Opere che sono essenziali dalla prima all'ultima parola, per quanto lunghe siano. Opere che rappresentano vite e sono vite, dalle quali non è possibile togliere nulla, dato che ogni istante è concatenato con l'altro, esiste perché ce n'è stato uno prima e perché ce n'è dopo un altro. Non tetti costruiti prima delle fondamenta, né finestre dove preferiresti il muro e viceversa; non anfratti descritti nei minimi particolari e poi il vuoto dove vorresti capire finalmente qualcosa. Non il profluvio di parole per dire niente e il nulla quando occorrerebbe approfondire. Non il senso di ripetizione eterna di futilità o la scoperta miracolosa di quanto sapevano e dicevano meglio gli antichi. Opere che ti riconciliano con l'Essere Umano e te lo fanno amare. Opere che hanno valore.
Furore di John Steinbeck. Grappoli di furore, titolo originario, e l'immagine dell'uva coi suoi chicchi turgidi e succosi che potrebbero ben sopire, ma non certo estinguere, la sete di vita, di movimento e di continuità che gli esseri umani coltivano nel loro profondo (da quando iniziarono a onorare Dioniso, Bacco, Pan) e che non possono sopportare si inaridisca, quand'anche ad attentare a questa linfa vitale siano desideri forti ma non così naturali, desideri prodotti da cultura e non da natura, da artificio e non da istinto. Cos'è la sete di danaro a confronto con la sete che avvicina le bocche, i corpi, all'acqua, che quelle stesse bocche e corpi avvicina gli uni agli altri in una ricerca di piacere che potrebbe essere l'unica fonte di felicità genuina alla nostra portata?
Il romanzo è percorso da una linfa sensuale, che trova nella famiglia Joad al completo una splendida incarnazione. La sensualità ha diverse maniere di esprimersi, come s'addice a una forza primigenia, che si radica nella terra e riesce a passare agli esseri umani solo quando siano comunque in sintonia con lei. Comunque, significa a dispetto di tutti gli affronti che la natura fa all'uomo, quando lo ricopre di nuvole di polvere, rovina i raccolti preparati con dedizione e cura, scatena piogge torrenziali che inondano case, infligge siccità eterne. E gli esseri umani che vivono simpateticamente con lei, accettano tutto senza rassegnazione, lasciando che la forza primigenia si manifesti. Affondano i denti nelle carni crude degli animali, se devono riuscire a sopravvivere. Continuano a accendere fuochi, a stringersi fra loro nei bivacchi, ad accarezzarsi e a procreare se capita. Questa è la natura, questa è la sensualità, questo è l'essere umano. Poi c'è la civiltà, poi c'è la cultura. E queste violentano e offendono, stravolgono e impongono, rovinano e calpestano. Ma nel farlo, come forze ottuse che seguono solo percorsi visibili e stabiliti, ignorano i segnali di pericolo che provengono dall'istinto, dalle forze primordiali che attendono e prima o poi si scatenano: il furore, dopo aver a lungo serpeggiato, facendo guizzare muscoli e stretto pugni nell'ombra, a un certo punto prende la sua strada, alimenta le rivolte, guida gli sguardi verso i responsabili della morte, dei portatori di morti, di quelli che conoscono solo il linguaggio della morte. Proprietari di banche, di società, di grandi aziende produttive. E intorno a loro il cordone protettivo delle forze dell'ordine: sceriffi e vicesceriffi, poliziotti e collaboratori. Sono loro a interrompere il legame con la natura, a rendere innaturale persino la morte. Tanti corpi abbandonati in fosse comuni. Tanti esseri umani trattati come morti, su cui passare sopra con trattori per creare immensi latifondi di colture intensive.
Steinbeck racconta quello che accadde negli anni della Grande Depressione: dal Middlewest partirono carovane infinite di persone sfrattate dai loro terreni e allettate con la prospettiva di trovare lavoro in California: lì, una miserabile trappola ad attenderli. Lavoro stagionale sottopagato (grazie ai grandi numeri di richiedenti), campi di lavoro simili a campi di concentramento. Disprezzo e morte, riassunti nell'appellativo insultante okie: miserabili che cercano solo di campare, non umani ma scimmie, diversi. Diversi da noi, rubano il lavoro, il sussidi, tolgono l'aria e l'ammorbano. Che puzza che mandano, come sono sporchi e che sguardi famelici, da bestie. La storia, la Storia, la STORIA, che racconta sempre le stesse storie.
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