Post in evidenza

TRADUZIONI DI LATINO: FEDRO, POSTILLA SULLA CONTRASTIVA, TACITO, SENECA, AGOSTINO (in fieri)

FEDRO Lupus et Agnus Ad rivum 1  eundem 2  lupus et agnus venerant 3 , siti compulsi 4 . Superior 5  stabat 6  lupus, longeque 7  infe...

martedì 3 novembre 2015

IL PROFESSOR PADALOCCHI - racconto di EDMONDO DE AMICIS



Appena arrivato a Torino, il signor Ernesto Parlettiimpiegato regiotrentanovenne e scapoloandò a far visita al cavaliere professor Padalocchi, suo vicino di casa d'altri tempi, ch'egli non aveva più visto da sette anni. Non vi sarebbe andato, forse, se avesse saputo che nel giro di quel settennio, per effetto di una lenta malattia di fegato, il professore s'era venuto inferocendo a segno nella sua antica passione di linguaio, da costringere anche i suoi ultimi e più pazienti amici a voltargli le spalle. In fatti, di raccoglitore amoroso di fiori e di gemme della lingua, di purista severo e un po' litigioso, ma, per la bontà dell'indole,sopportabile, e qualche volta ameno, quale il Parletti l'aveva conosciuto, egli s'era ridotto a poco a poco un semplice chiappino di vocaboli e di modi errati, uno spazzaturaio di francesismi, un pedante accattabrighe senza discrezione e senza riguardi, col quale non c'era più verso di ragionare; e già si diceva che battesse la strada del manicomio. Ma l'impiegatocredendo di ritrovarlo come l'aveva lasciato, gli si presentò con la cordialità e col rispetto antico.
Lo trovò affondato nella sua vecchia poltronaingiallito e risecchito; ma con gli occhietti ancora luccicanti, e con una voce piena e viva, ch'era segno di buono stomaco e di vigor di nervi. Egli si mostrò lieto della visita, fece sedere il visitatore davanti al suo tavolino, ch'era coperto, come sempre, di vocabolari, di grammatiche e di lessici logori e postillati, e rinsaccandosi nella veste da camera, gli domandò benevolmente: — O come sta il nostro caro signor Parletti? come sta? come sta?
— Quanto a salute, — rispose, — non troppo bene, da qualche mese
Il professore l'interruppesorridendo. — Mi dispiace davvero, — disse; — ma... mi scusiDicendo non troppo bene ella non dice punto di star maledice di non star bene eccessivamente.
L'impiegato risericordandosi della consuetudine che aveva il professore di fargli ogni tanto un sermoncino filologico. Ed esclamò bonariamente: — Ah! Il signor professore è sempre quello, sempre con la proprietà della lingua. E ha ragione. Dunque, sto poco bene.... Ma è cosa di nulla. L'aria di Torino mi  presto. Del rimanente... non mi lagno. Lei forse lo saprà: son stato tre anni a Foggia, due anni a Parma; poi fui promosso segretario e traslocato....
— Trasferito — disse il professore.
— Trasferito a Firenzedove passai tre anni veramente fortunati. Lei sa che ho pochi bisogni. A Firenze la vita è facile. Con trecento lire al mese..,.
— Il mese.
L'impiegato lo guardòincerto s'egli facesse sul serio o per chiasso. Poi riprese: — Avevo trecento lire il mese, delle attribuzioni più confacenti ai miei mezzi, dei buoni superiori. Insomma, ero nel mio centro, salvo il desiderio di tornar qui, che ebbi sempre. Aggiunga che, per una felice combinazionetrovai  sotto-segretario il Degiorgi, che lei ha conosciuto in casa mia, un giovane distinto e simpatico, in cui avevo una fiducia illimitata, e che in una certa circostanza critica mi diede una di quelle prove d'amicizia, che si ricordano per tutta la vitaBasta. Mi hanno rimandato a Torino, e ora sono completamente soddisfatto. E lei, signor cavaliere?
Il cavaliere tacque qualche momento. Poi disse con accento affabile: — Mi gode l'animo della sua buona fortuna, glie l'assicuro. Ma.... poiché  ho affetto per lei e la stimoconsenta ch'io le faccia un'osservazione, che per me è un dovere d'amicizia. Io vorrei, mi perdoni, ch'ella parlasse con maggior proprietà e con un po' più di correttezza la propria lingua, da quell'uomo colto e da quel buon italiano ch'ella è; cosa che non le costerebbe se non un leggerissimo sforzo. Non si rammenta i miei consigli di sette  anni addietro? Io mi ricordo, per grazia d'esempio, d'averle notato un giorno che mezzisenz'altro, nel significato di facoltà intellettuali, non è voce propria. Poi: essere nel suo centro non è buon modo italiano;combinazione per caso non regge. E anche distintonel senso di egregioragguardevole, sarebbe da riprendereLascio correre il simpaticodel quale oggi si abusa. Ma "fiducia illimitata" per piena intera,circostanza critica per congiuntura difficile son francesismi. E perché dice ella "completamente soddisfatto" che è modo affettato e senza garbo, invece di compiutamente perfettamenteeh?
L'impiegato rise da capo, ma un po' di mala vogliaperché, in fondo, senza pretenderla a linguista, s'era sempre creduto, se non altro, un buon orecchiante, e anni prima aveva scritto in un giornale di Parma certe rassegne cittadinedelle quali era stato detto che avevano "buon sapore d'italianità". Rispose non di meno con buona maniera: — Lei ha mille ragionicavaliere. Ma veda, io, nella mia qualità d'impiegato contabile....
— Computista, — osservò il professore.
— Come lei vuole, — disse il Parletti; — nella mia qualità d'impiegato computista, non ho né l'obbligo né la pretesa di parlare come un accademico della Crusca: una volta che mi son fatto intendere, ho raggiunto il mio scopo.
— No, mi scusi, — ribatté  con vivacità il professore, — non bastaBasta per il volgo rozzo o per i faccendieri sciamannati, che nulla hanno a cuorefuor dal danaro; ma non basta per un buon cittadino e un bravo ufficiale dello Stato com'ella è. Intanto, notipretesa è un brutto smozzicone della parola pretensione. Una volta che mi faccio intendere, è francese serio serioRaggiunger lo scopo non è modo usato dai buoni parlanti. Lo scopo s'ottiene, si consegue, non si raggiungeDica liberamente, se ha esempi o ragioni da oppormidiscuteremo.
— Non ho nulla da opporre, — rispose il Parletti, un po' piccato. — Non ho che a pregarla di compatire la pochezza della mia coltura.
— L'insufficienzavuol dire. Ma non è il casoAppunto perché  la tengo in conto di persona colta io le faccio queste osservazioni, delle quali ella più che altri mai è in grado di trarre giovamento; e gliele faccio da amico.
— E io non lo prendo in cattivo senso.
— In cattiva partedica. Non ne dubitoperché la conosco. Ella pure conosce me. Io non posso né vincere né  nasconder l'animo mio. Per me, veda, la lingua è tutto. Dove non è lingua, non è nazionedove la lingua è corrotta, son corrotti i pensieri e i costumi, e la civiltà stessa è bacata, se ancora si può dire che essa sia. Ora, in tal condizione è l'Italia. Il perché  io credo che il combattere in difesa della purità della nostra favella sia il primo dover civile d'ogni onest'uomo, e stimo che l'adoperarsi a ricacciare di  dall'Alpi una parola barbara sia opera altrettanto meritoria, più meritoria che il respingere con l'archibugio alla mano un soldato invasore. E avrebbe a essere una guerra di tutti, veda, una guerra senza tregua, a parole e per iscritto, per via di precetto e d'esempio, contro nemici ed amici, e fin coi più stretti congiunti, a costo anche delle più care amicizie, e della pace domestica, e della salute. Questa è la mia fede, e mi farei squartare per essa. Per me, mi scusi, chi contamina la lingua è un traditore della patria.
— Ne convengo, — rispose l'impiegato con un sorriso ironico.
— È il francese j'en conviensbadi bene.
— Eh! andiamo! — esclamò il Parlettialzandosi impazientito. Ma si contenne, e si rimise a seder subito, con l'idea di dare pacatamente al cavaliere una brava lezione, in lingua inappuntabilechiamando a raccolta tutte le sue frasi più castigate.
— Signor professore, — disse, — abbia la bontà di ascoltarmi cinque minuti.
E poi che vide il Padalocchi in atto di prestargli attenzionecominciò: — Io non ho bisogno di direche mi vanto d'essere italiano, e che nutro il massimo rispetto per la lingua nazionale: chiunque, che abbia cuor di patriotta, lo nutre. Le dirò anzi che un tempo sono stato anch'io appassionato per lo studio della lingua, quanto era compatibile con l'impiego che coprivo, il quale non mi consentiva d'approfondire alcuna materia estranea all'amministrazione. Le dirò di più che, durante la mia residenza a Firenze, avendo fatto relazione col cavaliere Fanfani, che in fatto di lingua è una sommità, e avendo l'onore di avvicinarlo soventi, lo consultavo, e lo stavo a sentire con grande interessamento, e posso dire ch'egli ha contribuito moltissimo a darmi quella modesta istruzione letteraria che mi lusingo d'avere: tanto è che non scrivo come un barbaro, e che quel poco di prosa dei miei resoconti d'ufficio mi valse diverse volte le felicitazioni del mio direttore capo; il quale, tra parentesi, senz'essere un letterato di mestierescrive alla perfezione.
Qui riprese fiatorallegrandosi del silenzio del professore, come di segno ch'ei non trovasse nulla a  ridire. Poi continuò:
— Come vedetengo la lingua italiana nel debito conto. Ma non posso lasciar di dire che il farne l'assunto il più importante della vita, come fanno certuni, e il sollevar questioni di parole a ogni passo, mi pare che sia un andare all'eccesso, e quasi a dire una mania, una tirannia, che paralizza il pensiero, e che, oltre al mortificare e al mettere nell'imbarazzo la gentefinisce per ispirare odio per la lingua, invece che amore, e, mi perdoniconverte la conversazione in un incubo detestabile, in una schiavitùpassi la parola,rivoltanteScusi la mia franchezzacavaliere. Ella è d'ingegno e d'animo troppo elevato per aversi a male che le si parli francamente.
E qui tacquemaravigliato della eloquenza e della eleganza della sua tirata, e prese un atteggiamento di vincitore.
Il professore che era stato a sentire col capo bassomenando la matita alla lesta sopra un taccuino stretto fra le ginocchiaudite le ultime parole si morse lo labbra, e parve sul punto di metter fuori una grossa impertinenza. Ma, la tenne dentro, e disse invece con pacatezza forzatalanciando al Parletti uno sguardo feroce al di sopra degli occhiali: — Sa ella, signor mio, tra gallicismineologismiimproprietà,locuzioni errate, quanti spropositigrandi e piccoli, ha snocciolati in quattro minuti?
— Come! — esclamò l'impiegato.
— Quarantasette! — disse il professore.
Il Parletti saltò su per pigliar l'uscio; ma una curiosità stizzosa lo rattenne.
— Signorsì, — riprese il Padalocchimostrando il taccuino, — e son qui a provarglieloApra bene i buchi degli orecchi. Come ha incominciatoNon ho bisogno di dire è un pessimo traslato francese: si dice;non occorre ch'io dicaElla ha detto che nutre rispetto per la lingua nazionalenutrire un sentimento è una improprietà matricolata. Ha detto chiunque scambio d'ognuno, che è errore. Ha detto per buon cittadino patriottache non è voce di buona lega. Poi: l'impiego che coprivo è una frasaccia da pigliar con le molle, e non si approfondisce uno studio come si approfondisce una bucaAndiamo innanzi. I modi aver l'onore, aver la bontà di fare una cosa senton di francioso di qui a Piazza Castello. Nella frase è una sommità in fatto di lingua v'hanno due peccheuna sommitàche, riferito ad uomo, è un astratto ridicolo, e il modo tra fatto di,che tutti i purgati scrittori riprovano. Avanti. Ha detto residenza in vece di dimorarelazione in luogo di conoscenzasoventi in iscambio di soventeche è un solecismo deplorabile. Ha detto interessamento che è una parolaccia mostruosadiversi per alquantiche è un granciporroresocontoche non è altro che uno sguaiato gallicismo capovolto. E non siamo che a mezzo camminobadi beneAppassionato allo studio è una delle solite metaforacce transalpine, che fanno stomacoContribuire all'istruzioneinvece di giovare,  cooperare, è una locuzione anche peggioreCompatibilenel senso in cui l'ha usato lei, è orribile. Poi ha buttato giù un fascio di sgangherati francesismi dicendo avvicinare una personalusingarsiandavo  all'eccessoparalizzare il pensiero, il massimo rispettodirettore capo (en chef), scrivere alla perfezione.... Che altro c'è? Sollevare quistioniÈ una frase bollata da tutti i linguistiNon lascerò di direper ometteròè un modo sgarbato. È una leziosaggine il quasi a direÈ una stranezza mortificare per confondereÈ una sgrammaticatura "l'assunto il più importante". È una sgrammaticatura anche più sformata il finire per invece di finire con. E non basta. È un'improprietà marchiana l'accoppiare il sostantivo odio e il verbo ispirareche s'ha a dir soltanto dei sentimenti degni. Ed è un modo falsissimo il dire mi valsero delle lodi in luogo di mi fruttaronoEd è un odioso costrutto francese "lei è d'animo troppo elevato per" invece di "troppo elevato da". E infine elevato per nobilemanìa per smaniafelicitazioni per congratulazionidetestabile per 
abbominevolee quel rivoltante appiccicato a schiavitùe' son tutta robaccia d'oltremonte da buttare tra la spazzatura turandosi il naso con la pezzuola. E tralascio il resto. Ahi! serva Italia! E tenga a mente che si pronuncia ìncubonon incùbo,
Ma alla vista del sorriso di trionfo con cui il professore gli domandò: — Ebbene, che ha da dire? — fu ripreso dal dispetto, e, mandata giù la saliva amararispose seccamente: — Anzi tutto, mi permetto di farle osservare....
— Tre errori — interruppe il Padalocchi; — si dice prima di tutto, mi faccio lecito di osservarlenon di farle osservare.
A questo punto, finalmente, il Parletti perdette gli ultimi resti della pazienza.
— Eh! mi faccia il santo favore di finirla! — gridòpigliando il cappello. — Io non sono soverchiamente suscettibile; ma il troppo stroppia, alla fin delle fini. E le diròsignor cavaliere, che i pedanti hanno fatto il loro tempo, e che la sua mi pare una pedanteria sconveniente, se lei parla sul serio, e uno scherzo di cattivissimo genere, se fa per celia.
Il professore si levò in piedi, e rispose lentamente, in tuono di disprezzo:
— Pedanti furon sempre chiamati dai barattieri della lingua i custodi della sua purità e i vendicatori  del suo onor vilipeso. Mi glorio d'essere un pedantesignor Parletti. Del resto.... suscettibile per permaloso e " i pedanti hanno fatto il loro tempo" sono due dei più sconci e fetenti francesismi che appestino le bocche italiane.
— Se li tenga dunque, — rispose il Parletti andando verso l'uscio — che saranno al loro posto nellacollezione di un pedante marcio!
— Signor Parletti! —gridò il Padalocchi infiammandosi. — Ella dimentica con chi parla!
— L'ha dimenticato lei prima di me, — rispose l'altro. — Ha dimenticato che chi veniva a farle visita non era uno scolaretto di grammatica, ma un funzionario dello Stato!
— Un'altra pestilenziale parola! — urlò il professore. — Ebbene, no, non l'ho dimenticato. E le dirò che è l'odio che ho contro la sua classe quello che m'ha fatto uscire dei termini, se pur ne sono uscito;onesto odio, onde m'onoro, e che durerà in me fino alla mortePoiché siete voi con le vostre scempiatevoci e petulanti sgrammaticature segretariesche, voi, dicasterica peste, con le vostre evasionicontroemarginazioniregolarizzazioni, e infiniti scerpelloni d'acciabattoni, voi e la vostra cognata iniqua progenie dei curiali e dei gazzettieri, quelli che trascinate all'ultimo esterminio la lingua, e l'Italia con essa!
— Basta così! — rispose il Parlotti — Ora lei non offende soltanto l'ospite; lei intacca l'onore  dell'impiegato!
— Intacca l'onore! — esclamò il Padalocchi, con un sorriso di sarcasmo.
— La prevengo che non tollero una parola di più!
— La prevengo!
— Esigo una soddisfazione!
— Esigere una soddisfazione!
— Ah! questo è troppo! — gridò allora l'impiegalo. — Mi son frenato finora in omaggio alla sua età....
— In omaggio!
— Saccentone insolente! Ci voglion dunque le vie di fatto....
— Voies de fait— gridò il cavalieremettendosi in parata. — In casa mia?...
E mentre il Parlottifuribondoafferrato un giunco da battere i pannicercava d'avvicinarseli per darglielo sul muso, quegli, di dietro al tavolinoprese a tirargli addosso quanto si trovava a mano,accompagnando i proiettili con parole d'ingiuria e con affannose chiamate alla serva,
— To', infrancesato mariuoloAdelaidePiglia su, camarlingo dei barbarismiAdelaide! A te, vile profanatore dell'idioma gentil.... — e gli tirò lo strofinaccio, — sonante..., — e gli lanciò il campanello, — epuro...! — e gli scaraventò il calamaio. — Adelaide!
Ma nel far l'ultimo tiro o nel punto che l'altro stava per rifilargli un colpo di giuncotrattandolo di "linguaiuolo screanzato" il professore mise un piede in falso e stramazzò sull'impiantitobattendo forte della guancia, sopra la gamba d'uno sgabello rovesciato.
La serva sopraggiunse gridando, il Parletti buttò via il giunco ed accorse; fra tutti o due lo rialzarono e l'adagiarono sulla poltrona: aveva la guancia enfiata, null'altro. Gli fecero allungar le gambe sopra una seggiola, e appoggiare il capo sulla spalliera. La serva che, al primo accorrere, aveva gridato: — Ai ladri! — si rassicuròvedendo la premura inquieta con cui l'impiegato interrogava il suo padrone.
— Signor cavaliere! — disse il Parletti con aria contrita. — Perdoni se, in un accesso di collera, ho mancato: sono spiacente dell'accaduto: mi valga di scusa il dolore che ne provo.
All'udir le parole accesso di collerail professore, che aveva ancora gli occhi chiusi, si scosse; allafrase spiacente dell'accaduto aperse gli occhi; al dolore che provo lanciò al Parietti un' occhiata severa.
Poi accennò che non serbava rancore.
— Me lo dimostri — disse l'impiegato — dandomi una stretta di mano.
— No! — sospirò il Padalocchi. — Stretta di mano non è un bel modo. Lo riprende perfino il Fanfani, che gabella tutto.... Ma, via, nel parlar familiare.... glielo passo.
porse la mano.
Il Paletti se n'andò timidamente, o quando fu sull'usciovoltatosi indietrodisse ancora: — Lorinnovo le mie scuse. — Ed uscì.
— Ancora questa! — mormorò il professoreansando e distendendosi sulle gambe una coperta che gli porgeva la serva. — Le rinnovo le mie scuse! È la frecciata del Parto.
— Ah! signor cavaliere, lei è troppo buono! — esclamò la donnapremendogli sulla guancia unpannolino immollato. — Lei dovrebbe sporger querela contro quel mascalzone!
— No, — rispose con voce stanca il Padalocchiaccomodandosi per dormire. — È bello combattere e cadere per la lingua, come per la patria.
Poi mormorò: — In ogni caso, non sporgerei querela, la movereiVaostrogota.
E quando fu solo: — Ostrogoti tutti! —esclamò. — La barbarie ci affoga. È finita.
soggiunse con un fil di voceaddormentandosi:
— Non c'è più lingua italiana.

Nessun commento:

Posta un commento