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lunedì 15 ottobre 2012

articolo di giornale - spreco del denaro pubblico


F-35 o Minetti? Chi costa di più agli Italiani  (e a Berlusconi)?

5 Ottobre 2012, h.13.15.  Torino, Piazza Vittorio. Mi contatta telefonicamente  una giornalista di Repubblica TV per farmi un’intervista sul corteo appena finito. Non ho voglia di parlare: sono stanco, un po’ acciaccato e confuso perché non ho assolutamente idea di come siano andate le cose veramente.  La maggior parte delle volte che ci si trova coinvolti in un avvenimento succede così.
Comunque l’intervista è inevitabile e la giornalista, dopo alcune domande poste in maniera fin troppo diretta perché possa  risponderle sinceramente, pone l’accento su uno dei temi delle protesta che non avevo assolutamente considerato. Mi chiede:  “Il corteo protestava contro la “casta” giusto? Quindi il tema dell’anti-politica è presente anche tra gli studenti.”
Questa domanda, in totale discordanza con il resto dell’intervista che rendeva gli studenti un semplice problema di ordine pubblico, sembra intesa a dare uno sfondo vagamente politico al  nostro discorso. La mia risposta in quel momento è  che il Movimento Studentesco non è anti-politico per definizione, in quanto  pratica la  politica in ogni suo istante, ma,  per forza di cose, si oppone alla “casta”.
Ora, a qualche giorno di distanza, tranquillo e senza più dolori, voglio provare a spiegare e spiegarmi meglio quella frase detta d’impulso, che tuttavia  sintetizza perfettamente la situazione.
Bisogna partire innanzi tutto dal  definire che cosa siano, in questo discorso, politica e antipolitica. La politica è un valore, la capacità di più persone di riunirsi per analizzare, discutere, decidere,  proporre, protestare, muoversi, litigare,  scherzare, creare socialità; l’anti-politica è una linea di pensiero che intende la politica come “affare di palazzo” (Beppe Grillo, Parma, Marzo 2012) e che si oppone ad essa perché la ritiene corrotta e vecchia.  Alla luce di queste due definizioni possiamo più facilmente analizzare un problema reale, che è quello dello spreco di denaro pubblico, il quale sfocia, a volte, in fatti eclatanti quali gli scandali del Lazio, della Lombardia, del Piemonte o del Bunga Bunga.
L’Italia riceve ogni anno dall’Unione Europea (Premio Nobel per la Pace...sarebbe stato più umoristico, nel senso pirandelliano,  quello per l’economia) quasi 60 miliardi di euro,  e più di 43 non vengono spesi, ma la frase che sentiamo più spesso è “bisogna fare sacrifici”. A  questo punto è chiaro che ci sia un enorme problema strutturale. Il dubbio è se sia  all’interno del sistema Italia o del sistema Europa.
Come prima cosa sono necessarî dei chiarimenti: l’ Europa non è una Nonna Pina che ti dice “tieni 20 euro, comprati un gelato”. Un paese che riceve dei soldi deve investirli con parsimonia, e solo in determinati ambiti. Istruzione? Sociale? Sanità? Si, il 10%. Il restante 90% va speso in Grandi Opere, Finanza, aiuti alle Grandi Imprese e qualunque cosa sia direttamente funzionale allo sviluppo (traduzione per gli ingenui:   privati di vario tipo).
Questo è il grosso problema, l’Italia non sa più dove investire in questi campi: il TAV, unica grande opera che si possa fare in Italia, è già finanziato  per una piccolissima parte dall’UE, che non intende pagare di più; in effetti  quest’ambito è l’ultimo in cui  un economista con un minimo di senno investirebbe in questo periodo, le Grandi Imprese sono già state abbondantemente finanziate dallo Stato e i privati non hanno particolare interesse a partecipare a concorsi complicati e dispendiosi che garantiscono guadagni ben al di sotto della domanda.
Questo è un problema reale che deve essere risolto alla radice e che, per quanto i Travaglio e i Grillo ne siano convinti, non dipende dai nostri politici se non in ridottissima parte, ma è un problema strutturale del sistema europeo che ha un meccanismo di finanziamenti fermo al 2005 (prima del crollo della borsa del 2008) che, per forza di cose, è arretrato e non può funzionare visti i drastici cambiamenti economici degli ultimi sette anni.
Tuttavia i nostri politici, anche i professori, delle colpe le hanno e nemmeno delle colpe da poco: escludendo i 43 miliardi dell’UE che non vengono utilizzati (con un po’ di sforzo forse si potrebbe usarne almeno una parte, ma lasciamo stare) c’è una finanziaria del 2012 di 20 miliardi di euro e una prevista nel 2013 di circa 25 che neanche fior di economisti sono riusciti a capire dove siano stati stanziati, perché non risulta alcuna differenza rispetto al governo precedente se non piccole correzioni; ci sono 76 miliardi all’anno (12 miliardi in più verranno spesi nel 2013 per acquistare gli f-35) che vengono spesi per la Difesa, 35  miliardi per la costruzione del TAV. E questi sono solo alcuni esempi. Con un calcolo approssimativo, e rimanendo confinati entro tre soli ambiti, arriviamo intorno ai 100 miliardi di euro: per intenderci,  più di dieci  volte il costo di mantenimento delle due camere in un anno.
Quindi, per quanto mi riconosca in chi sostiene che i politici siano pagati troppo, è chiaro che non sia quello il problema. Il problema è  non di “ruberia” della casta, ma politico,  di investimenti:  noi dobbiamo esigere  che i 100 miliardi che vengono spesi per opere inutili e per gli f-35 vengano reinvestiti in istruzione, sanità e opere d’utilità sociale.
Bisogna sapersi smarcare da chi utilizza l’anti-politica come forma di  populismo e di propaganda:  il vero problema non sta nel prezzo della politica, ma nelle scelte che essa compie. La lotta contro la “casta”, quindi, deve essere impugnata dal Movimento Studentesco, ma deve essere lotta politica e non intrisa di o oscurata da sterile indignazione.
Sebastiano Ferrero 

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