·
Arte e immaginazione del Medioevo e del
Rinascimento non erano esclusivamente razionali, ma esprimevano fantasie
insensate (ad esempio i mostri dei bestiarî) e il mondo della follia non era
separato da quello della ragione.
·
Nel XVII secolo si colloca una svolta
che è stato in particolare Michel Foucault a identificare: nel 1600 si sono
scisse ragione e sragione e poi è nato un nuovo tipo sociale, l’individuo che è
da internare perché offre un esempio di esistenza orientata verso il disordine.
·
Nel 1500 però siamo ancora di qua dal
confine segnato da Foucault: la follia non solo è ancora entro i confini
dell’io di chiunque (si pensi al Orlando nel poema ariostesco, ma è addirittura
sfruttata come procedimento critico e conoscitivo.
·
L’elogio
della follia di Erasmo da Rotterdam è l’opera che,
nel ‘500, meglio rappresenta questo filone del pensiero. Composta da Erasmo nel
1509, durante il suo secondo soggiorno inglese, fu pubblicata a Parigi nel 1511
con titolo greco e latino: Morias
Encomion seu Stultitiae Laus,
·
La pazzia è figlia di Plutone e della
Giovinezza, è nata nelle isole Fortunate ed è stata istruita da Ubriachezza e
Ignoranza; nel suo corteggio sono Amor Proprio, Adulazione, Oblio, Odio della
fatica. Parla di fronte a una grande assemblea che riunisce tutte le nazioni le
classi e le età e annuncia il proprio intento di tessere l’elogio di sé: tutti
si ispirano a lei, ma nessuno la loda mai platealmente.
·
“Come non c’è stoltezza maggiore di una
saggezza inopportuna, così non c’è maggior imprudenza di una prudenza
distruttrice. Fa molto male chi non si adatta ai tempi e alle circostanze, […]
chi pretendesse che la commedia non sia più commedia. Invece è da uomo
veramente prudente, una volta che siamo mortali, non aspirare a una saggezza
superiore alla propria sorte. Bisogna rassegnarsi o a chiudere un occhio
qualche volta, insieme a tutta l’immensa folla degli uomini, ovvero a
commettere errori, umanamente. Ma questo, diranno, sarebbe un agire da
dissennati. Non lo negherei, purché d’altra parte non si conceda, che tale è la
vita, la commedia della vita, che recitiamo”.
UN
SECOLO DOMINATO DALL’OSSESSIONE PER LE NORME
·
Il
1500 è un secolo dominato, fra l’altro dall’ossessione per le norme: estetiche, comportamentali, religiose,
esse vengono stilate e fatte applicare da autorità severe come i tribunali
dell’Inquisizioni o le accademie.
·
Fioriscono
trattati e manuali di comportamento e di condotta, e il clima normativo è reso
anche più incombente dalla necessità, emersa nel Concilio di Trento, di
impedire il diffondersi di movimenti collegati con la Riforma protestante,
controllare e regolamentare il diffuso bisogno di religiosità che, in forme non
istituzionali, appare presente nella società del primo Cinquecento, dominare
definitivamente la cultura delle campagne dove non solo sopravvivevano ma
riemergevano tradizioni folkloriche e pratiche magiche.
·
Le
istituzioni della Controriforma sono quindi l’edificio normativo a cui devono
commisurarsi sia la circolazione delle idee tra gli intellettuali sia le
culture subalterne o cosiddette devianti.
·
SI
crea un immane corpo istituzionale, separato e gerarchizzato, che ha un
rapporto evidente di omologia con altri momenti di organizzazione normativa e
gerarchica della società e della cultura: le gerarchie sociali e la
rifeudalizzazione, le regole del comportamento cortigiano, l’organizzazione
separata degli intellettuali nelle accademie. In questa fase,
significativamente, il Concilio di
Trento riesce a influenzare la letteratura, attraverso una rigorosa
precettistica di tipo contenutistico e morale.
Nessun commento:
Posta un commento