Post in evidenza

TRADUZIONI DI LATINO: FEDRO, POSTILLA SULLA CONTRASTIVA, TACITO, SENECA, AGOSTINO (in fieri)

FEDRO Lupus et Agnus Ad rivum 1  eundem 2  lupus et agnus venerant 3 , siti compulsi 4 . Superior 5  stabat 6  lupus, longeque 7  infe...

lunedì 17 novembre 2014

ANALISI DELLA LETTERA AL VETTORI


·         Vettori: 1474-1539, ambasciatore a Roma per la repubblica fiorentina, autore di opere storiche e relazioni di viaggi diplomatici, scrisse anche spregiudicati Pareri, rivolti tra l’altro a Alessandro de Medici perché assumesse poteri assoluti; anche lui partecipò meno alla vita politica dopo l’ascesa al potere di Cosimo I, negli anni trenta del Cinquecento, che ridusse molto il potere degli aristocratici
·         Non è una lettera scritta per essere pubblicata, come nessuna delle familiari di Machiavelli
·         All’inizio i convenevoli: manierosamente scherzosi (allusione alla lentezza con cui il Vettori aveva risposto a una sua precedente).
·         Sorta di massima esistenziale, ispirata da un senso realistico (più che pessimistico) delle vicende umane: non conviene lasciare i proprî comodi per quelli degli altri, al fine d’evitare di perder essi e pure non ricevere alcuna riconoscenza dagli altri (riferimento alla fortuna).
·         Scenario diurno:  Machiavelli uccellatore, un “badalucco”  “dispettoso e strano” ovvero del tutto estraneo al suo essere profondo.
·         La messinscena del giorno prosegue, con una nuova puntata nel bosco dove si uccella, e qui egli si porta amene letture: Dante, Petrarca e “poeti minori” ossia dediti alla poesia elegiaca, Tibullo e Ovidio.
·         Osteria:  piena immersione nella realtà del mondo, persone diverse da lui, domande, conoscenza di gusti e opinioni completamente diversi dai suoi.
·         Al pomeriggio è di nuovo l’osteria il palcoscenico delle imprese di Machiavelli, che s’ingaglioffa,  si incanaglisce, per tutto il pomeriggio giocando a dadi, a carte, discutendo e insultandosi con i suoi compagni di gioco, ovvero rivoltandosi tra i pidocchi per tenere il cervello in esercizio e compiacendosi (è questo un culmine della rappresentazione in tale prima parte) di come la sorte lo calpesti per vedere se, raggiungendo appunto un culmine, non si vergogni (la sorte) di quello che sta facendogli.
·         Si avvicina la sera, Machiavelli ritorna a casa, infangato, degradato, vissuto. Entra nel suo studio, si spoglia della “veste cotidiana”, degli abiti del giorno (da intendersi in senso esteso, naturalmente) e indossa abiti regali, degni di una corte.
·         Tema del  cibo che “solum è mio, e ch’io nacqui per lui”.
·         Il colloquio che si intesse nella solitudine dello studio è agli antipodi delle urla, del fango, della disperazione che aleggiano nella prima parte della lettera.
·         Si apre dunque il passaggio alla parte finale della lettera: dato che, come scrive Dante, non c’è conoscenza profonda senza fissazione nella memoria della medesima, Machiavelli mette per scritto le sue acquisizioni, ossia redige il Principe.
CONCLUSIONE: posizione di forzata e esasperante lontananza dal potere. Due sono i livelli di espressione del proprio stato d’animo: l’uno tendenzialmente comico, l’altro tendenzialmente tragico, entrambi profondamente veri.                                          

Nessun commento:

Posta un commento