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lunedì 13 agosto 2018

NESSUNO DOVREBBE MAI LAVORARE

Liberarsi del capitalismo liberandosi dalla tirannide del lavoro. Questo argomenta il saggio di Bob Black, L'abolizione del lavoro, (1985) leggibile in parte al seguente link: http://www.ecn.org/nautilus/PDF/bob%20black.pdf

Riporto comunque, come invito alla lettura, uno stralcio iniziale. Ben più che un'articolata boutade, un punto di vista molto interessante.

Nessuno dovrebbe mai lavorare. Il lavoro è la fonte di quasi tutte le miserie del mondo. Quasi tutti i mali che si possono enumerare traggono origine dal lavoro o dal fatto che si vive in un mondo finalizzato al lavoro. Per eliminare questa tortura, dobbiamo abolire il lavoro. Questo non significa che si debba porre fine ad ogni attività produttiva. Ciò vuol dire invece creare un nuovo stile di vita fondato sul gioco; in altre parole, compiere una rivoluzione ludica. Nel termine "gioco" includo anche i concetti di festa, creatività, socialità, convivialità, e forse anche arte. Per quanto i giochi a carattere infantile siano già di per sé apprezzabili, i giochi possibili sono molti di più. Propongo un'avventura collettiva nella felicità generalizzata, in un'esuberanza libera ed interdipendente. Il gioco non è un'attività passiva. Indubbiamente noi tutti necessitiamo di dedicare tempo alla pigrizia e all'inattività assolute molto più di quanto facciamo ora, e ciò senza doversi preoccupare del reddito e dell'occupazione; ma è anche vero che, una volta superato lo stato di prostrazione determinato dal lavoro, pressoché ognuno desidererebbe svolgere una vita attiva. L'oblomovismo e lo stakanovismo sono due facce di una stessa moneta falsa. La vita ludica è totalmente incompatibile con la realtà attuale. E allora tanto peggio per la "realtà", questo buco nero che succhia la residua vitalità da quel poco che ancora distingue la nostra vita nella semplice sopravvivenza. E' strano — o forse non tanto — che tutte le vecchie ideologie appaiano conservatrici, e ciò proprio in quanto tutte danno credito al lavoro. Per alcune di esse, come il marxismo, e la maggior parte delle varianti dell'anarchismo, la loro fede nel lavoro appare tanto più salda in quanto non vi è molto d'altro cui esse prestino fede. I progressisti dicono che dovremmo abolire le discriminazioni sul lavoro. Io dico che dovremmo abolire il lavoro. I conservatori appoggiano le leggi sul diritto al lavoro. Allo stesso modo dell'ostinato genero di Karl Marx, Paul Lafargue, io sostengo il diritto alla pigrizia. La sinistra è a favore della piena occupazione. Come i surrealisti — a parte il fatto che sto parlando seriamente - io sono a favore della piena disoccupazione. I trotskisti diffondono l'idea di una rivoluzione permanente. Io quella di una baldoria permanente. Ma se tutti gli ideologi, così come accade, sono a favore del lavoro — e non solo perché hanno in mente di far fare ad altri la parte di esso che loro compete — tuttavia sono stranamente riluttanti ad ammetterlo. Continuano a disquisire all'infinito su salari, orari, condizioni di lavoro, sfruttamento, produttività e profitto. Parleranno volentieri di qualunque argomento tranne che del lavoro stesso. 

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