Il trattato intitolato Del sublime (Περὶ ὕψους) è attribuito allo pseudo-Longino ignoto filologo dei primi decenni del I sec. d.C.
· Suo proponimento: insegnare «in qual modo e per quali vie si possono sollevare le anime nostre a quella certa altezza».
· Più che insegnare una maniera di scrivere, vuole mostrarne gli effetti.
· Pone in relazione letteratura e morale: per scrivere occorrono ricchezza di pensiero e pathos entusiastico, quindi anche procedimenti artificiali.
· La letteratura è concepita come una realtà interiore e come una capacità quasi congenita (RIFIUTO DEI MODELLI, SUPERAMENTO DELLA MIMESI)
· IMPORTANZA DELLA FANTASIA
· “Quel che è straordinario conduce chi ascolta non alla persuasione, ma a uno stato di estasi: comunque ciò che provoca meraviglia con quanto mira a sbigottire, l’ha sempre vinta sulla persuasione e su quanto vuol crearci piacere” (4)
· Il sublime riduce ogni cosa in briciole, come una folgore
· Anche la fantasia ha una parte fondamentale: è grazie a lei che il discorso si trasforma in visione
· Letteratura e pittura: la tavolozza del poeta sono le figure retoriche.
· Il sublime è anche arte del ricorso al silenzio: gli esempi di Longino sono tratti da Omero, a noi sono più utili quelli ricavati dalla poesia romantica [quando li troveremo, sapremo riconoscerli].
· Scrivere, e attingere al sublime, appartiene alla natura dell’uomo (e non è una tékne trasmissibile).
· La natura è la fonte primaria di ispirazione in grado di produrre l’estasi del sublime.
· Imitare l’ordine-disordine naturale.
· Rinunciare alle regole dell’armonia e della piacevolezza ordinata, mirando piuttosto all’eccesso, alla dismisura, all’inabissamento.
· Primo incontro con Leopardi, l’edonista infelice.
· Non il desiderare è un tormento, ma essere posti di fronte all’inappagamento.
· L’immaginazione è la responsabile di un’idea che, senza di lei, non sapremmo nemmeno sfiorare.
· Un provvisorio superamento del dolore si ottiene con il sublime. L’infinito ce lo dimostra.
Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo; ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s'annega il pensier mio:
E il naufragar m'è dolce in questo mare.
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