Il VI canto è dedicato, come tutti i sesti canti della Commedia, ad argomento politico (in un crescendo: Firenze, Italia e Impero).
· Metafora: una piazza di mercato dove si gioca alla zara. Pressato dalla gente, pressato dalla sollecitudine, elenca velocemente un certo numero di toscani, per poi passare al primo argomento del canto. (1- 24)
· Il viator domanda a Virgilio se sia vero quello che scrive nella sua Eneide (VI canto, parole dette dalla Sibilla a Palinuro), che le preghiere non servono a niente, perché le decisioni del cielo sono immutabili. Virgilio risponde di aver voluto intendere che il cielo non ascolta le preghiere delle anime pagane, ma quelle dei buoni cristiani sì. Citata Beatrice (vv. 25.51)
· Comparsa di Sordello, definito per cominciare attraverso la sua origine geografica, come “anima lombarda (similitudine che lo appaia ad un leone appostato, orgoglioso e silente, che non risponde alla prima domanda di Virgilio relativa alla strada ma gli chiede da dove venga e chi sia).
· Mantova e l’abbraccio.
· Apostrofe all’Italia. (vv. 52-75)
· Tale apostrofe occupa il canto fino alla fine (vv. 76-151). Immagine antica, della nave rimasta senza nocchiero in balia della tempesta, cui si intreccia quella di un’Italia personificata in donna di bordello, a disposizione del primo venuto. Contrapposizione con la nobile Italia evocata dall’abbraccio fra Sordello e Virgilio. Enumerazione delle falle, degli errori e dei responsabili dei medesimi: manca un imperatore (v. 89), la gente di chiesa non capisce quanto sia importante avere un imperatore (vv. 91-92), Alberto d’Asburgo che dovrebbe occuparsi di questa parte dell’impero non se ne cura (v. 97). Così l’Italia è preda di lotte intestine, addirittura familiari (vv. 106-108), mentre persino Roma sta cadendo in rovina.
· Apostrofe a Dio (sommo Giove), al quale si chiede se non stia per caso guardando altrove mentre simili infamie accadono sulla Terra.
· Forse c’è un disegno provvidenziale ovviamente imperscrutabile dall’intelletto umano (vv. 118-123).
· Rovine d’Italia, con un'apostrofe diretta a Firenze e inizio di un discorso completamente antifrastico (vv. 127-151)
Nessun commento:
Posta un commento