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giovedì 30 luglio 2015

PROPOSTA DI SCRITTURA CREATIVA (poi sparisco per un po’)

Nel 1701 l’orientalista e archeologo francese Antoine Galland,  già ambasciatore del re di Francia e ricercatore di libri antichi e opere d’arte in terra orientale per incarico della compagnia francese delle Indie Orientali, entra in possesso di una raccolta di racconti del Libano di origine persiana, tradotti in arabo nel VII secolo d.C. Galland si dedica alla loro traduzione dall’arabo, integrandoli con alcuni di fonte diversa (Simbad il marinaio) e altri  di sua invenzione (Alì Baba e i quaranta ladroni). La genesi dell’opera a noi nota come Le mille e una notte è più complessa di quanto io abbia in queste righe riassunto, dato che anche il personaggio di Sherazad, che appartiene alla cornice, è un parto della fantasia di Galland e di alcuni interlocutori (e interlocutrici) con cui condivise l’elaborazione del testo. La mia breve evocazione è finalizzata unicamente a introdurre il clima in cui nasce un’altra opera da cui mi piacerebbe prendere spunto per un lavoro di scrittura creativa. Si tratta dei Gioielli indiscreti dell’illuminista Diderot, uno dei redattori dell’Encyclopedie. Lo spirito dei libertini si rispecchia, per riassumere il motivo di fondo dell’opera, in quello di pascià vissuti diecimila anni prima dei cortigiani di Luigi XV in un impero fantastico, per ciò stesso distante quelle mille leghe utili e necessarie a non incorrere in alcuna forma di censura. Erotismo, diritto e economia sono i temi che si intrecciano nel romanzo di Diderot, che vede la luce nel 1748, non conosce inizialmente un gran successo, ma viene ampiamente rivalutato a qualche decennio di distanza ed è ancor oggi riconosciuto come un brillantissimo compendio di vizi umani impietosamente messi alla berlina. La trovata centrale consiste, per usare le parole dell’Autore medesimo, nel far “parler le cons e le culs”: il sultano protagonista, per combattere la noia, ottiene da un genio un anello magico in grado di far parlare i “gioielli” delle donne, che diventano inopinatamente bocche della verità, non di rado sconfessando quanto le “vere cavità fonatorie” vanno sostenendo in merito a fedeltà e amore. 
Dopo questa premessa, ecco la proposta di scrittura creativa.

Ideare una serie di brevi scenette (un testo teatrale, quindi) ambientate all’interno di una scuola dove qualcuno (allievo, insegnante, bidello, preside) entra in possesso di un anello che, quando viene puntato in direzione di un soggetto, fa sì che egli appunto dica quello che sta pensando del suo interlocutore o comunque “la verità” e non una contraffazione della medesima (echi pirandelliani...). Non sarebbero quindi gli organi genitali a parlare,  come in Diderot, ma le persone a essere costrette a dire la verità, tutta la verità, solo la verità. 

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