CARPE DIEM
Tu ne quaesieris (scire nefas) quem mihi,
quem tibi Non chiedere, non è
lecito sapere, quale fine
finem di dederint, Leuconoe, nec Babylonios
gli dei abbiano
stabilito per me o per te, o
temptaris numeros. Ut melius
quicquid erit pati! Leuconoe,
e non tentare le cabale Babilonesi. Quant’è meglio subire quel
che
sarà!
Seu pluris hiemes seu tribuit
Iuppiter ultimam, Sia che
Giove abbia in serbo più inverni,
o che sia questo,
quae nunc oppositis debilitat pumicibus mare che ora affatica il Tirreno sugli scogli,
Tyrrhenum, sapias, vina liques et spatio brevi l’ultimo, sii saggia, mesci il vino e
spem longam reseces. Dum loquimur, fugerit invida tronca la speranza, perché il tempo è
poco.
Mentre discorriamo, è già
aetas : carpe diem, quam minimum credula postero. trascorsa l’avida ora : cogli
l’istante,
e
non fidarti del domani.
1)
LETTERALE e ANALISI
INTEGRATA
Tu non [ne: avverbio negativo utilizzato in proposizione indipendente con il cong. presente o con il perfetto, come in questo caso, a determinare il costrutto del “comando
negativo”] chiedere [quaero, is,
quaesivi, quaesitum, quaerere] (non [è] lecito [nefas: sostantivo neutro invariabile, opposto a fas, attiene originariamente
alla categoria del pensiero religioso, del sacro, poi passa all’ambito
giuridico, al ius] sapere [nefas, sottinteso
est, scire: proposizione indìcidentale]), quale [quem: aggettivo interrogativo, maschile singolare, concordato con
finem, attributo del complemento oggetto in analisi logica] fine a me quale
a te gli dei [deus, dei, deo…; dii, dei,
di; deorum, deum, deis, diis, dis, deos,…] abbiano dato [dederint: interrogativa indiretta con congiuntivo
perfetto, III p.p., attivo, per consecutio temporum, anteriorità rispetto al
tempo principale quale è considerato quaesieris, pur essendo un perfetto, in
quanto equivalente nel comando negativo
a un presente], o Leuconoe [nome
parlante, dalla mente bianca, pura, ingenua] e non [nec, stesso valore del ne precedente] tentare [temptaris per temptaveris, forma sincopata, altro perfetto congiuntivo
in comando negativo] i numeri Babilonesi [sono i calcoli degli astrologi Babilonesi, che godevano di largo
credito a Roma]. Com’(è) [ut:
esclamativo] meglio [comparativo
neutro di bonus: melior, melius e, superlativo, optimus], qualunque cosa [quidquid: pronome raddoppiato neutro, al
maschile/femminile quisquis] sarà, sopportarla [pati: patior, pateris, passus sum, pati], sia che più [pluris: plures, aggettivo accusativo
plurale femminile, comparativo di multus, concordato con hiemes, quindi
attributo del complemento oggetto] inverni [hiems, hiemis, sostantivo femminile] Giove abbia stabilito sia che (sia) l’ultimo
quello che [quae: pronome relativo
femminile singolare nominativo, riprende hiems ed è soggetto di debilitat] ora
su contrapposti scogli [pumicibus:
pumex, pumicis: pomice, roccia, sasso]stanca il mare Tirreno: sii saggia [sapias: congiuntivo presente, forma di
congiuntivo indipendente, detto esortativo, come pure liques e reseces], mesci i vini e nello spazio
breve [spatio brevi: complemento di
tempo determinato e attributo, in ablativo]tronca una lunga speranza [spem: spes spei: V declinazione].
Mentre [dum: congiunzione acronica, regge sempre il presente] loquimur [loquor, loqueris, locutus sum, loqui],
sarà fuggita [fugerit: futuro anteriore]
il tempo invidioso: cogli [carpo, carpis,
carpsi, carptum, carpere]il momento, il meno possibile [quam minimum: dall’unione dell’avverbio
quam con il superlativo di parvus minimus al neutro: diventa locuzione
avverbiale, quanto meno possibile] fiduciosa [credula: da riferire a Leuconoe, interlocutrice alla quale
il poeta rivolge l’ammonimento di carpere diem] nel futuro [postero: da posterus, aggettivo della I
classe qui sostantivato, quindi neutro, in caso dativo di termine, dato che l’aggettivo
credulus mantiene il costrutto del verbo credo, che regge il dativo]
ALTRE TRE TRADUZIONI (da
attribuire: io, Pascoli, Carducci)
Non cercare così – che non si può
– quale a me, quale a te
sorte, o Candida, sia data da
Dio; lascia di leggere
quelle cifre Caldee. Prenditi su
quel che vien viene, e via!
O che abbiamo più verni anche, oppur
sia l’ultimo questo, che
ora il mare Tirreno urta ed
infrange alle scogliere, tu
spoglia il vino nel filtro e, s’è
così breve la nostra via,
lunga non la voler tu la
speranza. Ecco, parliamo e un po’
questa vita fuggì. L’oggi lo sai:
non il domani, oh, no.
Leuconoe, non cercare, ché non
lice saperlo, qual
termine a me, quale a te abbian
segnato gli dei, e non
tantare i calcoli babilonesi.
Quanto meglio portare in pace
che che sia per avvenire! O n’abbia
concesso Giove
più inverni, o sia l’ultimo
questo che adesso stanca
contro le opposte scogliere il
mar Tirreno, sii savia,
filtra i tuoi vini, e taglia via
dal breve spazio della vita la lunga
speranza. Mentre parliamo, il
tempo invidioso sarà fuggito.
Cogli l’oggi, il men possibile
fidando al dimani.
Non domandare, Leuconoe, è un’empietà
volerlo sapere,
la sorte assegnata a me o a te
dagli dei, e non interpellare
le stelle. Quant’è meglio disporsi
a accettare qualsivoglia futuro,
sia che Giove abbia disposti
tanti inverni da vivere, sia che risulti ultimo questo
che affanna il mar Tirreno su
opposte sponde: sii saggia, mesci i vini e
recidi una speranza lunga per una vita breve. Parliamo, e il tempo invidioso sarà in fuga:
cogli l’istante, non confidare
nel domani.
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