Dante
Alighieri, Divina Commedia, Paradiso I
RICCIARDI FONTANA RACHITEANU GAMBINI
La
gloria di colui che tutto move
per l'universo penetra, e risplende in una parte più e meno altrove. Nel ciel che più de la sua luce prende fu' io, e vidi cose che ridire né sa né può chi di là sù discende; perché appressando sé al suo disire, nostro intelletto si profonda tanto, che dietro la memoria non può ire. Veramente quant'io del regno santo ne la mia mente potei far tesoro, sarà ora materia del mio canto. O buono Appollo, a l'ultimo lavoro fammi del tuo valor sì fatto vaso, come dimandi a dar l'amato alloro. Infino a qui l'un giogo di Parnaso assai mi fu; ma or con amendue m'è uopo intrar ne l'aringo rimaso. Entra nel petto mio, e spira tue sì come quando Marsia traesti de la vagina de le membra sue. O divina virtù, se mi ti presti tanto che l'ombra del beato regno segnata nel mio capo io manifesti, vedra'mi al piè del tuo diletto legno venire, e coronarmi de le foglie che la materia e tu mi farai degno. Sì rade volte, padre, se ne coglie per triunfare o cesare o poeta, colpa e vergogna de l'umane voglie, che parturir letizia in su la lieta delfica deità dovria la fronda peneia, quando alcun di sé asseta. Poca favilla gran fiamma seconda: forse di retro a me con miglior voci si pregherà perché Cirra risponda. Surge ai mortali per diverse foci la lucerna del mondo; ma da quella che quattro cerchi giugne con tre croci, con miglior corso e con migliore stella esce congiunta, e la mondana cera più a suo modo tempera e suggella. Fatto avea di là mane e di qua sera tal foce, e quasi tutto era là bianco quello emisperio, e l'altra parte nera, quando Beatrice in sul sinistro fianco vidi rivolta e riguardar nel sole: aquila sì non li s'affisse unquanco. E sì come secondo raggio suole uscir del primo e risalire in suso, pur come pelegrin che tornar vuole, così de l'atto suo, per li occhi infuso ne l'imagine mia, il mio si fece, e fissi li occhi al sole oltre nostr'uso. Molto è licito là, che qui non lece a le nostre virtù, mercé del loco fatto per proprio de l'umana spece. Io nol soffersi molto, né sì poco, ch'io nol vedessi sfavillar dintorno, com'ferro che bogliente esce del foco; e di sùbito parve giorno a giorno essere aggiunto, come quei che puote avesse il ciel d'un altro sole addorno. Beatrice tutta ne l'etterne rote fissa con li occhi stava; e io in lei le luci fissi, di là sù rimote. Nel suo aspetto tal dentro mi fei, qual si fé Glauco nel gustar de l'erba che 'l fé consorto in mar de li altri dèi. Trasumanar significar per verba non si poria; però l'essemplo basti a cui esperienza grazia serba. S'i' era sol di me quel che creasti novellamente, amor che 'l ciel governi, tu 'l sai, che col tuo lume mi levasti. Quando la rota che tu sempiterni desiderato, a sé mi fece atteso con l'armonia che temperi e discerni, parvemi tanto allor del cielo acceso de la fiamma del sol, che pioggia o fiume lago non fece alcun tanto disteso. La novità del suono e 'l grande lume di lor cagion m'accesero un disio mai non sentito di cotanto acume. Ond'ella, che vedea me sì com'io, a quietarmi l'animo commosso, pria ch'io a dimandar, la bocca aprio, e cominciò: «Tu stesso ti fai grosso col falso imaginar, sì che non vedi ciò che vedresti se l'avessi scosso. Tu non se' in terra, sì come tu credi; ma folgore, fuggendo il proprio sito, non corse come tu ch'ad esso riedi». S'io fui del primo dubbio disvestito per le sorrise parolette brevi, dentro ad un nuovo più fu' inretito, e dissi: «Già contento requievi di grande ammirazion; ma ora ammiro com'io trascenda questi corpi levi». Ond'ella, appresso d'un pio sospiro, li occhi drizzò ver' me con quel sembiante che madre fa sovra figlio deliro, e cominciò: «Le cose tutte quante hanno ordine tra loro, e questo è forma che l'universo a Dio fa simigliante. Qui veggion l'alte creature l'orma de l'etterno valore, il qual è fine al quale è fatta la toccata norma. Ne l'ordine ch'io dico sono accline tutte nature, per diverse sorti, più al principio loro e men vicine; onde si muovono a diversi porti per lo gran mar de l'essere, e ciascuna con istinto a lei dato che la porti. Questi ne porta il foco inver' la luna; questi ne' cor mortali è permotore; questi la terra in sé stringe e aduna; né pur le creature che son fore d'intelligenza quest'arco saetta ma quelle c'hanno intelletto e amore. La provedenza, che cotanto assetta, del suo lume fa 'l ciel sempre quieto nel qual si volge quel c'ha maggior fretta; e ora lì, come a sito decreto, cen porta la virtù di quella corda che ciò che scocca drizza in segno lieto. Vero è che, come forma non s'accorda molte fiate a l'intenzion de l'arte, perch'a risponder la materia è sorda, così da questo corso si diparte talor la creatura, c'ha podere di piegar, così pinta, in altra parte; e sì come veder si può cadere foco di nube, sì l'impeto primo l'atterra torto da falso piacere. Non dei più ammirar, se bene stimo, lo tuo salir, se non come d'un rivo se d'alto monte scende giuso ad imo. Maraviglia sarebbe in te se, privo d'impedimento, giù ti fossi assiso, com'a terra quiete in foco vivo». Quinci rivolse inver' lo cielo il viso. |
La luce gloriosa di Dio, creatore e
motore primo dell'universo, risplende maggiormente in alcuni
luoghi e meno in altri.
Io mi trovai nel cielo dove la maggior
parte della sua luce splende e vidi cose impossibili da riportare
per chi vi discende; poiché avvicinandosi a Dio, oggetto del
desiderio, la mente si addentra così profondamente nella
coscienza che la memoria non riesce a seguirla.
Tuttavia quanto riuscii a racchiudere
nella mia mente del regno dei cieli, sarà ora oggetto della
cantica.
O grande Apollo, travasa in me la tua
virtù poetica per essere degno di portare a termine il mio
progetto.
Fino a questo punto mi è bastato
l'aiuto delle Muse ma adesso ho bisogno di entrambe le cime del
Parnaso per l'ultimo regno rimasto.
Entra nel mio
animo e ispirami con la stessa forza
con la quale vincesti e scorticasti Marsia che osò sfidarti.
Se mi si manifestasse tale virtù da
poter riportare anche solo l'ombra del regno beato che abita la
mia memoria, verrò alla base del tuo altare, per farmi incoronare
con l'alloro del quale mia hai reso degno.
Così raramente, Apollo, si coglie
alloro per il trionfo di imperatori o poeti, a causa dei desideri
peccaminosi degli uomini, che tu, protettore di Delfi,dovresti
rallegrarti quando la gloria poetica è tanto bramata.
A volte una piccola scintilla può
generare un grande incendio; forse, dopo di me, vi saranno poeti
migliori che invocheranno, speranzosi di risposta, il tuo aiuto.
Arriva ai mortali, tramite diverse vie
e condizioni, la luce solare; ma
dal punto in cui si intersecano quattro cerchi, formando tre
croci, esso nasce in congiunzione con la stagione più mite e con
una stella propizia ed esercita un più benefico influsso sul
mondo.
Nel Purgatorio era mattino e quasi
completamente illuminato, mentre in Terra era già giunta la sera
e dominava il buio, quando vidi Beatrice, girata verso sinistra,
guardando il sole; nessuna aquila lo fissò mai così
intensamente.
Così come un raggio riflesso si divide
dal suo generatore salendo verso l'alto, come un falco pellegrino
che vuole recuperare quota in seguito a una picchiata, similmente
io, vedendo l'atto di Beatrice, la imitai, rivolgendo il mio
sguardo verso il sole, oltre ogni possibilità umana.
Lì sono consentite molte più cose
alle nostre facoltà, grazie a quel luogo creato apposta per gli
esseri umani.
Non sopportai a lungo la vista del sole
ma neanche così poco da non vedere le scintille infuocate da lui
prodotte, come accade al ferro incandescente.
Subito mi sembrò che il giorno fosse
più luminoso, come se Dio avesse aggiunto un altro sole.
Beatrice aveva lo sguardo fisso al
sole, e io fissai i miei occhi nei suoi, dopo averli distolti
dalla luce troppo intensa .
Guardandola si generò in me una
sensazione simile a quella che provò Glauco nel mangiare l'erba
che lo rese un Dio marino.
Non si può spiegare parole l'elevarsi
al di sopra dei limiti umani basti, a coloro i quali il divino
riserba l'esperienza diretta, l'esempio mitologico.
Se, in
quel momento, di me restava solamente l'anima, lo puoi sapere
solamente tu, Dio, che mi innalzasti tramite la tua luce.
Quando il
moto dei cieli, che rende eterno il desiderio di te, attirò la
mia attenzione attraverso la melodia armonica che produci, mi
sembrava che la luce del sole illuminasse una pezzo di cielo molto
più vasto di qualsiasi lago creato dalle piogge o dai fiumi.
La novità
del suono e l'intensa luce generarono in me un desiderio di
conoscenza mai provato prima.
Vedendo
il mo animo tormentato Beatrice, che già conosceva i miei
pensieri, mi rispose prima ancora di aver formulato la domanda: “È
la tua immaginazione ad impedirti di comprendere quello che
veramente è la realtà. Non sei più nel regno dei mortali come
credi, ma ti stai muovendo verso il cielo più rapido di un
fulmine che si sta abbattendo sulla terra”.
Inizialmente
fui liberato da questo mio dubbio, per via delle sue brevi parole
pronunciate con il sorriso, ma subito me ne sorse un altro e dissi
: “Già mi sentivo libero dal turbamento, ma ora mi chiedo come
io possa muovermi verso l'alto seppur appesantito dal mio corpo”.
Perciò
sospirando lei volse a me uno sguardo simile a quello di una madre
verso verso il figlio delirante e pronunciò queste parole: “
Tutte le cose sono tra loro ordinate e questo è il senso che Dio
da all'universo.
In questo
ordine gli uomini scorgono la grandezza divina, la quale è il
fine per cui questo è stato creato.
Nel
progetto divino sono inserite tutte le creature secondo la loro
inclinazione, siano esse vicine o meno al creatore, queste si
muovono verso diversi fini nel mare dell'universo, ciascuna
secondo il proprio istinto naturale.
Tale
istinto porta il fuoco verso il cielo e determina le azioni non
solo degli esseri irrazionali, ma anche di quelli che sono dotati
di intelletto e amore, e tiene unita la terra.
La
Provvidenza, che stabilisce l'assetto dell'universo, rende
l'empireo sempre tranquillo e in esso si muove solo il Primo
Mobile.
Ed è li,
come luogo decretato, che la virtù ci porta e spinge tutte le
creature.
Ed è
vero che, come l'opera si ribella all'artista, essendo essa
difficile da modellare, allo stesso modo la creatura esce dal
tracciato divino, essendo dotato di libero arbitrio.
E come si
può vedere la caduta di un fulmine cosi le passioni inaridiscono
l'animo umano trascinandolo verso il basso.
Non ti
devi dunque più stupire se giudico correttamente la tua ascesa,
come non ti stupiresti di vedere un fiume che scorre da monte
verso valle. Ti dovresti meravigliare se, senza aver commesso
peccato alcuno, stesse accadendo il contrario, come se le fiamme
divampassero verso il basso”.
Rivolse
quindi lo sguardo al cielo.
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Parafrasi del canto III, Paradiso.
Cugusi,
Lupu, Proietti, Ravazzani.
Testo
Quel
sol che pria d’amor mi scaldò ‘l petto,
di bella verità m’avea scoverto, provando e riprovando, il dolce aspetto; 3 e io, per confessar corretto e certo me stesso, tanto quanto si convenne leva’ il capo a proferer più erto; 6 ma visione apparve che ritenne a sé me tanto stretto, per vedersi, che di mia confession non mi sovvenne. 9 Quali per vetri trasparenti e tersi, o ver per acque nitide e tranquille, non sì profonde che i fondi sien persi, 12 tornan d’i nostri visi le postille debili sì, che perla in bianca fronte non vien men forte a le nostre pupille; 15 tali vid’io più facce a parlar pronte; per ch’io dentro a l’error contrario corsi a quel ch’accese amor tra l’omo e ‘l fonte. 18 Sùbito sì com’io di lor m’accorsi, quelle stimando specchiati sembianti, per veder di cui fosser, li occhi torsi; 21 e nulla vidi, e ritorsili avanti dritti nel lume de la dolce guida, che, sorridendo, ardea ne li occhi santi. 24 «Non ti maravigliar perch’io sorrida», mi disse, «appresso il tuo pueril coto, poi sopra ‘l vero ancor lo piè non fida, 27 ma te rivolve, come suole, a vòto: vere sustanze son ciò che tu vedi, qui rilegate per manco di voto. 30 Però parla con esse e odi e credi; ché la verace luce che li appaga da sé non lascia lor torcer li piedi». 33 E io a l’ombra che parea più vaga di ragionar, drizza’mi, e cominciai, quasi com’uom cui troppa voglia smaga: 36 «O ben creato spirito, che a’ rai di vita etterna la dolcezza senti che, non gustata, non s’intende mai 39 grazioso mi fia se mi contenti del nome tuo e de la vostra sorte». Ond’ella, pronta e con occhi ridenti: 42 «La nostra carità non serra porte a giusta voglia, se non come quella che vuol simile a sé tutta sua corte. 45 I’ fui nel mondo vergine sorella; e se la mente tua ben sé riguarda, non mi ti celerà l’esser più bella, 48 ma riconoscerai ch’i’ son Piccarda, che, posta qui con questi altri beati, beata sono in la spera più tarda. 51 Li nostri affetti, che solo infiammati son nel piacer de lo Spirito Santo, letizian del suo ordine formati. 54 E questa sorte che par giù cotanto, però n’è data, perché fuor negletti li nostri voti, e vòti in alcun canto». 57 Ond’io a lei: «Ne’ mirabili aspetti vostri risplende non so che divino che vi trasmuta da’ primi concetti: 60 però non fui a rimembrar festino; ma or m’aiuta ciò che tu mi dici, sì che raffigurar m’è più latino. 63 Ma dimmi: voi che siete qui felici, disiderate voi più alto loco per più vedere e per più farvi amici?». 66 Con quelle altr’ombre pria sorrise un poco; da indi mi rispuose tanto lieta, ch’arder parea d’amor nel primo foco: 69 «Frate, la nostra volontà quieta virtù di carità, che fa volerne sol quel ch’avemo, e d’altro non ci asseta. 72 Se disiassimo esser più superne, foran discordi li nostri disiri dal voler di colui che qui ne cerne; 75 che vedrai non capere in questi giri, s’essere in carità è qui necesse, e se la sua natura ben rimiri. 78 Anzi è formale ad esto beato esse tenersi dentro a la divina voglia, per ch’una fansi nostre voglie stesse; 81 sì che, come noi sem di soglia in soglia per questo regno, a tutto il regno piace com’a lo re che ‘n suo voler ne ‘nvoglia. 84 E ‘n la sua volontade è nostra pace: ell’è quel mare al qual tutto si move ciò ch’ella cria o che natura face». 87 Chiaro mi fu allor come ogne dove in cielo è paradiso, etsi la grazia del sommo ben d’un modo non vi piove. 90 Ma sì com’elli avvien, s’un cibo sazia e d’un altro rimane ancor la gola, che quel si chere e di quel si ringrazia, 93 così fec’io con atto e con parola, per apprender da lei qual fu la tela onde non trasse infino a co la spuola. 96 «Perfetta vita e alto merto inciela donna più sù», mi disse, «a la cui norma nel vostro mondo giù si veste e vela, 99 perché fino al morir si vegghi e dorma con quello sposo ch’ogne voto accetta che caritate a suo piacer conforma. 102 Dal mondo, per seguirla, giovinetta fuggi’mi, e nel suo abito mi chiusi e promisi la via de la sua setta. 105 Uomini poi, a mal più ch’a bene usi, fuor mi rapiron de la dolce chiostra: Iddio si sa qual poi mia vita fusi. 108 E quest’altro splendor che ti si mostra da la mia destra parte e che s’accende di tutto il lume de la spera nostra, 111 ciò ch’io dico di me, di sé intende; sorella fu, e così le fu tolta di capo l’ombra de le sacre bende. 114 Ma poi che pur al mondo fu rivolta contra suo grado e contra buona usanza, non fu dal vel del cor già mai disciolta. 117 Quest’è la luce de la gran Costanza che del secondo vento di Soave generò ‘l terzo e l’ultima possanza». 120 Così parlommi, e poi cominciò ‘Ave, Maria’ cantando, e cantando vanio come per acqua cupa cosa grave. 123 La vista mia, che tanto lei seguio quanto possibil fu, poi che la perse, volsesi al segno di maggior disio, 126 e a Beatrice tutta si converse; ma quella folgorò nel mio sguardo sì che da prima il viso non sofferse; e ciò mi fece a dimandar più tardo. 130 |
Prosa
Quel sole, che per la
prima volta mi incendiò il petto d'amore, m'aveva rivelato il
dolce aspetto della verità;
e io, per confessare di
aver corretto il mio errore, sollevai il capo più di quanto fosse
necessario per parlare;
ma ebbi una visione che
catturò a tal punto il mio sguardo che dimenticai di esporre la
mia confessione.
Proprio come attraverso
dei vetri trasparenti, o delle acque nitide e tranquille, ma non
così profonde da celare il fondo,
tornano i riflessi dei
vostri visi così evanescenti, che una perla su una bianca fronte
non colpisce meno forte le nostre pupille;
in quel modo vidi più volti
pronti a parlare, sicché incorsi nell'errore opposto rispetto a
quello di Narciso, innamoratosi della sua immagine in una fonte.
Come mi accorsi degli
spiriti, li scambiai per immagini riflesse e, per vedere chi
fossero, mi voltai
ma non vidi nulla.
Tornai a guardare nei suoi santi occhi la mia dolce guida, che mi
sorrise.
“Non ti stupire
se sorrido del tuo pensiero puerile poiché non poggi ancora il
piede sulla verità,
ma tendi a
confonderti, come di solito capita. Quelle che vedi sono anime
reali, confinate qui per essere venute meno ai voti.
Perciò parla con loro,
ascoltale e presta loro fiducia, poiché la luce della verità le
illumina e non consente che loro si allontanino da lei.
Cominciai a parlare
all'anima che sembrava più desiderosa, rivolgendomi a essa colmo
di smarrimento:
“O spirito
destinato alla salvezza che, illuminato dalla luce della vita
eterna, assapori quella dolcezza che non può comprendere chi non
l'abbia sperimentata,
mi sarà gradito
se mi dirai il tuo nome e la tua condizione”.
Allora lei, pronta e con
occhi gioiosi rispose:
“La nostra carità
non chiude le porte al giusto desiderio, così come la carità di
Dio che vuole che tutto il paradiso sia simile a lui.
Io, nella mia
vita terrena, ero una suora e, se rifletti attentamente, la
bellezza che mi trasfigura non mi renderà irriconoscibile da te,
ma riconoscerai
che io sono Piccarda, posta con tutti questi altri beati nel cielo
più lento.
I nostri
sentimenti, infiammati dallo spirito santo, gioiscono di seguire
il suo ordine
e questa nostra
sorte, che pare alquanto bassa, ci è stata data perchè venimmo
meno ai nostri voti o del tutto o solo in alcuni apetti”.
Io le dissi: “C'è
qualcosa di divino che risplende nel vostro meraviglioso aspetto
che vi rende diversi da come eravate prima.
Per questo
motivo sono stato lento nel riconoscerti, ma quello che mi hai
detto mi aiuta a vedere il tuo volto con più chiarezza.
Ma dimmi: voi che
siete qui, nonostante siate felici, non desiderate stare più
vicini a Lui, e perciò in un cielo più alto?”
Le anime
sorrisero e Piccarda, lieta e ardente nello spirito santo, mi
rispose:
“Fratello, la
carità placa la nostra volontà. Vogliamo solo ciò che abbiamo e
non desideriamo altro.
Se
desiderassimo essere più in alto saremmo in contrasto con la
volontà di Dio, che ha voluto collocarci qui,
ti renderai conto
che questa cosa non potrà avvenire in Paradiso,se ricorderai che
è necessaria la carità e se ti soffermerai sul concetto di essa.
Anzi è
necessario, nella nostra condizione di beati, rimanere nella
volontà divina, per cui le nostre volontà diventano una sola;
cosicché piace a tutti gli abitanti del regno il modo in cui siamo disposti
nel cielo e piace al re che ci fa desiderare ciò che lui
desidera.
E nella sua
volontà risiede la nostra pace, è come un mare verso cui
tende ciò che essa crea o che la natura produce"
D’un tratto
capii come in cielo ogni luogo sia paradiso, sebbene la Grazia
divina non sia suddivisa equamente.
Ma come
accade quando si è sazi di un cibo e rimane la voglia di un altro
cibo, si ringrazia per ciò che si è avuto ma si chiede per ciò
che ancora si vuole,
io feci così
nell’atteggiamento e nelle parole, per sapere quale fosse la
tela che la spola non aveva portato a termine.
Mi disse: “una
vita perfetta e nobili meriti situano nei cieli più alti una
donna, secondo la cui regola monacale ci si vela sulla terra [si
tratta di Santa Chiara],
perché si vegli e si
dorma fino alla morte fedeli a Cristo, che accetta tutti i voti
concordi al suo volere.
Ancora giovane mi
allontanai dalla vita mondana, presi l'abito del suo ordinamento
religioso e feci voto di seguire la sua regola.
Alcuni uomini, più propensi
al male che al bene, mi trassero via dal convento con la forza:Dio
sa quale fu la mia vita in seguito.
E quest'anima luminosa
che vedi alla mia destra e che risplende di tutta la luce del
nostro cielo
comprende bene ciò che
dico di me stessa: anche lei fu suora e le fu tolto nello stesso
modo il velo dal capo.
Anche dopo essere stata
ricondotta alla vta mondana, ella non si separò mai dal velo del
suo cuore.
Questa è l'anima
luminosa Costanza che dal secondo imperatore della casa Sveva
generò il terzo ed ultimo erede."
Così parlò e, cantando
l'Ave Maria, scomparve come un oggetto che sprofonda
nell'acqua.
Il mio sguardo, che la
seguì fin quando mi fu possibile, dopo averla persa di vista, si
rivolse all'oggetto del desiderio
e si concentrò
su Beatrice, ma lei fulminò il mio sguardo tanto da non poterne
sopportare la vista;
e questo mi rese più lento a
porle altre domande.
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O insensata cura de' mortali,
quanto son difettivi silogismi quei che ti fanno in basso batter l'ali! Chi dietro a iura e chi ad amforismi sen giva, e chi seguendo sacerdozio, e chi regnar per forza o per sofismi, e chi rubare e chi civil negozio, chi nel diletto de la carne involto s'affaticava e chi si dava a l'ozio, quando, da tutte queste cose sciolto, con Bëatrice m'era suso in cielo cotanto glorïosamente accolto. Poi che ciascuno fu tornato ne lo punto del cerchio in che avanti s'era, fermossi, come a candellier candelo. E io senti' dentro a quella lumera che pria m'avea parlato, sorridendo incominciar, faccendosi più mera: «Così com' io del suo raggio resplendo, sì, riguardando ne la luce etterna, li tuoi pensieri onde cagioni apprendo. Tu dubbi, e hai voler che si ricerna in sì aperta e 'n sì distesa lingua lo dicer mio, ch'al tuo sentir si sterna, ove dinanzi dissi: "U' ben s'impingua", e là u' dissi: "Non nacque il secondo"; e qui è uopo che ben si distingua. La provedenza, che governa il mondo con quel consiglio nel quale ogne aspetto creato è vinto pria che vada al fondo, però che andasse ver' lo suo diletto la sposa di colui ch'ad alte grida disposò lei col sangue benedetto, in sé sicura e anche a lui più fida, due principi ordinò in suo favore, che quinci e quindi le fosser per guida. L'un fu tutto serafico in ardore; l'altro per sapïenza in terra fue di cherubica luce uno splendore. De l'un dirò, però che d'amendue si dice l'un pregiando, qual ch'om prende, perch' ad un fine fur l'opere sue. Intra Tupino e l'acqua che discende del colle eletto dal beato Ubaldo, fertile costa d'alto monte pende, onde Perugia sente freddo e caldo da Porta Sole; e di rietro le piange per grave giogo Nocera con Gualdo. Di questa costa, là dov' ella frange più sua rattezza, nacque al mondo un sole, come fa questo talvolta di Gange. Però chi d'esso loco fa parole, non dica Ascesi, ché direbbe corto, ma Orïente, se proprio dir vuole. Non era ancor molto lontan da l'orto, ch'el cominciò a far sentir la terra de la sua gran virtute alcun conforto; ché per tal donna, giovinetto, in guerra del padre corse, a cui, come a la morte, la porta del piacer nessun diserra; e dinanzi a la sua spirital corte et coram patre le si fece unito; poscia di dì in dì l'amò più forte. Questa, privata del primo marito, millecent' anni e più dispetta e scura fino a costui si stette sanza invito; né valse udir che la trovò sicura con Amiclate, al suon de la sua voce, colui ch'a tutto 'l mondo fé paura; né valse esser costante né feroce, sì che, dove Maria rimase giuso, ella con Cristo pianse in su la croce. Ma perch' io non proceda troppo chiuso, Francesco e Povertà per questi amanti prendi oramai nel mio parlar diffuso. La lor concordia e i lor lieti sembianti, amore e maraviglia e dolce sguardo facieno esser cagion di pensier santi; tanto che 'l venerabile Bernardo si scalzò prima, e dietro a tanta pace corse e, correndo, li parve esser tardo. Oh ignota ricchezza! oh ben ferace! Scalzasi Egidio, scalzasi Silvestro dietro a lo sposo, sì la sposa piace. Indi sen va quel padre e quel maestro con la sua donna e con quella famiglia che già legava l'umile capestro. Né li gravò viltà di cuor le ciglia per esser fi' di Pietro Bernardone, né per parer dispetto a maraviglia; ma regalmente sua dura intenzione ad Innocenzio aperse, e da lui ebbe primo sigillo a sua religïone. Poi che la gente poverella crebbe dietro a costui, la cui mirabil vita meglio in gloria del ciel si canterebbe, di seconda corona redimita fu per Onorio da l'Etterno Spiro la santa voglia d'esto archimandrita. E poi che, per la sete del martiro, ne la presenza del Soldan superba predicò Cristo e li altri che 'l seguiro, e per trovare a conversione acerba troppo la gente e per non stare indarno, redissi al frutto de l'italica erba, nel crudo sasso intra Tevero e Arno da Cristo prese l'ultimo sigillo, che le sue membra due anni portarno. Quando a colui ch'a tanto ben sortillo piacque di trarlo suso a la mercede ch'el meritò nel suo farsi pusillo, a' frati suoi, sì com' a giuste rede, raccomandò la donna sua più cara, e comandò che l'amassero a fede; e del suo grembo l'anima preclara mover si volle, tornando al suo regno, e al suo corpo non volle altra bara. Pensa oramai qual fu colui che degno collega fu a mantener la barca di Pietro in alto mar per dritto segno; e questo fu il nostro patrïarca; per che qual segue lui, com' el comanda, discerner puoi che buone merce carca. Ma 'l suo pecuglio di nova vivanda è fatto ghiotto, sì ch'esser non puote che per diversi salti non si spanda; e quanto le sue pecore remote e vagabunde più da esso vanno, più tornano a l'ovil di latte vòte. Ben son di quelle che temono 'l danno e stringonsi al pastor; ma son sì poche, che le cappe fornisce poco panno. Or, se le mie parole non son fioche, se la tua audïenza è stata attenta, se ciò ch'è detto a la mente revoche, in parte fia la tua voglia contenta, perché vedrai la pianta onde si scheggia, e vedra' il corrègger che argomenta "U' ben s'impingua, se non si vaneggia"». |
O desiderio folle degli uomini, quanto sono insensati i ragionamenti che
ti spingono ad anelare i beni terreni!
Chi seguiva gli studi giuridici, chi quelli medici, chi si dedicava al sacerdozio, chi cercava di regnare con la violenza o con l'inganno, chi rubava, chi si dedicava agli affari politici, chi si lasciava andare ai piaceri carnali, chi si dava all'ozio, quando io, libero da tutte queste tentazioni, venivo accolto con Beatrice in Cielo in maniera così gloriosa. Dopo che ogni luce fu ritornata nel punto della corona divina in cui si trovava prima, si fermò, simile alla candela di un candelabro. E io sentii che dentro quella luce che prima mi aveva parlato, il beato (san Tommaso) ricominciava a parlare sorridendo, diventando più luminoso: «Poiché io risplendo del raggio di Dio, guardando nella sua luce eterna capisco da dove derivano le tue incertezze. Tu hai dei dubbi, e desideri che ti sia spiegato con parole chiare e comprensibili quello che ho detto prima, che sia facilmente accessibile al tuo intelletto, quando poco fa ho detto "Dove ci si arricchisce di beni spirituali" e quando ho detto "Non nacque un altro uguale"; e qui è necessario fare una distinzione. La Provvidenza, che guida il mondo con quella saggezza divina per cui la vista di ogni creatura si perde prima di comprendere profondamente, affinché andasse verso il suo amato la sposa (Chiesa) di Colui (Cristo) che la sposò fra le alte grida col suo sangue benedetto (sulla croce), sicura di se stessa e ancora più fedele a Lui, dispose in suo favore due principi, che la guidassero da un lato e dall'altro. Uno (Francesco) fu pieno di ardore come i Serafini; l'altro (Domenico) per la sua saggezza in Terra fu uno splendore di luce come i Cherubini. Parlerò solo del primo, poiché elogiando uno qualunque dei due è come se si parlasse di entrambi, in quanto le loro opere ebbero il medesimo fine. Fra il fiume Topino e il Chiascio, che scorre dal monte Ausciano, dove il beato Ubaldo scelse di fare l'eremita , discende il verde profilo di un alto monte, dal quale Perugia sente il freddo e il caldo dal lato di Porta Sole; e dalla parte opposta piangono, perché in posizione più svantaggiosa, Nocera e Gualdo. Da questa pendice, nel punto in cui essa diventa meno ripida (ad Assisi), nacque un Sole per il mondo (Francesco) come il vero Sole talvolta nasce dal Gange. Perciò, chi parla di questo luogo, non lo chiami "Assisi", poiché lo sminuirebbe, ma lo chiami "Oriente", se proprio vuol parlarne. Non era trascorso molto tempo dalla sua nascita, che Francesco cominciò a confortare infatti, ancora giovane, si scontrò col padre per una donna ( e di fronte al tribunale episcopale e in presenza del padre si unì a lei; in seguito, l'amò sempre di più ogni giorno. Essa, privata del primo marito (Cristo), era rimasta per più di millecento anni da sola, indispettita e triste, disprezzata da tutti, fino a Francesco; non le servì che gli uomini udissero che Cesare, che fece paura a tutto il mondo, trovasse e non le servì neppure essere fedele e agguerrita, al punto che, quando Maria rimase ai piedi della croce, lei invece pianse insieme a Cristo. Ma affinché io non parli in modo troppo criptico, sappi che gli amanti a cui mi riferisco sono Francesco e la Povertà. La loro concordia, il loro lieto aspetto, l'amore, la meraviglia e il loro dolce sguardo facevano scaturire negli altri dei santi pensieri; al punto che il venerabile Bernardo fu il primo a togliersi le scarpe e corse dietro a quella pace e, correndo, gli sembrava di essere lento. O ricchezza sconosciuta! o bene fecondo! Egidio e Silvestro si tolgono anch'essi i calzari e seguono lo sposo, talmente piace la sposa. In seguito quel padre e maestro se ne va con la sua donna e con la sua famiglia di seguaci, che già si legava i fianchi con l'umile cinto. E la vergogna non gli fece abbassare lo sguardo, essendo figlio di Pietro Bernardone, per aver scelto di essere tanto umile da suscitare meraviglia; ma svelò a papa Innocenzo III il suo proposito con atteggiamento regale, e da lui ebbe il primo riconoscimento del suo Ordine. E dopo che i seguaci poveri aumentarono dietro a Francesco, la cui vita ammirevole si celebrerebbe meglio nella gloria del cielo,
la volontà santa di questo pastore venne coronata dallo Spirito Santo con
una seconda corona, attraverso papa Onorio III.
E dopo che, per desiderio del martirio, predicò Cristo e i suoi discepoli alla presenza superba del Sultano d'Egitto, trovò quei popoli non ancora maturi per la conversione, e per non restare invano in quelle terre, tornò nella fertile Italia, sul monte aspro tra il Tevere e l’Arno ricevette da Cristo le stimmate che il suo corpo portò per due anni. Quando colui che l'aveva destinato a una tale sorte volle richiamarlo in cielo alla ricompensa che aveva meritato nel farsi umile, Francesco raccomandò ai suoi confratelli, come a legittimi eredi, la sua donna più cara ( e dal grembo della Povertà la sua anima illustre volle sollevarsi, tornando al suo regno, mentre al suo corpo non volle altra bara che non fosse la nuda terra. A questo punto puoi comprendere chi fu colui (san Domenico) che fu un degno collega di Francesco nel mantenere la giusta rotta della nave della Chiesa, che viaggiava in alto mare; e questo fu il nostro patriarca; e puoi capire che chi lo segue com' egli comanda non può che arricchirsi spiritualmente. Ma il suo gregge è diventato goloso di nuovi cibi (i beni terreni), per cui è inevitabile che si disperda in diversi pascoli; e quanto più le pecore se ne allontanano e vagano fuori dalla giusta strada, tanto più povere di latte tornano all'ovile. Ci sono certamente alcune che temono gli effetti dannosi del loro sviamento e restano fedeli al pastore, ma sono così poche che è sufficiente poco panno a confezionare le loro cappe. Ora, se le mie parole non sono state oscure, se mi hai ascoltato con attenzione, se richiami alla tua mente quanto ho detto prima, il tuo desiderio sarà in parte appagato, perché vedrai da dove ha origine la corruzione dell'ordine domenicano, e capirai che cosa significhi il mio correttivo: “Ci si arricchisce spiritualmente, quando non ci si lascia attrarre dalle vanità del mondo"». |
Paradiso, XVII NOVELLI PERNER FERRERO CL. BOTTERO
PARADISO XXXIII, RONDANO, BARAVAGLIO, PERNER
CANTO
XVII
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CANTO
XVII - PARAFRASI
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Qual venne a Climenè, per accertarsi
di ciò ch’avëa incontro a sé udito, quei ch’ancor fa li padri ai figli scarsi; 3 tal era io, e tal era sentito e da Beatrice e da la santa lampa che pria per me avea mutato sito. 6 Per che mia donna «Manda fuor la vampa del tuo disio», mi disse, «sì ch’ella esca segnata bene de la interna stampa: 9 non perché nostra conoscenza cresca per tuo parlare, ma perché t’ausi a dir la sete, sì che l’uom ti mesca». 12 «O cara piota mia che sì t’insusi, che, come veggion le terrene menti non capere in trïangol due ottusi, 15 così vedi le cose contingenti anzi che sieno in sé, mirando il punto a cui tutti li tempi son presenti; 18 mentre ch’io era a Virgilio congiunto su per lo monte che l’anime cura e discendendo nel mondo defunto, 21 dette mi fuor di mia vita futura parole gravi, avvegna ch’io mi senta ben tetragono ai colpi di ventura; 24 per che la voglia mia saria contenta d’intender qual fortuna mi s’appressa: ché saetta previsa vien più lenta». 27 Così diss’ io a quella luce stessa che pria m’avea parlato; e come volle Beatrice, fu la mia voglia confessa. 30 Né per ambage, in che la gente folle già s’inviscava pria che fosse anciso l’Agnel di Dio che le peccata tolle, 33 ma per chiare parole e con preciso latin rispuose quello amor paterno, chiuso e parvente del suo proprio riso: 36 «La contingenza, che fuor del quaderno de la vostra matera non si stende, tutta è dipinta nel cospetto etterno; 39 necessità però quindi non prende se non come dal viso in che si specchia nave che per torrente giù discende. 42 Da indi, sì come viene ad orecchia dolce armonia da organo, mi viene a vista il tempo che ti s’apparecchia. 45 Qual si partio Ipolito d’Atene per la spietata e perfida noverca, tal di Fiorenza partir ti convene. 48 Questo si vuole e questo già si cerca, e tosto verrà fatto a chi ciò pensa là dove Cristo tutto dì si merca. 51 La colpa seguirà la parte offensa in grido, come suol; ma la vendetta fia testimonio al ver che la dispensa. 54 Tu lascerai ogne cosa diletta più caramente; e questo è quello strale che l’arco de lo essilio pria saetta. 57 Tu proverai sì come sa di sale lo pane altrui, e come è duro calle lo scendere e 'l salir per l'altrui scale. 60 E quel che più ti graverà le spalle, sarà la compagnia malvagia e scempia con la qual tu cadrai in questa valle; 63 che tutta ingrata, tutta matta ed empia si farà contr’ a te; ma, poco appresso, ella, non tu, n’avrà rossa la tempia. 66 Di sua bestialitate il suo processo farà la prova; sì ch’a te fia bello averti fatta parte per te stesso. 69 Lo primo tuo refugio e ’l primo ostello sarà la cortesia del gran Lombardo che ’n su la scala porta il santo uccello; 72 ch’in te avrà sì benigno riguardo, che del fare e del chieder, tra voi due, fia primo quel che tra li altri è più tardo. 75 Con lui vedrai colui che ’mpresso fue, nascendo, sì da questa stella forte, che notabili fier l’opere sue. 78 Non se ne son le genti ancora accorte per la novella età, ché pur nove anni son queste rote intorno di lui torte; 81 ma pria che ’l Guasco l’alto Arrigo inganni, parran faville de la sua virtute in non curar d’argento né d’affanni. 84 Le sue magnificenze conosciute saranno ancora, sì che ’ suoi nemici non ne potran tener le lingue mute. 87 A lui t’aspetta e a’ suoi benefici; per lui fia trasmutata molta gente, cambiando condizion ricchi e mendici; 90 e portera’ne scritto ne la mente di lui, e nol dirai»; e disse cose incredibili a quei che fier presente. 93 Poi giunse: «Figlio, queste son le chiose di quel che ti fu detto; ecco le ’nsidie che dietro a pochi giri son nascose. 96 Non vo’ però ch’a’ tuoi vicini invidie, poscia che s’infutura la tua vita vie più là che ’l punir di lor perfidie». 99 Poi che, tacendo, si mostrò spedita l’anima santa di metter la trama in quella tela ch’io le porsi ordita, 102 io cominciai, come colui che brama, dubitando, consiglio da persona che vede e vuol dirittamente e ama: 105 «Ben veggio, padre mio, sì come sprona lo tempo verso me, per colpo darmi tal, ch’è più grave a chi più s’abbandona; 108 per che di provedenza è buon ch’io m’armi, sì che, se loco m’è tolto più caro, io non perdessi li altri per miei carmi. 111 Giù per lo mondo sanza fine amaro, e per lo monte del cui bel cacume li occhi de la mia donna mi levaro, 114 e poscia per lo ciel, di lume in lume, ho io appreso quel che s’io ridico, a molti fia sapor di forte agrume; 117 e s’io al vero son timido amico, temo di perder viver tra coloro che questo tempo chiameranno antico». 120 La luce in che rideva il mio tesoro ch’io trovai lì, si fé prima corusca, quale a raggio di sole specchio d’oro; 123 indi rispuose: «Coscïenza fusca o de la propria o de l’altrui vergogna pur sentirà la tua parola brusca. 126 Ma nondimen, rimossa ogne menzogna, tutta tua visïon fa manifesta; e lascia pur grattar dov’ è la rogna. 129 Ché se la voce tua sarà molesta nel primo gusto, vital nodrimento lascerà poi, quando sarà digesta. 132 Questo tuo grido farà come vento, che le più alte cime più percuote; e ciò non fa d’onor poco argomento. 135 Però ti son mostrate in queste rote, nel monte e ne la valle dolorosa pur l’anime che son di fama note, 138 che l’animo di quel ch’ode, non posa né ferma fede per essempro ch’aia la sua radice incognita e ascosa, 141 né per altro argomento che non paia». |
Con i medesimi sentimenti con cui Fetonte
venne dalla madre Climene per
verificare ciò che aveva sentito dire contro di sé, lui che ancora
oggi rende i padri prudenti
nell'acconsentire troppo facilmente ai figli, mi sentivo io, e se ne accorse sia Beatrice sia quell'anima
santa che per parlare con me aveva lasciato il suo posto presso la croce
luminosa.
Dunque la mia donna si pronunciò: “
Libera l'ardore del desiderio, così che questo si possa esprimere attraverso
le giuste parole che rendano ad esso giustizia: non perché per comprenderlo
meglio abbiamo bisogno delle tue parole , ma affinché tu ti possa abituare ad
esporre le tue richieste, così che gli altri possano esaudirle.”
“O cara radice mia che ti elevi
così in alto che, come le semplici menti umane possono comprendere che due
angoli ottusi non possono essere contenuti in un triangolo, con la stessa
chiarezza tu vedi gli avvenimenti
prossimi ad accadere, guardando quel punto, Dio, in cui coesistono tutte le
epoche; mentre io, con Virgilio,
scalavo il monte del Purgatorio, ove le anime si purificano, o discendevo
nell'Inferno della pena eterna, mi sono state riferite parole gravi circa la
mia vita futura, nonostante io mi senta di poter sopportare i duri colpi
della sfortuna;
perciò la mia volontà sarebbe appagata se mi fosse concesso di
conoscere il mio destino: perché il male atteso colpisce meno duramente”.
Mi rivolsi così a quell'anima
luminosa che prima mi aveva parlato; e come voleva Beatrice, confessai
apertamente il mio desiderio
Non con il linguaggio ambiguo degli
oracoli, nel quale le menti comuni s'invischiavano già prima che avvenisse il
sacrificio dell'Agnello di Dio che toglie i peccati dal mondo, ma con parole
chiare ed un discorso mirato mi rispose quell'amorevole padre, rinchiuso in
quella luce attraverso la quale si poteva intravedere il suo sorriso:
“ Il corso degli avvenimenti
prossimi a venire, che è proprio della vostra dimensione materiale, è
presente tutta nella mente di Dio;
però non acquisisce carattere di
necessità, così come non dipende dagli occhi che lo osservano, il movimento
di una nave che scende lungo il torrente.
Da lì, dalla mente di Dio, così come giunge
ad un orecchio la dolce melodia emessa da un organo, allo stesso modo si
presentano al mio sguardo gli avvenimenti che ti attendono.
Così come Ippolito fu costretto a
partire da Atene a causa della spietata e perfida matrigna, allo stesso modo
dovrai allontanarti da Atene. Questo è ciò che si vuole e questo già cercano
di fare, e questo presto verrà fatto dai tuoi nemici, che tramano là, dove si
fa mercato delle cose di Cristo (la curia di Roma).
La colpa, come di solito accade, verrà addossata
alla parte offesa tramite la fama, ma la prossima punizione divina renderà
evidente la verità, dispensata giustamente da Dio.
Tu abbandonerai ciò che più ami; e questa è la
prima pena dell'esilio.
Tu proverai come è salato il pane altrui, e come
è arduo salire e scendere le scale altrui.
E ciò che ti darà più fastidio sarà la compagnia
malvagia e stolta dei fuoriusciti fiorentini;
infatti essa diventerà ingrata, stolta e ingiusta verso di te; ma, poco dopo, saranno loro e non tu ad avere le tempie bagnate di sangue. Quello che accadrà dimostrerà la loro follia; cosicché non ti dispiacerà essertene separato. Il tuo primo rifugio e il tuo primo ostello sarà la generosa accoglienza dei signori di Verona [Bartolomeo della Scala] che sulla scala del suo stemma porta il sacro uccello; egli sarà così benevolo nei tuoi confronti, che tra voi due accadrà prima ciò che tra gli altrui accade dopo, il favore prima della richiesta.
Insieme a lui conoscerai quello che, alla
nascita, fu influenzato a tal punto da questo pianeta che le sue imprese
saranno straordinarie.
Le persone non se ne sono ancora accorte per la tua giovane età; ma prima che il Guasco inganni l'alto Arrigo, egli mostrerà scintille del suo valore nella noncuranza di denaro e affanni.
Le sue gesta saranno conosciute da tutti, al
punto che i suoi diffamatori non potranno nasconderle.
Affidati a lui e ai suoi benefici; grazie a lui
molta gente cambierà condizione, sia mendicanti sia ricchi;
e porterai
nella memoria queste cose sul suo conto, che non dovrai riferire»; e
disse cose che saranno incredibili anche per chi le vedrà di persona.
Poi aggiunse: «Figlio, questo è il significato di
ciò che ti fu detto; ecco ciò che ti attende tra pochi anni.
Non voglio però che tu serbi rancore ai tuoi
concittadini, poiché la tua vita è destinata a superare il tempo della
punizione che attende i loro peccati» .
Dopo che, tacendo, l'anima santa mostrò di aver completato la trama in quella tela di cui le porsi i fili,
cominciai, come colui che ha un dubbio e desidera
un consiglio da una persona che vede, vuole e ama in modo retto.
«Vedo
bene, padre mio, che il tempo mi incalza, per infliggermi una ferita, che è
tanto più dolorosa quanto più uno sia impreparato ad essa;
dunque è necessario che io sia previdente, così
che, se sarò allontanato dal luogo che mi è caro, non perda ogni possibile rifugio a causa
dei miei versi.
Attraverso l'Inferno sede di sofferenze eterne, il Purgatorio, dalla cui bella cima gli occhi della mia donna mi sollevarono,
e in seguito in Paradiso, di Cielo in Cielo, ho
appreso cose che, se riferite, saranno
scomode a molti. D'altra parte, tacendo per prudenza, non diffonderò la verità,
temo di abbreviare la mia fama presso i posteri».
Il lume in cui splendeva l'anima preziosa del mio avo, dapprima si fece luminosa, come uno specchio d'oro colpito dal sole; poi rispose:
Ogni coscienza sporca per misfatti propri o di
parenti sarà certamente amareggiata dalle tue parole veritiere.
Tuttavia, messa da arte ogni menzogna, racconta
tutto ciò che hai visto, e lascia pure che chi ha colpa ne paghi le
conseguenze.
Infatti la tua voce, se all'inizio sarà spiacevole, poi quando sarà assimilata lascerà un nutrimento vitale. Le tue parole saranno come un vento che colpisce di più le cime più alte, e ciò non costituisce un piccolo motivo di gloria.
Perciò in questi Cieli, in Purgatorio e nella
dolorosa valle dell'Inferno ti si sono mostrate solo anime famose, perché chi
ascolta non può trarre profitto
da esempi sconosciuti, né presta fede a una
dimostrazione che non sia evidente».
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