libro, come per benedizione
io brucio il primo esemplare,
e guardo avido quella fiamma,
e godo, e mi ravvivo,
e sento salirmi il calore alla testa
come se bruciasse il mio cervello.
Come mi sento vile innanzi a te!
Come mi sento meschino!
Vorrei scrivere soltanto per bruciare!
Nel segreto delle mie stanze
passeggio vestito di rosso,
e mi guardo in un vecchio specchio,
pieno di ebbrezza,
come fossi una fiamma,
una povera fiamma che aspetta….
il tuo riflesso!
Fuori vado vestito di grigio,
ovvero di nessun colore,
c’è anche per le vesti una polizia,
come per le parole.
E quella per il fuoco
è tremenda, accanita,
gli uomini ànno orrore delle fiamme,
gli uomini seri,
per questo anno inventato i pompieri.
il mio libro, come per benedizione
io brucio il primo esemplare,
e guardo avido quella fiamma,
e godo, e mi ravvivo,
e sento salirmi il calore alla testa
come se bruciasse il mio cervello.
Come mi sento vile innanzi a te!
Come mi sento meschino!
Vorrei scrivere soltanto per bruciare!
Nel segreto delle mie stanze
passeggio vestito di rosso,
e mi guardo in un vecchio specchio,
pieno di ebbrezza,
come fossi una fiamma,
una povera fiamma che aspetta….
il tuo riflesso!
Fuori vado vestito di grigio,
ovvero di nessun colore,
c’è anche per le vesti una polizia,
come per le parole.
E quella per il fuoco
è tremenda, accanita,
gli uomini ànno orrore delle fiamme,
gli uomini seri,
per questo anno inventato i pompieri.
Tu mi guardi,
senza parlare,
tu non parli,
e i tuoi occhi mi dicono:
uomo, poco farai tu che ciarli.
Ma fido in te!
T’apro la gabbia vài
Guardali, guardali, come fuggono!
Sono forsennati dall’orrore,
la paura gli à tutti impazzati.
Potete andare, fuggite, fuggite,
egli vi raggiungerà!
tu non parli,
e i tuoi occhi mi dicono:
uomo, poco farai tu che ciarli.
Ma fido in te!
T’apro la gabbia vài
Guardali, guardali, come fuggono!
Sono forsennati dall’orrore,
la paura gli à tutti impazzati.
Potete andare, fuggite, fuggite,
egli vi raggiungerà!
E una di queste
mattine,
uscendo dalla mia casa,
fra le consuete catapecchie,
non vedrò più le vecchie
reliquie tarlite,
così gelosamente custodite
da tanto tempo!
Non le vedrò più!
Avrò un urlo di gioia!
Ci sei passato tu!
E dopo mi sentirò lambire le vesti,
le fiamme arderanno
sotto la mia casa….
griderò, esulterò,
m’avrai data la vita!
Io sono una fiamma che aspetta!
Va, passa fratello, corri, a riscaldare
la gelida carcassa
di questo vecchio mondo!
uscendo dalla mia casa,
fra le consuete catapecchie,
non vedrò più le vecchie
reliquie tarlite,
così gelosamente custodite
da tanto tempo!
Non le vedrò più!
Avrò un urlo di gioia!
Ci sei passato tu!
E dopo mi sentirò lambire le vesti,
le fiamme arderanno
sotto la mia casa….
griderò, esulterò,
m’avrai data la vita!
Io sono una fiamma che aspetta!
Va, passa fratello, corri, a riscaldare
la gelida carcassa
di questo vecchio mondo!
·
Sandro
Penna, Forse la giovinezza è solo questo
(1906-1977)
Forse la giovinezza è solo questo
perenne amare i sensi e non pentirsi
perenne amare i sensi e non pentirsi
Forse l’ispirazione è solo un urlo
confuso. Ma entro le colonne della
legge, ridendo si masturba ogni fanciullo.
confuso. Ma entro le colonne della
legge, ridendo si masturba ogni fanciullo.
Appoggio la mia fronte alla ringhiera
gelida del cancello. La mia notte
ascolta dileguare ogni fanciullo.
gelida del cancello. La mia notte
ascolta dileguare ogni fanciullo.
Arso completamente dalla vita
io vivo in essa felice e dissolto.
La mia pena d’amore non ascolto
più di quanto non curi la ferita.
io vivo in essa felice e dissolto.
La mia pena d’amore non ascolto
più di quanto non curi la ferita.
Forse è meglio soffrire che godere.
O forse tutto è uguale. Anche la neve
è più bella del sole. Ma l’amore…
O forse tutto è uguale. Anche la neve
è più bella del sole. Ma l’amore…
·
Elias
Canetti, Auto da fé, 1935
Non c'è bisogno che vi ricordi
[il protagonista, Kien, sta parlando ai libri della sua biblioteca] in
modo particolareggiato la storia antichissima e superba delle vostre
sofferenze. Scelgo soltanto un esempio per mostrarvi in maniera persuasiva
quanto vicini siano odio e amore. La storia d'un paese che tutti noi in egual
misura veneriamo, di un paese in cui voi avete goduto delle più grandi
attenzioni e dell'affetto più grande, di un paese in cui vi si è tributato
persino quel culto divino che ben meritate, narra un orribile evento, un
crimine di proporzioni mitiche, perpretato contro di voi da un sovrano
diabolico per suggerimento di un consigliere ancor più diabolico. Nell'anno 213
avanti Cristo, per ordine dell'imperatore cinese Shi Hoang-ti −
un brutale usurpatore che ebbe l'ardire di attribuire a se stesso il titolo di
"Primo, Augusto, Divino" − vennero bruciati tutti i libri esistenti
in Cina.
Quel delinquente brutale e superstizioso era per parte sua troppo ignorante per
valutare esattamente il significato dei libri sulla base dei quali veniva
combattuto il suo tirannico dominio. Ma il suo primo ministro Li-Si, un uomo che doveva
tutto ai propri libri, e dunque uno spregevole rinnegato, seppe indurlo, con un
abile memoriale, a prendere questo inaudito provvedimento. Era considerato
delitto capitale persino parlare dei classici della poesia e della storia
cinese. La tradizione orale doveva venire estirpata a un tempo con quella
scritta. Venne esclusa dalla confisca solo una piccola minoranza di libri;
quali, potete facilmente immaginare: le opere di medicina, farmacopea, arte
divinatoria, agricoltura e arboticoltura − cioè tutta una marmaglia di libri di
puro interesse pratico. «Confesso che il puzzo di bruciato dei roghi di quei
giorni giunge ancor oggi alle mie narici. A che giovò il fatto che tre anni più
tardi a quel barbaro imperatore toccasse il destino che s'era meritato? Morì, è
vero, ma ai libri morti prima di lui ciò non arrecò alcun giovamento. Erano
bruciati e tali rimasero. Ma non voglio tacere quale fu, poco dopo la morte
dell'imperatore, la fine del rinnegato Li-Si. Il successore al trono, che aveva
ben capito la sua natura diabolica, lo destituì dalla carica di primo ministro
dell'impero che egli aveva rivestito per più di trent'anni. Fu incatenato,
gettato in prigione e condannato a ricevere mille bastonate. Non un colpo gli
venne risparmiato. Fu costretto a confessare mediante la tortura i suoi
delitti. Oltre all'assassinio di centinaia di migliaia di libri aveva infatti
sulla coscienza anche altre atrocità. Il suo tentativo di ritrattare più tardi
la propria confessione fallì. Venne segato in due sulla piazza del mercato
della città di Hien-Yang, lentamente e nel senso della lunghezza, perché in
questo modo il supplizio dura più a lungo; l'ultimo pensiero di questa belva
assetata di sangue fu per la caccia. Oltre a ciò non si vergognò di scoppiare
in lacrime. Tutta la sua stirpe, dai figli a un pronipote di appena sette
giorni, sia donne che uomini, venne sterminata: tuttavia, invece di essere
condannati al rogo, come sarebbe stato giusto, ottennero la grazia di venir
passati a fil di spada. In Cina, il paese in cui la famiglia, il culto degli
antenati, il ricordo delle singole persone sono tenuti così in gran conto,
nessuna famiglia a mantenuto viva la memoria del massacratore Li-Si; solo la storia l'ha
fatto, proprio quella storia che l'indegna canaglia, più tardi finita come ho
detto, aveva voluto distruggere. (ed. 1981, pp. 98-99).
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