Ho letto tanto, in
questi giorni, per cercare di capire. E, come sempre accade quando si compie
uno sforzo di comprensione, da un percorso di analisi si passa a due, poi tre,
poi dieci, mentre i sentieri dell’intendimento non solo si biforcano ma si moltiplicano,
sono su piani differenti, in dimensioni differenti e le voci da ascoltare sono
cori, nemmeno ben assortiti, sicché a un certo punto viene voglia di tapparsi
le orecchie e l’anima e non udire più
nulla, nascondersi da qualche parte a dormire o sorridere stancamente e senza
gioia di qualunque cosa non impegni troppo l’intelletto.
A forza di insistere,
però, a forza di cercare dove sia la piaga, per metterci il dito dentro e non
sentirsi ipocriti, mentitori, doppiogiochisti, si viene ricompensati e un
improvviso svelamento sopraggiunge, finalmente, a premiare tanta
perseveranza.
Nelle pagine di un saggio, dedicato allo jihadismo, ho
trovato un’immagine che mi ha illuminata. Un deserto. Il deserto che l'ISIS sceglie ripetutamente come sfondo delle proprie foto
propagandistiche. Dune, davanti alla quali uomini in nero imbracciano fucili,
distese di sabbia infuocata e gelida inadatte alla vita, ma ideali per
rappresentare un progetto:
l’annientamento di un mondo che merita di essere polverizzato. Si può
spingere l’immaginazione fino al punto di vedere i vortici di vento che
spazzano palazzi e ponti, insediamenti
che duravano da millenni e che vengono in un attimo ridotti ai minimi termini
di pietrisco e arena, destinati a perdurare nel tempo forse di là dai confini
dell’umano. E questo è il deserto numero uno.
Ora, il numero due. Non
è frutto di propaganda concertata, non è visibile ma occulto e pervasivo. È ovunque, negli
occhi e nell’interiorità della maggioranza di noi, forse di tutti noi, contrapposti a loro
a dispetto di un’evidente, non esaltante per nessuno, somiglianza. Involucri
vuoti, sacchetti pronti a riempirsi di qualsiasi pattume, desertificati
nell’intimo, portatori dell’ideologia della desertificazione, a livello
ambientale, umano, organizzativo, lavorativo, politico, scolastico,
intellettuale, culturale. Deserto ovunque, asfissia. Quali sono i nostri valori? Quale pienezza opponiamo al progetto di annientamento della nostra civiltà che
gli uomini in nero sullo sfondo del deserto stanno perseguendo? Negli spazi
vuoti venutisi a creare si insinua di tutto: paura, risentimento, odio, ma
soprattutto quantità esponenziali di stupidità. Non più solo banale, il male è
profondamente stupido e sarebbe sufficiente, per sgominarlo una volta per
tutte, un soprassalto di vera intelligenza. Siamo intenzionati ad alzare il
velo, dovremmo dire tutti insieme. Siamo intenzionati a riempire il vuoto che
abbiamo creato in noi con parole attive, feconde,
creative. Cosa stiamo ancora aspettando per ribellarci sul serio alla dittatura della stupidità?
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