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TRADUZIONI DI LATINO: FEDRO, POSTILLA SULLA CONTRASTIVA, TACITO, SENECA, AGOSTINO (in fieri)

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martedì 21 aprile 2015

OVIDIO - LE METAMORFOSI: VIVAM

Ovidio, Le metamorfosi
  • Le forme mutano in  corpi nuovi, inizia col dirci Ovidio al primo verso delle sue Metamorfosi, facendo subito capire un suo intendimento: quello di svolgere poeticamente un principio originario, nonché renderlo animatore della sua poesia.
  • Dal Caos iniziale il cielo si separò dalla terra e questa dall’acqua; l’architetto del mondo, un dio non meglio identificato (“quisquis fuit ille deorum”, v. I, 32), fece in modo che dalla promiscuità degli elementi sortisse un ordine determinato, un’armonia forse non prestabilita ma destinata a durare.
  • L’uomo, di seme divino, è l’essere eletto, a immagine degli dei (“in effigiem deorum”, v. I, 83): sembra avere un ruolo centrale nell’economia dell’universo ma, nel complesso delle metamorfosi, appare più spesso la vittima di un’egemonia  indiscutibile del divino sull’umano.
  • Anche la successione delle età è  trionfo di metamorfosi degli elementi (dall’oro, all’argento, al bronzo e al ferro); poi si giunge infine a uno stato di  guerra permanente di tutti contro tutti (“non hospes ab hospite tutus , /non socer a genero, fratre, quoque gratia rara est. /Imminet exitio vir coniugis, illa mariti; /lurida terribiles miscent aconita novercae; /filius ante diem patrios inquirit in annos”: la Terra è insanguinata dai delitti degli uomini e l’Ultima degli dei, la vergine Astrea, la lascia al suo destino): di qui il fatto che  l’uomo, si meriti  un castigo (Giove ne ha la prova col  nefando Licaone) ossia il  diluvio.
  • Una volta ridata vita all’umano genere (attraverso Deucalione e Pirra, unici sopravvissuti, chiamati a ripopolare la Terra), inizia un turbinoso avvicendamento di storie, che s’avviluppano una sull’altra quasi a mimare uno splendido intrico vegetale.
  • Dafne, splendida ninfa figlia di Peneo (divinità fluviale), concupita invano (quanto alla volontà di cedergli) dal sublime Febo (Apollo – sole). Subisce la  prima metamorfosi, da “umano” a vegetale: si muta in albero, ma nemmeno così riesce a sfuggire al dio, che la ama comunque, l’abbraccia, la bacia, e la rende “sua pianta”.
  • All’incirca la stessa logica persecutoria, ma una diversa funzione della metamorfosi, domina nella successiva vicenda di Io, figlia di Inaco, un’altra ninfa generata da divinità fluviale.
  • La  metamorfosi di Io è particolarmente significativa per documentare il tipo di sofferenza che l’evento comporta: dell’anima, in quanto il soggetto trasformato mantiene la coscienza umana e patisce la prigionia di un corpo.
  • Il tipo della metamorfosi “consolatoria” è concessa alle sorelle del figlio del Sole (e della ninfa Clìmene) incenerito dal fulmine di Zeus: esse, le Eliadi, vengono trasformate in piante, da cui stilla (surrogato di lacrime) un’ambra utilizzata come ornamento dalle donne; anche l’amico di Fetonte, Cicno, riceve una simile “grazia”, venendo trasformato nel volatile evocato dal suo nome.
  • Dopo la drammatica fine di Fetonte (la cui condanna, per l’hybris di cui si è macchiato, è un irreversibile incenerimento da parte di Giove), il Sole cade preda di una specie di depressione: constata la ripetitività della sua esistenza fino a quel momento, l’assenza di riconoscimenti per il suo impegno (“Satis ab aevi sors mea principiis fuit irrequieta, pigetque actorum sine fine mihi, sine honore  laborum”, II, 385-387) e minaccia di non ritornare più a illuminare la terra
  • Quella di Mirra (X libro) è una metamorfosi di tipo particolare (Mirra sta sfuggendo al padre, che la insegue per ucciderla dopo aver scoperto di quale orrore si sia ripetutamente macchiato unendosi con quella che credeva una vergine sconosciuta): la fanciulla sta per partorire e chiede agli dei, per il misfatto commesso, di essere trasformata in qualcosa che la escluda sia dai viventi sia dai trapassati, perché non profani nessuno dei due regni: insomma non vuol vivere né morire ma, appunto, essere trasformata. Gli dei l’ascoltano e lei diviene un albero, ma continua a piangere e quelle lacrime sono la mirra, che appunto da lei prende il nome (poi l’albero partorisce anche, e si tratta di Adone, del quale, per un errore di Cupido, si innamora Venere. Il giovane, inutilmente messo in guardia da lei, va a caccia di cinghiali e da uno di loro viene ucciso; poco prima che muoia, Venere disperata fa in modo che dal suo sangue nasca un fiore, dello stesso colore, il rosso anemone). La metamorfosi di Mirra è pertanto di genere misto, dal momento che rappresenta una consolazione per la protagonista (che l’ha chiesta) ma pure è un’autopunizione, giacché Mirra domanda di essere trasformata per smettere di appartenere al consesso umano, del quale non si sente più degna né da viva né da morta.
  • Aracne, che osa sfidare Pallade Atena, e in più mette alla berlina proprio i misfatti delle divinità (gli inganni perpetrati a danno degli uomini, da quello di Europa ingannata dal miraggio d’un toro a quello di Leda posseduta da un cigno, a quella di Alcmena ingannata sempre da Giove nelle vesti del marito Anfitrione in una sequenza vertiginosa che coinvolge a volte anche le sole divinità, sorta di vortice meta letterario, in cui le metamorfosi citano sé stesse), viene certo punita quando la si trasforma in orrido ragno, eppure riceve anche un dono, ove si consideri che la tessitura diverrà la sua eterna attività, magistralmente compiuta.
  • Qual è un senso complessivo? Forse risisiede, tornando all’inizio, nella poesia, nel calco del verso. Dopo 15 libri il poeta compie l’opera con l’apoteosi di Giulio Cesare e un omaggio alla Romanità. Però  non dimentica se stesso e quale ultima parola del poema scrive VIVAM. La poesia, quindi, garantisce l’eternità dell’ultima metamorfosi: quando la parola si fa vita, quando  diventa a sua volta creatrice di immagini che, per quanto tali, sono vere nella memoria e per le emozioni che suscitano, allora appunto si è realizzato quanto lo spirito poetico si augurava, quello che chiedeva come coronamento della propria esistenza. Vivrò, esclama vittorioso, nei secoli dei secoli, e il corpo nuovo in cui mi sono mutato sono le mie Metamorfosi.





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