Insyriated di Van Leeuw è un film che andrebbe visto da tutti, in questo momento. Uscita dalla sala pensavo che avrei escuso i bambini sotto i 13 anni, ma ora metto a tacere la voce infingarda e dico che anche i bambini dovrebbero vederlo. Tanto nemmeno loro sono risparmiati dalla guerra e dalla connivenza turpe che la determina, ed è inutile pensare che circondandoli di stupidità, coniglietti rosa, uova che emettono graziosi pulcini (e gli allevamenti in serie con i piccoletti trasporati su nastri e triturati nei macchinari?) e bamboline con l'aria puttanesca li si preservi.
No, nessuno ha il diritto, in questo momento, di essere preservato. Non mentre accadono cose come quelle che il film racconta. Sarà o non sarà Damasco, quella città che si intravvede da una finestra di un condominio qualsiasi, cumuli di macerie, macchine abbandonate, polvere, tanta polvere, e vibrazioni continue, di bombe che cadono più o meno vicine, scoppi violenti che fanno soprassaltare, e poi paura, tanta paura. Paura che, come dice in un momento altissimo del film una ragazzina, quasi ancora una bambina, fa desiderare che le cose brutte capitino a qualcun altro, non a te...Ma non è forse questo lo spaventoso stato d'animo che viviamo noi, senza nemmeno avere il coraggio di dirlo e chiedere scusa, come fa lei, a una persona che ha sentito urlare dietro a una porta mentre la stavano stuprando, senza che nessuno degli altri nascosti muovesse un dito per intervenire? E il neonato che piange disperato, come sanno fare solo i neonati, mentre sua madre subisce questa violenza? Sì, lo diffonderei sul web attraverso google, a reti unificate, al posto di benedizioni e discorsi urbi et orbi, al posto di messaggi di pace e ovetti che danzano. Ma non per suscitare un momentaneo raccapriccio, per far sussultare stomaci e uteri, per far spargere una lacrimuccia per la quale né dio né il diavolo si muoverebbero mai dal loro scranno per modificare qualcosa delle nostre vite. Lo farei perché soprattutto le giovani generazioni smettessero di prestare ascolto a certe sirene incantatrici, quasi sempre attempate e rigurgitanti di sterile nostalgia. Quelle che a ogni piè sospinto ricordano com'era meglio nel passato, come i diritti non venivano calpestati, come le persone si rispettavano le une con le altre, come non si dicevano tante parolacce, come si era felici anche solo di scambiare un bacio sulla guancia di una ragazza. Non c'è niente di vero. L'impasto di merda e di sangue, metafora gloriosa, è stato preparato dai vostri, dai nostri nonni e padri, dalle vostre nonne e madri, dai vostri maestri e maestre. E a voi si chiede di ripetere la ricetta, invariata, senza guizzi di fantasia, su percorsi noti e costruiti. Nel guano ci siamo ora tutti, e non sarà la nostalgia a liberarcene, ma l'azione dal basso. Non ci chiuderemo in un appartamento sperando di non essere trovati, anche se c'è dell'eroismo nel tentare di mantenere la vita ordinata e pulita finché si può. I ragazzi del film, a un certo punto, si baciano dolcemente. A un certo punto escono di corsa, coi puntatori dei cecchini addosso, per recuperare un uomo che potrebbe essere un cadavere e invece è vivo. Ecco la nota di speranza, senza nostalgia. "Perché l'hai fatto". "Cosa?" "Di correre fuori.". "Così, non so."
"Così" non è una risposta, Corriamo fuori, invece, lo è.
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