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mercoledì 3 gennaio 2018

DISCORSO D'INIZIO ANNO

CRONACHE DAL REGIO LICEO

DISCORSO D'INIZIO ANNO
DEL DIRIGENTE SCOLASTICO

MUSICA




Il chiasso tipico del ritrovo dopo le vacanze, brevi o lunghe che siano. Abbracci e frasi di circostanza, qualche commento stupito al collegio straordinario deciso e comunicato con una sola settimana di preavviso. Cose inaudite, questo preside non ne fa una giusta. Il brusio tace di colpo quando nell'aria si diffondono le note della Cantata di Bach Ein Feste Burg ist unser Gott. Anche i più refrattari alla musica, anche quelli (i più) che non sono in grado di distinguere fra Bach, Mozart e Beethoven, perdono per qualche istante l'espressione da Homer Simpson e sembrano  persone abituate a pensare o a quanto di più simile al pensiero si possa immaginare. Sguardi vivi e attenti. Poi, inaspettatamente, complice il silenzio creatosi, la voce del preside si leva senza ronzare come al solito, ma profonda e risonante, piena e interessante. Poche parole che non si potranno mai udire. A meno che il Varco esista davvero. 

Vi leggo quello che vorrei domani dire a tutti gli allievi della scuola. Mi piacerebbe poter parlare a nome vostro, ma dovevo prima interpellarvi in merito. Il mio discorso d'inizio anno, ma forse farei meglio a dire d'inizio d'una nuova vita. 
Stiamo sbagliando tutto. L'indirizzo che ha preso la scuola, che abbiamo preso noi, è completamente sbagliato. Occorre avere il coraggio di cambiare, di ammettere colpe e responsabilità. Occorre avere coraggio. 
E così, ragazzi, mi rivolgo a voi, chiedendovi di partecipare a questa mia proposta di rivoluzione. Una rivoluzione che, come tutte quelle che si rispettino, deve passare per l'interiorità. Chiede tanto, forse troppo, ma soprattutto chiede qualcosa che non risuona tanto facilmente in tutte le nostre vite oggi. 
Vorrei che tutti noi iniziassimo a praticare la profondità, quella che impone di essere integralmente presenti nel qui e ora; vorrei che noi adulti sapessimo insegnarvi ad ascoltare la voce del desiderio di apprendere, ad amare il complicato e esaltante processo al quale tutti partecipiamo: la vostra crescita, la scoperta dei meccanismi che collegano le cose tra loro e noi al mondo e tutti noi gli uni con gli altri. Vorrei che noi adulti fossimo i primi a  stornare l’attenzione dai risultati, dai voti, dalle certificazioni,  che non possono essere l’esclusivo motivo della vostra  applicazione, ma uno dei tanti e di sicuro non  il più importante.  Insegnanti  che prendano  le vostre  misure e niente altro potrebbero essere  computer. Meglio non vedere il mondo attraverso i loro occhi.
Vorrei che tutti noi ricordassimo come le grandi opere, le grandi scoperte siano sempre frutto di un incrocio fra  culture: è l’orizzonte che deve essere unitario. Analogamente smettiamo di ascoltare le sirene incantatrici che innalzano i loro richiami al  dominio quasi esclusivo della contemporaneità: se ci lasciamo schiacciare sul piano del presente, in una sorta di Flatlandia dello spirito, oltre a perdere ogni prospettiva critica sul medesimo, rischiamo di non riuscire nemmeno a metterlo a fuoco con precisione. La cultura umanistica può aiutare, a partire dalle urgenze poste dall’attualità, a riannodare il filo fra passato e futuro.
Vorrei che tutti noi ritrovassimo l’atavico istinto che potrebbe portarci a uscire dall’addomesticamento e a recuperare uno spirito che è esistito e alcuni hanno ancora in se stessi: un istinto rivoluzionario, nonché trasgressivo. Alludo alla trasgressione che è insita nella poesia, nella letteratura, quella che sposta lo sguardo, fa assumere continuamente nuove prospettive, riesce a creare nuove forme, porta fuori dai propri angusti confini, fa sperimentare la libertà, accende gli sguardi, riempie i cuori, non addormenta gli spiriti, rende le aule luoghi aperti al mondo, nel passato, nel presente e nel futuro.
Auguro a tutti noi di trascorrere un anno all'insegna della trasgressione vera. Quella che è frutto dell'esercizio del pensiero critico, della volontà di non concedersi tregua nella ricerca di confini da superare, di ostacoli da abbattere. Non in nome del successo o di una più o meno effimera notorietà, ma di una gioia di vivere e di essere che dovremmo imparare (tutti noi, insieme) a esprimere e diffondere in ogni luogo in cui ci troviamo. 

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