CONTRASTIVA
II PARTE
ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO
SUL TESTO
1)
lettura ripetuta del testo in latino,
anche metricamente;
2)
ripresa delle informazioni di contesto:
conoscenza dell’Autore, struttura dell’opera, ispirazione della medesima;
3)
analisi morfosintattica: riconoscimento
delle principali strutture della lingua;
4)
traduzione “letterale” e primo
approfondimento lessicale;
5)
lettura di almeno tre traduzioni del
testo e confronto fra la letterale e le traduzioni;
6)
analisi lessicale delle traduzioni
fornite, approfondimenti semantici;
7)
traduzione personale.
Lucrezio,
De rerum natura, Inno a Venere, vv.
1-43
Aeneadum genetrix, hominum
divumque voluptas,
alma Venus, caeli subter labentia signa
quae mare navigerum, quae terras frugiferentis
concelebras, per te quoniam genus omne animantum
concipitur visitque exortum lumina solis: 5
te, dea, te fugiunt venti, te nubila caeli
adventumque tuum, tibi suavis daedala tellus
summittit flores, tibi rident aequora ponti
placatumque nitet diffuso lumine caelum.
nam simul ac species patefactast verna diei 10
et reserata viget genitabilis aura favoni,
aeriae primum volucris te, diva, tuumque
significant initum perculsae corda tua vi.
inde ferae pecudes persultant pabula laeta 15
et rapidos tranant amnis: ita capta lepore 14
te sequitur cupide quo quamque inducere pergis. 16
denique per maria ac montis fluviosque rapacis
frondiferasque domos avium camposque virentis
omnibus incutiens blandum per pectora amorem
efficis ut cupide generatim saecla propagent. 20
quae quoniam rerum naturam sola gubernas
nec sine te quicquam dias in luminis oras
exoritur neque fit laetum neque amabile quicquam,
te sociam studeo scribendis versibus esse,
quos ego de rerum natura pangere conor 25
Memmiadae nostro, quem tu, dea, tempore in omni
omnibus ornatum voluisti excellere rebus.
quo magis aeternum da dictis, diva, leporem.
effice ut interea fera moenera militiai
per maria ac terras omnis sopita quiescant; 30
nam tu sola potes tranquilla pace iuvare
mortalis, quoniam belli fera moenera Mavors
armipotens regit, in gremium qui saepe tuum se
reiicit aeterno devictus vulnere amoris,
atque ita suspiciens tereti cervice reposta 35
pascit amore avidos inhians in te, dea, visus
eque tuo pendet resupini spiritus ore.
hunc tu, diva, tuo recubantem corpore sancto
circum fusa super, suavis ex ore loquellas
funde petens placidam Romanis, incluta, pacem; 40
nam neque nos agere hoc patriai tempore iniquo
possumus aequo animo nec Memmi clara propago
talibus in rebus communi desse saluti.
alma Venus, caeli subter labentia signa
quae mare navigerum, quae terras frugiferentis
concelebras, per te quoniam genus omne animantum
concipitur visitque exortum lumina solis: 5
te, dea, te fugiunt venti, te nubila caeli
adventumque tuum, tibi suavis daedala tellus
summittit flores, tibi rident aequora ponti
placatumque nitet diffuso lumine caelum.
nam simul ac species patefactast verna diei 10
et reserata viget genitabilis aura favoni,
aeriae primum volucris te, diva, tuumque
significant initum perculsae corda tua vi.
inde ferae pecudes persultant pabula laeta 15
et rapidos tranant amnis: ita capta lepore 14
te sequitur cupide quo quamque inducere pergis. 16
denique per maria ac montis fluviosque rapacis
frondiferasque domos avium camposque virentis
omnibus incutiens blandum per pectora amorem
efficis ut cupide generatim saecla propagent. 20
quae quoniam rerum naturam sola gubernas
nec sine te quicquam dias in luminis oras
exoritur neque fit laetum neque amabile quicquam,
te sociam studeo scribendis versibus esse,
quos ego de rerum natura pangere conor 25
Memmiadae nostro, quem tu, dea, tempore in omni
omnibus ornatum voluisti excellere rebus.
quo magis aeternum da dictis, diva, leporem.
effice ut interea fera moenera militiai
per maria ac terras omnis sopita quiescant; 30
nam tu sola potes tranquilla pace iuvare
mortalis, quoniam belli fera moenera Mavors
armipotens regit, in gremium qui saepe tuum se
reiicit aeterno devictus vulnere amoris,
atque ita suspiciens tereti cervice reposta 35
pascit amore avidos inhians in te, dea, visus
eque tuo pendet resupini spiritus ore.
hunc tu, diva, tuo recubantem corpore sancto
circum fusa super, suavis ex ore loquellas
funde petens placidam Romanis, incluta, pacem; 40
nam neque nos agere hoc patriai tempore iniquo
possumus aequo animo nec Memmi clara propago
talibus in rebus communi desse saluti.
DUE
TRADUZIONI
Madre degli Eneadi, voluttà degli uomini e
degli dei,
alma Venere, che sotto gli astri vaganti del cielo
popoli il mare solcato da navi e la terra feconda
di frutti, poiché per tuo mezzo ogni specie vivente si forma,
e una volta sbocciata può vedere la luce del sole:
te, o dea, te fuggono i venti, te e il tuo primo apparire
le nubi del cielo, per te la terra industriosa
suscita i fiori soavi, per te ridono le distese del mare,
e il cielo placato risplende di luce diffusa.
Non appena si svela il volto primaverile dei giorni
E libero prende vigore il soffio del fecondo Zeffiro
Per primi gli uccelli dell’aria annunziano te, nostra dea,
e il tuo arrivo, turbati i cuori dalla tua forza vitale.
Poi anche le fiere e gli armenti balzano per i prati in rigoglio,
e guardano i rapidi fiumi: così prigioniero al tuo incanto
ognuno ti segue ansioso dovunque tu voglia condurlo.
E infine pei mari e sui monti e nei corsi impetuosi dei fiumi,
nelle frondose dimore degli uccelli, nelle verdi pianure,
a tutti infondendo in petto la dolcezza dell’amore,
fai sì che nel desiderio propaghino le generazioni secondo le stirpi.
Poiché tu solamente governi la natura delle cose,
e nulla senza di te può sorgere alle divine regioni della luce,
nulla senza te prodursi di lieto e di amabile, desidero di averti compagna nello scrivere i versi
che intendo comporre sulla natura di tutte le cose,
per la prole di Memmio diletta che sempre tu, o dea,
volesti eccellesse di tutti i pregi adornata.
Tanto più concedi, o dea, eterna grazia ai miei detti.
E fa che intanto le feroci opere della guerra
Per tutti i mari e le terre riposino sopite.
Infatti tu sola puoi gratificare i mortali con una tranquilla pace,
poiché le crudeli azioni guerresche governa Marte
possente in armi, che spesso rovescia il capo nel tuo grembo,
vinto dall’eterna ferita d’amore,
e così mirandoti con il tornito collo reclino, in te, o dea, sazia anelante d’amore gli avidi occhi,
alma Venere, che sotto gli astri vaganti del cielo
popoli il mare solcato da navi e la terra feconda
di frutti, poiché per tuo mezzo ogni specie vivente si forma,
e una volta sbocciata può vedere la luce del sole:
te, o dea, te fuggono i venti, te e il tuo primo apparire
le nubi del cielo, per te la terra industriosa
suscita i fiori soavi, per te ridono le distese del mare,
e il cielo placato risplende di luce diffusa.
Non appena si svela il volto primaverile dei giorni
E libero prende vigore il soffio del fecondo Zeffiro
Per primi gli uccelli dell’aria annunziano te, nostra dea,
e il tuo arrivo, turbati i cuori dalla tua forza vitale.
Poi anche le fiere e gli armenti balzano per i prati in rigoglio,
e guardano i rapidi fiumi: così prigioniero al tuo incanto
ognuno ti segue ansioso dovunque tu voglia condurlo.
E infine pei mari e sui monti e nei corsi impetuosi dei fiumi,
nelle frondose dimore degli uccelli, nelle verdi pianure,
a tutti infondendo in petto la dolcezza dell’amore,
fai sì che nel desiderio propaghino le generazioni secondo le stirpi.
Poiché tu solamente governi la natura delle cose,
e nulla senza di te può sorgere alle divine regioni della luce,
nulla senza te prodursi di lieto e di amabile, desidero di averti compagna nello scrivere i versi
che intendo comporre sulla natura di tutte le cose,
per la prole di Memmio diletta che sempre tu, o dea,
volesti eccellesse di tutti i pregi adornata.
Tanto più concedi, o dea, eterna grazia ai miei detti.
E fa che intanto le feroci opere della guerra
Per tutti i mari e le terre riposino sopite.
Infatti tu sola puoi gratificare i mortali con una tranquilla pace,
poiché le crudeli azioni guerresche governa Marte
possente in armi, che spesso rovescia il capo nel tuo grembo,
vinto dall’eterna ferita d’amore,
e così mirandoti con il tornito collo reclino, in te, o dea, sazia anelante d’amore gli avidi occhi,
e alla
tua bocca è sospeso il respiro del dio supino.
Quando egli, o divina, riposa sul tuo corpo santo,
riversandoti su di lui effondi dalle labbra soavi parole
e chiedi, o gloriosa, una placida pace per i Romani;
Quando egli, o divina, riposa sul tuo corpo santo,
riversandoti su di lui effondi dalle labbra soavi parole
e chiedi, o gloriosa, una placida pace per i Romani;
poiché io non posso compiere la mia opera in un’epoca
avversa alla patria, né l’illustre stirpe di
Memmio
può mancare in tale discrimine alla salvezza
comune.
(Luca Canali)
Venere alma, degli Eneadi madre, fonte di
piacere
per uomini e dei, che sotto le stelle in fuga
inondi di vita il mare solcato di navi e la
terra ricca di messi,
poiché grazie a te viene alla luce ogni creatura
al mondo,
è te che fuggono i venti, le nubi del cielo, te
e il tuo arrivo,
per te la terra industriosa fa sbocciare fiori
delicati,
per te il mare sorride e il cielo rifulge
sereno.
Così, non appena si manifesta la primavera,
e Zefiro spira libero la sua vivificante aura,
gli uccelli per primi avvertono del tuo arrivo,
o dea,
colpiti nel cuore dalla tua potenza.
Poi fiere e armenti vanno saltando lieti per i
pascoli
e superano a nuoto i fiumi rapinosi; così,
preda del desiderio
ti seguono bramosamente ovunque tu voglia
condurli.
Infine, per mari, monti, fiumi vorticosi, nelle
frondose
dimore degli uccelli, per i campi verdeggianti
infondendo in tutti i cuori un dolce sentimento
amoroso
fai sì che le specie si moltiplichino.
E dal momento che tu sola governi l’esistente,
e in tua assenza nulla vede la luce,
nulla accade di piacevole e degno d’amore,
ti chiedo di essermi accanto mentre mi sforzo
di comporre versi sulla natura dell’universo,
per il nostro discendente dei Memmi che tu, o
dea,
volesti in ogni tempo superiore in tutte le
virtù.
Conferisci, o dea, ancor più grazia alle mie parole.
Fai in modo che le crudeli opere belliche
cessino per mare e per terra.
Infatti a te sola spetta di donare la pace ai
mortali,
poiché controlla le guerre crudeli Marte
guerriero,
che spesso si abbandona nel tuo grembo, vinto
dall'eterna ferita d’amore,
e, così, a capo reclino mirandoti,
pasce d’amore gli avidi occhi anelando a te, o
dea,
e il respiro del dio supino è sospeso alle tue
labbra.
E tu, o dea, reclinandoti su di lui che riposa
sul tuo santo corpo,
spendi soavi parole per domandare, o gloriosa,
la pace per i Romani.
infatti né io posso scrivere tranquillamente in
tempi
avversi alla patria, né il discendente dei
Memmi può
venire meno alla salvezza comune. (cb)
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