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TRADUZIONI DI LATINO: FEDRO, POSTILLA SULLA CONTRASTIVA, TACITO, SENECA, AGOSTINO (in fieri)

FEDRO Lupus et Agnus Ad rivum 1  eundem 2  lupus et agnus venerant 3 , siti compulsi 4 . Superior 5  stabat 6  lupus, longeque 7  infe...

martedì 31 marzo 2015

Parini, Mattino, dal Giorno, vv. 1-89 (p. 515 libro di testo)

GGiovin Signore 1, o a te scenda per lungo
di magnanimi lombi 2 ordine il sangue
purissimo celeste, o in te del sangue
emendino il difetto i compri onori
e le adunate in terra o in mar ricchezze
dal genitor frugale 3 in pochi lustri,
me Precettor d’amabil Rito ascolta 4.
  Come ingannar questi noiosi e lenti
giorni di vita, cui sì lungo tedio
e fastidio insoffribile accompagna,
or io t’insegnerò. Quali al Mattino,
quai dopo il Mezzodì, quali la Sera
esser debban tue cure apprenderai,
se in mezzo a gli ozi tuo ozio ti resta
pur di tender gli orecchi a’ versi miei 5.
  Già l’are a Vener sacre e al giocatore
Mercurio 6 ne le Gallie e in Albïone
devotamente hai visitate, e porti
pur anco i segni del tuo zelo impressi:
ora è tempo di posa. In vano Marte
a sé t’invita; ché ben folle è quegli
che a rischio de la vita onor si merca,
e tu naturalmente il sangue aborri 7.
Né i mesti de la Dea Pallade studj
ti son meno odïosi: avverso ad essi
ti feron troppo i queruli ricinti
ove l’arti migliori e le scïenze,
cangiate in mostri e in vane orride larve,
fan le capaci volte eccheggiar sempre
di giovanili strida 8. Or primamente
odi quali il Mattino a te soavi
cure debba guidar con facil mano.
  Sorge il Mattino in compagnia dell’Alba
innanzi al Sol che di poi grande appare 9
su l’estremo orizzonte a render lieti
gli animali e le piante e i campi e l’onde.
Allora il buon villan sorge dal caro
letto cui la fedel moglie e i minori
suoi figlioletti intiepidìr 10 la notte;
poi sul collo recando i sacri arnesi 11
che prima ritrovàr Cerere, e Pale 12,
va col bue lento innanzi al campo, e scuote
lungo il picciol sentier da’ curvi rami
il rudagioso umor che, quasi gemma,
i nascenti del Sol raggi rifrange.
Allora sorge il Fabbro, e la sonante
officina riapre, e all’opre 13 torna
l’altro dì non perfette, o se di chiave
ardua e ferrati ingegni all’inquieto
ricco l’arche assecura, o se d’argento
e d’oro incider vuol gioielli e vasi
per ornamento a nova sposa o a mense 14.
  Ma che? Tu inorridisci, e mostri in capo,
qual istrice pungente, irti i capegli
al suon di mie parole? Ah non è questo,
Signore, il tuo mattin. Tu col cadente
Sol non sedesti a parca mensa 15, e al lume
dell’incerto crepuscolo non gisti 16
jeri a corcarti in male agiate 17 piume,
come dannato è a far l’umile vulgo.
A voi, celeste prole, a voi, concilio
di Semidei terreni, altro concesse
Giove benigno: e con altr’arti e leggi
per novo calle a me convien guidarvi 18.
  Tu tra le veglie e le canore scene
e il patetico gioco 19 oltre piú assai
producesti 20 la notte; e stanco alfine
in aureo cocchio 21, col fragor di calde
precipitose rote e il calpestio
di volanti corsier, lunge agitasti
il queto aere notturno; e le tenèbre
con fiaccole superbe intorno apristi,
siccome allor che il Siculo terreno
da l’uno a l’altro mar rimbombar feo
Pluto 22 col carro, a cui splendeano innanzi
le tede de le Furie anguicrinite.
  Così tornasti a la magion; ma quivi
a novi studj 23 ti attendea la mensa
cui ricopríen pruriginosi cibi
e licor lieti di Francesi colli
o d’Ispani, o di Toschi, o l’Ongarese
bottiglia 24 a cui di verde edera Bacco
concedette corona, e disse: Siedi
de le mense reina 25. Alfine il Sonno
ti sprimacciò le morbide coltríci
di propria mano, ove, te accolto, il fido
servo calò le seriche cortine:
e a te soavemente i lumi chiuse
il gallo che li suole aprire altrui. 

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