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TRADUZIONI DI LATINO: FEDRO, POSTILLA SULLA CONTRASTIVA, TACITO, SENECA, AGOSTINO (in fieri)

FEDRO Lupus et Agnus Ad rivum 1  eundem 2  lupus et agnus venerant 3 , siti compulsi 4 . Superior 5  stabat 6  lupus, longeque 7  infe...

martedì 21 ottobre 2014

Lezione conclusiva Orlando furioso con ricapitolazione

  • Il I canto è interamente occupato da un vorticoso avvicendarsi di inseguimenti e ricerche all’interno di una intricata foresta. (non di rado trovano  altra cosa da quella che stavano cercando oppure quella che cercavano in precedenza e che avevano ormai sostituita con altra o ancora non trovano nulla, ma si perdono e ritrovano al punto di partenza.).
  • Ben due canti sono dedicati alle magie del mago Atlante, in particolare ai suoi castelli incantati: si tratta del IV e del XII.  Nel XII il nuovo castello di Atlante si trova in una pianura non lontano dalla Manica, è di marmo e ha una porta d’oro, così almeno sembra a qualcuno dei cavalieri che ci si trova invischiato. Esso  è in grado di far vedere a ciascuno qualsiasi cosa, è una specie di vorticoso nulla che può diventare tutto. Tutti i cavalieri, cristiani e mori, prima o poi si trovano fagocitati dal castello, che come un buco nero risucchia con forza interi eserciti. Se qualcuno tenta di uscirne, ecco una voce si leva dalla finestra e lo richiama, e la ricerca continua. Unico a non restare irretito nel castello sarà Astolfo, al quale spetterà il compito, nel XXII canto,  della dissoluzione del medesimo.
  • La vicenda della follia d’Orlando si può configurare come una proiezione del castello nella sua interiorità:  siamo ai canti XXIII e XXIV, nei quali si dipana il racconto  della scoperta da parte di Orlando di quanto accaduto fra Angelica e Medoro nel XIV canto. Autoinganno: come se il castello di Atlante, quel vortice di nulla che può diventare tutto, abitasse la mente di Orlando, gli facesse trovare risposte fintamente razionali, corrispettivo di visioni ingannevoli, a inquietanti interrogativi posti dalla realtà. 
  • Catartica ultima apparizione della femme fatale Angelica: a gambe all’aria nel canto XXIX.
  • Con Astolfo sulla luna, nel XXXIV canto, la ricerca, che ha compreso tra i suoi oggetti anche il nulla, si fa provvidenziale, guidata, quindi destinata a sicuro successo. 
  •  Ci siamo lasciati con l’immagine delle due parche che tessono la sorte dell’uomo. Ma è nel canto seguente, il XXXV, che forse il poeta ci mette in mano una chiave per comprendere anche questo suo enigma.  L’attenzione si sposta sui  poeti che fanno e contraffanno, raccontano e mistificano, rendono Augusto “santo e benigno” (a far questo  è la “tuba di Virgilio”), rendono “una bagascia” Elissa, che “ebbe il cor tanto pudico”, così  “se tu vuoi che ‘l ver non ti sia ascoso, tutta al contrario l’istoria converti: che i Greci rotti, e che Troia vittrice, e che Penelopea fu meretrice”. Come dire che, sulla terra, nel mondo vero, la verità poetica è rara quasi quanto il senno, ed è per questo che i labirinti non finiscono mai. Tutto si può dire, tutto si può trasformare, immagine vera e immagine specchiata si scambiano le parti, il rovescio e il diritto sono ambedue chimere.
  •  L’epilogo dell’Orlando furioso, apparentemente già predisposto dal momento in cui Orlando rinsavisce, Carlo ha vinto la guerra, Ruggiero si è convertito e son pronte le nozze con Bradamante concessagli dal fratello Rinaldo, sembra prossimo, e invece si interpongono ancora eventi, prima della conclusione al XLVI canto.
  •  Parrebbe che il matrimonio fra Ruggiero e Bradamante si possa concludere, ma nuovi ostacoli si frappongono: Ruggiero è costretto a lottare di nuovo contro se stesso (come quando doveva "scegliere" fra Atlante e Bradamante).
  • Si giunge alle nozze, ma si presenta Rodomonte, re d'Algeri, e sfida a duello Ruggiero. 
  • Aspro combattimento e poi discesa nell'Averno di Rodomonte. 
  • E’ un congedo alla fine repentino e malinconico, con l’immagine finale d’un cavaliere pieno di forza che viene assorbito nel gorgo d’Acheronte. Tutto finisce, anche l’energia guerriera, anche i duelli ad armi pari e, probabilmente, anche un’epoca intera, di per sé nostalgica e fiduciosamente affidata alla contemplazione del tempo che fu.
  • Il senso del labirinto, dunque, va ricercato nella poesia medesima. Lei garantisce l’unità, presiede come principio ordinatore all’intrico delle vicende, sceglie i soggetti, le storie da raccontare, affida alla memoria quel tessuto cangiante di verità e menzogna mescolate insieme, che costituiscono la forza vitale della narrazione.  

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