Penso che non sia colpa di nessuno se non sopporto più di vedere chi si tocca i capelli mentre [non] mi ascolta; penso non sia colpa di nessuno se non sopporto più di percepire di venir ascoltata per forza e e non per amore (non di me, non di me, ma di quello che cerco di far risuonare, omaggio al tempo, all'assoluto [che cazzo è] e quant'altro [che cazzo è, che cazzo è, merita l'anafora pregnante]). Penso che non sia colpa di nessuno se mi viene voglia di buttare/mi dall'alto di un viadotto metaforicamente inteso tutto quello che sono stata e che forse ancora sono, ma che non sono sicura di voler essere ancora. Penso che non sia colpa di nessuno se Werther ha poi deciso di suicidarsi con le pistole toccate dalle mani di Carlotta, dopo aver così a lungo meditato da far venire il latte ai gomiti al grande Gide che (Barthes dixit) ha certo sbagliato a pensare che non ne potesse più delle tergiversazioni del Goethe giovanile, che era meglio si fulminasse subito con quelle pistole e smettesse di rompere i coglioni una volta per tutte.
Che dire, Gide, anche gli intelligenti (sempiterna legge di Cipolla) a volta son cretini e basta, e Werther certo cretino non era, ma innamorato di una tizia un po' scialba, ma pur sempre la sua, l'unica sua.
Questo ha scritto un mio allievo/a, o se volete un alliev* debitamente stimolato da un'ora di lezione infinita, impossibile, inventata, che non potrò tenere mai, ma chissenefrega, tanto il tempo non esiste, o meglio, è circolare e non finisce mai.
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