In questi tempi oscuri, in cui i sogni sono bui, le facce si contraggono in smorfie, in troppi fanno sberleffi, il sangue scorre, le parole non contano, i gesti sono studiati, alcuni si accorgono della farsa e non vi partecipano, e alcuni si sentono assediati, troppo, e hanno paura di non farcela, mi capita di ricevere un dono.
Sono in un anfiteatro come quello evocato da Borges nelle Rovine circolari. Non so in quale posizione mi trovo, perché la caratteristica iniziale di questo sogno è di essere al contempo una visione interiore e un'esperienza fisica. Sono dentro e fuori di me e la percezione dello spazio è di continuo soggetta a cambiamenti.
Sono in un anfiteatro come quello evocato da Borges nelle Rovine circolari. Non so in quale posizione mi trovo, perché la caratteristica iniziale di questo sogno è di essere al contempo una visione interiore e un'esperienza fisica. Sono dentro e fuori di me e la percezione dello spazio è di continuo soggetta a cambiamenti.
Nell'anfiteatro ci sono tantissime persone. Stranamente non provo fastidio per questo affollamento, anzi, mi sento quasi felice, i contatti con i corpi mi piacciono, mi piacciono tutti i visi che vedo intorno a me: sono visi conosciuti, anche quando non so dare loro un nome, ossia quasi sempre visto che sono innumerevoli, e hanno occhi che sorridono e mi guardano con affetto.
Sento, a un certo punto, che tutti si aspettano che io faccia qualcosa. Ma io non so di che cosa si tratti, né sono sicura di dove mi trovi: talvolta mi sembra di essere al di sopra e invisibile, talaltra di avere chiuso gli occhi e di dormire. In alcuni momenti credo persino di essere sola e che il mormorio che odo siano onde che si frangono sulla battigia o fronde che stormiscono in un bosco. A un certo punto però inizio a capire con maggior chiarezza che cosa mi sia richiesto: l'anfiteatro c'è davvero, è sterminato e interamente occupato da persone. E io le conosco tutte, tutte le ho conosciute, alcune le frequento ancora, altre le ho perdute nel tempo e nello spazio, ma tutte tutte hanno fatto parte della mia vita. Quello che devo fare è parlare, e infatti davanti a me si apre come un sentiero, che conduce a un punto dell'anfiteatro che, si capisce (non so come, ma si capisce) è quello dal quale si può parlare essendo sentiti da tutti. Tutti quelli che sono lì, cioè i tutti della mia vita.
Mi avvicino al punto e sento fiorire dentro me un discorso, che potrebbe anche essere un canto, oppure uno sguardo, o un abbraccio o un bacio, o una stretta di mano o una lettera vergata su una carta ingiallita o un petalo staccato da un fiore o una foglia o un rametto o un ciottolo...questo discorso lungo e articolato, differente per ciascuno ma uguale per me, intriso di sentimenti, di emozioni di comprensione, più precisamente di affetto, di scusa e di perdono, questo discorso che potrebbe ben riassumersi in una carezza lunga e delicata che percorra l'intero corpo dalla nuca fino ai piedi, questo discorso ringrazia tutti, nessuno escluso, per quello che ha saputo e voluto essere per me. Sento, in questo sogno commovente che sembra essere un regalo, come sia importante mantenere tracce di ciò che si è stati e che gli altri sono stati. Nell'idea che tutte le energie si mantengano e si trasformino per plasmare nuove realtà. Interromperne i flussi significa soprattutto esseri contrari alla vita. Capisco all'improvviso che quello che sto provando ha a che vedere, oltre che con la riconoscenza, con il perdono. Per la prima volta nella vita, nel sogno, sento che perdonare è un atto meraviglioso, l'acme dell'accoglienza di tutto quello che la vita ha di meglio per noi. La risonanza di questa nota dell'anima si traduce in un suono purissimo che invade l'anfiteatro: tutti gli occhi si volgono verso quel suono, che in effetti ha anche una consistenza fisica, vibra nell'aria con un colore che ricorda trasparenze marine e promana un sentore di alta montagna, di arbusti bassi e di rododendri scaldati dal sole. Poi tutto scompare all'improvviso, io mi trovo seduta sulla riva di un mare che riconosco, così come riconosco i profumi nell'aria e i confini del mio corpo in questo luogo amico. Mi resta nell'anima a lungo l'impressione di aver vissuto, sognando, un'esperienza formativa che cambierà per sempre il mio modo di stare al mondo.
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