Sempre pensato che, oltre al cinismo, non potesse esserci che la disperazione. Eppure il cinismo, in questo momento, è una salvezza. Grazie a lui riesco, faticosamente, è vero, a dare una proporzione sensata a un dolore che potrebbe travolgere (a che pensi? a una lama che affonda nella gola? a un coltello che incide le vene? a te che affondi nella sabbia come se stessi trasformandoti in polvere e ombra?).
Cosa vuoi sapere, che non conosci già? Cosa pretendi che non abbia già ottenuto? Quali strade nuove ti interessa percorrere, a te che hai già vissuto quanto basta (quanto basta...quanto...basta...) e che dovresti piuttosto pensare alla tua scomparsa definitiva in un campo di grano, in un mare, in un oceano, in un fiume, in un'occhiata, in un gorgo, in un famelico azzannare, in un ansito infinito, in una lacrima d'oro...
Mio caro, mia cara, non riesco più nemmeno a immaginare di prendere la penna e scrivere una lettera che sia rivolta a te (chi sei...dove stai andando...chi, che cosa sei stato per me...), non riesco nemmeno a immaginare di incaricare un piccione viaggiatore di portare il mio messaggio, sillabe mute singhiozzate, incomprensibili segni vergati in un cielo che più vuoto di così non si può.
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