F-35 o Minetti? Chi costa di più agli
Italiani (e a Berlusconi)?
5 Ottobre 2012, h.13.15. Torino, Piazza Vittorio. Mi contatta
telefonicamente una giornalista di
Repubblica TV per farmi un’intervista sul corteo appena finito. Non ho voglia di
parlare: sono stanco, un po’ acciaccato e confuso perché non ho assolutamente
idea di come siano andate le cose veramente.
La maggior parte delle volte che ci si trova coinvolti in un avvenimento
succede così.
Comunque l’intervista è inevitabile e la giornalista, dopo
alcune domande poste in maniera fin troppo diretta perché possa risponderle sinceramente, pone l’accento su
uno dei temi delle protesta che non avevo assolutamente considerato. Mi
chiede: “Il corteo protestava contro la
“casta” giusto? Quindi il tema dell’anti-politica è presente anche tra gli
studenti.”
Questa domanda, in totale discordanza con il resto
dell’intervista che rendeva gli studenti un semplice problema di ordine
pubblico, sembra intesa a dare uno sfondo vagamente politico al nostro discorso. La mia risposta in quel
momento è che il Movimento Studentesco
non è anti-politico per definizione, in quanto
pratica la politica in ogni suo
istante, ma, per forza di cose, si
oppone alla “casta”.
Ora, a qualche giorno di distanza, tranquillo e senza
più dolori, voglio provare a spiegare e spiegarmi meglio quella frase detta
d’impulso, che tuttavia sintetizza
perfettamente la situazione.
Bisogna partire innanzi tutto dal definire che cosa siano, in questo discorso,
politica e antipolitica. La politica è un valore, la capacità di più persone di
riunirsi per analizzare, discutere, decidere,
proporre, protestare, muoversi, litigare, scherzare, creare socialità; l’anti-politica
è una linea di pensiero che intende la politica come “affare di palazzo” (Beppe
Grillo, Parma, Marzo 2012) e che si oppone ad essa perché la ritiene corrotta e
vecchia. Alla luce di queste due
definizioni possiamo più facilmente analizzare un problema reale, che è quello
dello spreco di denaro pubblico, il quale sfocia, a volte, in fatti eclatanti
quali gli scandali del Lazio, della Lombardia, del Piemonte o del Bunga Bunga.
L’Italia riceve ogni anno dall’Unione Europea (Premio
Nobel per la Pace...sarebbe stato più umoristico, nel senso pirandelliano, quello per l’economia) quasi 60 miliardi di
euro, e più di 43 non vengono spesi, ma
la frase che sentiamo più spesso è “bisogna fare sacrifici”. A questo punto è chiaro che ci sia un enorme
problema strutturale. Il dubbio è se sia all’interno del sistema Italia o del sistema
Europa.
Come prima cosa sono necessarî dei chiarimenti: l’
Europa non è una Nonna Pina che ti dice “tieni 20 euro, comprati un gelato”. Un
paese che riceve dei soldi deve investirli con parsimonia, e solo in
determinati ambiti. Istruzione? Sociale? Sanità? Si, il 10%. Il restante 90% va
speso in Grandi Opere, Finanza, aiuti alle Grandi Imprese e qualunque cosa sia direttamente
funzionale allo sviluppo (traduzione per gli ingenui: privati di vario tipo).
Questo è il grosso problema, l’Italia non sa più dove
investire in questi campi: il TAV, unica grande opera che si possa fare in
Italia, è già finanziato per una
piccolissima parte dall’UE, che non intende pagare di più; in effetti quest’ambito è l’ultimo in cui un economista con un minimo di senno investirebbe
in questo periodo, le Grandi Imprese sono già state abbondantemente finanziate
dallo Stato e i privati non hanno particolare interesse a partecipare a
concorsi complicati e dispendiosi che garantiscono guadagni ben al di sotto
della domanda.
Questo è un problema reale che deve essere risolto
alla radice e che, per quanto i Travaglio e i Grillo ne siano convinti, non
dipende dai nostri politici se non in ridottissima parte, ma è un problema
strutturale del sistema europeo che ha un meccanismo di finanziamenti fermo al
2005 (prima del crollo della borsa del 2008) che, per forza di cose, è arretrato
e non può funzionare visti i drastici cambiamenti economici degli ultimi sette
anni.
Tuttavia i nostri politici, anche i professori, delle
colpe le hanno e nemmeno delle colpe da poco: escludendo i 43 miliardi dell’UE
che non vengono utilizzati (con un po’ di sforzo forse si potrebbe usarne almeno
una parte, ma lasciamo stare) c’è una finanziaria del 2012 di 20 miliardi di
euro e una prevista nel 2013 di circa 25 che neanche fior di economisti sono
riusciti a capire dove siano stati stanziati, perché non risulta alcuna
differenza rispetto al governo precedente se non piccole correzioni; ci sono 76
miliardi all’anno (12 miliardi in più verranno spesi nel 2013 per acquistare
gli f-35) che vengono spesi per la Difesa, 35
miliardi per la costruzione del TAV. E questi sono solo alcuni esempi. Con
un calcolo approssimativo, e rimanendo confinati entro tre soli ambiti, arriviamo
intorno ai 100 miliardi di euro: per intenderci, più di dieci volte il costo di mantenimento delle due
camere in un anno.
Quindi, per quanto mi riconosca in chi sostiene che i
politici siano pagati troppo, è chiaro che non sia quello il problema. Il
problema è non di “ruberia” della casta,
ma politico, di investimenti: noi dobbiamo esigere che i 100 miliardi che vengono spesi per opere
inutili e per gli f-35 vengano reinvestiti in istruzione, sanità e opere
d’utilità sociale.
Bisogna sapersi smarcare da chi utilizza
l’anti-politica come forma di populismo
e di propaganda: il vero problema non
sta nel prezzo della politica, ma nelle scelte che essa compie. La lotta contro
la “casta”, quindi, deve essere impugnata dal Movimento Studentesco, ma deve
essere lotta politica e non intrisa di o oscurata da sterile indignazione.
Sebastiano
Ferrero
Nessun commento:
Posta un commento