Post in evidenza

TRADUZIONI DI LATINO: FEDRO, POSTILLA SULLA CONTRASTIVA, TACITO, SENECA, AGOSTINO (in fieri)

FEDRO Lupus et Agnus Ad rivum 1  eundem 2  lupus et agnus venerant 3 , siti compulsi 4 . Superior 5  stabat 6  lupus, longeque 7  infe...

martedì 27 ottobre 2015

LA SCUOLA PUBBLICA OGGI - UN COLTELLO SENZA MANICO E SENZA LAMA

L'ARTE DI DIVENTARE COLTELLI SENZA MANICO E SENZA LAMA
La grande rivoluzione è iniziata. Le linee essenziali sono tracciate con chiarezza, la praxis è collocata al primo posto, come si addice al rapido decollo di uno dei più vasti esempi italiani di piano di gestione strategica del cambiamento della Pubblica Amministrazione (change management):  il Programma PICTO (Programma Integrato di Cambiamento Tecnologico-Organizzativo)”.
Gli insegnanti sono diventati ufficialmente lavoratori della conoscenza. Anche uno dei sindacati nazionali ne ha preso atto: FLC-CGL si denomina da non so dire quanto tempo, fatto sta che il sindacato in questione è ormai il patrono dei lavoratori della conoscenza. PICTO, si legge ancora nel Libro verde, è “un metodo per fare avvenire le cose,  genera conoscenze che rimangano all'interno delle competenze della Pubblica Istruzione”. Allora davvero la rivoluzione è avvenuta.
Per avere coscienza della rivoluzione occorre certo avere presente che cosa sia stato rivoluzionato. La memoria storica è importante, quand’anche sia evidente che la storia non è magistra vitae: negli anni Cinquanta, per esempio, gli insegnanti avevano come orizzonte di riferimento l’articolo 33 della Costituzione (“L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento.”) e i programmi nazionali. Potevano chiedere di essere esaminati da una commissione in merito alle loro competenze disciplinari e alla capacità didattica per ottenere in anticipo rispetto all’anzianità  avanzamenti stipendiali. La libertà, poteva bene essere il motto di quel periodo, si impara praticandola e la libertà culturale o inizia precocemente, viene trasmessa come valore originario e fondante, o mai. Stiamo evidentemente parlando di un’epoca in cui l’insegnamento è imparentato con l’arte, è una pratica artistica, passibile certo di svariate declinazioni, ma comunque con un’anima artistica.
Mi piacciono le ellissi: in questa che ora apro sprofondano  l’abolizione dell’avviamento al lavoro, la scuola media unica, l’istituzione dei decreti delegati, la liberalizzazione degli accessi universitari, i corsi abilitanti, le modifiche all’esame di maturità. Alla fine di essa, nel 1997 fa la sua apparizione il Libro verde della Pubblica Istruzione, voluto dal ministro dell’istruzione Luigi Berlinguer, e da lui commissionato a Federico Butera, proveniente dal mondo dell’imprenditoria, esperto di organizzazioni complesse. A lui si deve, insieme ad altri implicati nell’operazione berlingueriana, la metamorfosi degli insegnanti in lavoratori della conoscenza. 
Intanto viene  completamente travolta  la scuola dei programmi,  che imponeva  al docente un determinato territorio culturale ma gli lasciava libertà di movimento al suo interno. Al suo posto inizia a tracciarsi la scuola degli obiettivi, mentre a diventare un dogma è il progetto educativo. E si inanellano le trasformazioni lessicali: il preside   primus inter pares  diventa  dirigente scolastico, preside manager che, col suo staff,  si colloca al di sopra del corpo docente. Anche il riferimento privilegiato alla classe viene sostituito, superato dalla visione dell'Istituto come comunità performante; "la dimensione individuale,” - autoreferenziale vien detto con ludibrio -   “dell'insegnamento viene superata a favore di forme di organizzazione del lavoro collegiali, che diventano imprescindibili per l'erogazione di un servizio integrato ed organico”.  
Quanto alla professione docente, le conoscenze non devono più essere "nelle mani di un'élite di professionisti, ma distribuite nel sistema sociale", la professionalità deve essere "pervasiva, diffusa all'interno della comunità di lavoro e incorporata nelle tecnologie, nei linguaggi", sono necessarie "nuove figure professionali specialistiche".
Si suggerisce di rovesciare il rapporto insegnamento-apprendimento:
al docente che nella sua libertà propone incontri col patrimonio culturale, che i programmi nazionali delimitano, subentra l'operatore del servizio scolastico che assiste, anima, intrattiene l'allievo nelle sue attività di apprendimento (didattica capovolta).
L’arte del rovesciamento, se così si può definire, è pervasiva:  rovescia anche  il rapporto con l'esame.  La Costituzione prevede che esso sia alla fine e non il fine del percorso scolastico. Il nuovo esame di stato, soprattutto con la sua terza prova, sta trasformando l'ultimo anno di scuola superiore in attività di simulazione di prova d'esame e di preparazione alle simulazioni. 
Infine, si legge nel Libro verde   che l'art.33 della Costituzione è stato scritto "dopo il fascismo" e che oggi "grazie al profondo radicamento di una cultura democratica nessuno minaccia più l'indipendenza culturale, religiosa e politica degli insegnanti". Nessuno, forse, la minaccia, ma essa rappresenta un orizzonte di riferimento per tutti i cittadini, non solo per gli insegnanti. Il docente non è un opinionista, un conversatore da salotto o da bar: è uno studioso che ha maturato e ancora matura un rapporto libero con la cultura. È da questo insegnamento libero in radice che possono provenire modelli (al plurale) di pensiero davvero pensante, di pensiero critico, disposto al dubbio sistematico, ma anche  al confronto e  alla collaborazione. La cultura è tale solo se è libera.
Dunque è iniziata l’era dei lavoratori della conoscenza della scuola pubblica. Una scuola pubblica dove sempre più entrano interessi privati, in cui proliferano i progetti finanziati dalle Fondazioni bancarie,  si moltiplicano le offerte di concorsi e di corsi che sono i genitori a dover pagare, in aggiunta al cosiddetto contributo volontario. Una scuola pubblica che non ha più programmi ministeriali e nella quale anche la programmazione individuale dei docenti viene richiesta quasi alla fine del primo trimestre. Come se più a nessuno importasse di quello che viene fatto davvero e tutti i giorni in ogni aula che si rispetti, anche in quelle che non sono ancora 3.0. 
Allora, nell'anno zero della Grande Riforma, siamo spettatori e protagonisti di una grande realizzazione, per la quale occorrerebbe istituire un premio, magari di 500 euro, da accreditare subito sui nostri conti bancari: abbiamo dato vita al paradosso di Lichtenberg, il coltello senza manico e senza lama, una scuola pubblica dove mancano sia il denaro pubblico sia gli insegnanti. Occorrerà, per coerenza, trovarle un nuovo nome: CPP, Comunità Privata Performante.  
 

Nessun commento:

Posta un commento