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Nel 1558,
postumo, viene pubblicato il Galateo overo de' costumi,
opera di Monsignor Giovanni della Casa (Mugello, Firenze, 1503 - Roma 1556).
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Galateo diede subito luogo all’antonomastico “buona educazione” e costituisce
l'adattamento della forma latinizzata di Galeazzo (Galatheus), vale a
dire del nome di battesimo dell'amico Galeazzo Florimonte, vescovo di Sessa, «a
petizion del quale e per suo consiglio presi io da prima a dettar questo
presente trattato», raccogliendo «consigli e ammaestramenti sulla maniera di
conversare, di vestire, di stare a tavola, di comportarsi nella vita di
relazione»
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Protagonista
nel Galateo
è il «vecchio idiota ammaestrante», che si rivolge al «suo giovinetto» per introdurlo
all'apprendimento dei comportamenti necessari a un corretto vivere sociale.
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Il Galateo svolge (in Italia e in Europa)
una funzione di educazione civile e di ingentilimento dei costumi, a cominciare
da quelli che caratterizzavano nelle attività e negli atteggiamenti quotidiani
le classi benestanti e dominanti tra primo e secondo Cinquecento.
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Differenza
fra Cortegiano e Galateo: il primo ha l'intento
di formare un tipo d'uomo colto di elevato profilo morale e filosofico,
correlativo del potere e a questo funzionale, il secondo invece mira a fondare delle «usanze comuni», con l'intento di
"lavorare" sulla coscienza collettiva media.
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Nel
Galateo si trova dunque rispecchiata
la volontà umanistico-rinascimentale di porre al centro dell’indagine
conoscitiva la verità effettuale: non un concetto astratto, ma un codice di comportamento
che possa davvero costituire un riferimento per le persone qui e ora.
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